Un bilancio ad un anno dalle elezioni europee

EuropaPoliticaSenza categoria

Di

Sono passati dodici mesi dalle ultime elezioni europee nel giugno scorso, ed è ora di primi bilanci per un Europa, che fatica a trovare quell’unita di intenti per renderla nuovamente centrale nello scacchiere geopolitico internazionale. Il voto del 9 giugno scorso ha però certamente delineato una tendenza che appare ormai chiara da tre anni a questa parte. In Europa spira un vento di centro destra. E questo fatto è stato ampiamente confermato ed anzi forse ha ottenuto la definitiva consacrazione, proprio in occasione delle ultime consultazioni europee, Il centro destra ha guadagnato consensi quasi ovunque, mentre verdi, liberali e socialisti hanno ottenuti risultati deludenti. Tutto questo ha sortito alcuni effetti importanti, che già si erano intravisti sul finire della passata legislatura, su alcune politiche come quella della transizione energetica o quello delle politiche migratorie e sulle questioni legate alla difesa. Si tratta di un cambio in cerri casi radicale, di approccio, verso temi fondamentali, che come nel caso del  Green Deal, aveva generato problemi alle imprese e famiglie, per il loro eccessivo contenuto ideologico e dogmatico. Questo proprio perchè sono cambiati, dopo le elezioni, molti degli equilibri che avevano guidato parlamento e commissione fino ad un anno fa. Un anno dopo, l’Italia ha certamente assunto un ruolo molto piu centrale, grazie ad una leader come Giorgia Meloni, che sta giocando sicuramente un ruolo da protagonista sullo scenario internazionale. La sua politica migratoria è da tempo considerata come un modello per tutta Europa. Il suo ottimo rapporto con Ursula Von der Leyen e con il presidente dei popolari, Manfred Weber, sta certamente cambiando l’asse delle alleanze all’interno del parlamento europeo.  La nomina a commissario di Raffaele Fitto, l’exploit di Ecr/FdI, è stato un piccolo capolavoro, che le ha permessi di nominare uno dei suoi uomini migliori ad un ruolo apicale della nuova commissione. ma il grande cambiamento è stato anche reso possibile dall’exploit di Fdi alle elezioni, Il partito della Meloni è passato da 7 eurodeputati del 2019 a 24 incassati nel 2024, mentre la pattuglia complessiva di Ecr è passata da 62 a 79 eletti, diventati nel frattempo 81 in virtù di due ingressi.

E’ passato un anno dalle elezioni europee ed è tempo di un primo bilancio. Fratelli d’Italia, grazie allo straordinario risultato del giugno 2024, rappresenta oggi con i suoi 24 membri la più grande delegazione italiana e la terza più grande dell’intero Parlamento europeo” ha detto il capodelegazione della truppa meloniana a Bruxelles, Carlo Fidanza.. La centralità politica di FdI si è da subito manifestata con la conferma di Nicola Procaccini alla co-presidenza del gruppo Ecr, con l’elezione di Antonella Sberna a Vicepresidente del Parlamento e appunto con la nomina di Raffaele Fitto a Vicepresidente esecutivo della Commissione. Una nomina tutt’altro che scontata, se si pensa alle polemiche seguite alla sua designazione, soprattutto da parte della sinistra italiana, che ha quantomeno mostrato di non nutrire un grande spirito patriotico. Eppure a Bruxelles da mesi si chiedeva espressamente che l’Italia nominasse proprio lui. Secondo autorevoli fonti della commissione, la stessa presidente Von der Leyen avrebbe spinto affinchè fosse l’ex ministro degli affari europei il candidato italiano. Fitto, d’altra parte, nei suoi nove anni al Parlamento europeo, era stato il costruttore di quel ponte tra i conservatori e i popolari, che ora sta producendo i suoi frutti. Dopo un anno, si può a ben ragione dire che Fitto sta mostrando quanto fosse azzeccata e motivata la scelta sofferta ( il grande problema per la premier era proprio quello di non voler rinunciare a lui nel delicato compito di gestire il delicato dossier del PNRR, che aveva avuto apprezzamenti anche da parte delle opposizioni). Ma il suo peso e la sua autorevolezza anche nelle alte sfere di Bruxelles era piu importante per la Meloni. E anche in questo caso la scommessa di Giorgia Meloni può dirsi fino ad ora vinta. La commissaria spagnola Teresa Ribeira, azzoppata fin dalla sua nomina, dallo scandalo seguito dalla cattiva gestione della alluvione a Valencia, considerata alla vigilia come la vicepresidente forte tra i sei nominati dalla Von der Leyen, è praticamente sparita dai radar e non regge il confronto con il suo collega italiano. Il suo green deal deve fare i conti con un cambio di approccio radicalmente differente verso quella, che ormai la maggior parte delle forze parlamentari considerano eccessivamente ideologico e dogmatico. Anche lei, considerata una delle pu fieri sostenitrici della sostenibilità a tutti i costi, qualche settimana fa ha ammesso che occorre raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, ma “tenendo in conto anche le esigenze di competitività delle imprese”. Meglio tardi che mai sarebbe il caso di dire. Ultima osservazione su questo primo anno di legislatura europea, è l’atteggiamneto sconcertante del Pd, che in più occasioni ha dato ennesima prova anche in Europa, di quanto si diviso al suo interno. Sul rearm Europe, cosi come su immigrazione e Green deal, gli eurodeputati democratici hanno spesso votato in maniera discordante. Ma anche questa non è una novità

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube