Europa si muove contro pesca non sostenibile dei paesi terzi per tutelare pesca europea

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Bruxelles sta inasprendo la sua legislazione contro la pesca non sostenibile, preparandosi a minacciare i suoi vicini – dalla Tunisia alla Norvegia – con divieti di importazione nei prossimi negoziati.

La scorsa settimana, i legislatori dell’UE hanno concordato di intervenire più efficacemente contro i paesi terzi che “non collaborano” nella gestione degli stock ittici condivisi. Se il regolamento rivisto proposto venisse approvato, l’UE potrebbe più facilmente attivare misure restrittive, inclusi divieti di importazione, contro i paesi terzi. Questa mossa potrebbe dare alla Commissione un asso nella manica nei negoziati bilaterali sulle quote e nei forum internazionali. “I pescatori hanno da tempo la sensazione di trovarsi in alto mare, a subire aggressioni da parte di paesi terzi che non rispettano il diritto internazionale”, ha dichiarato al giornale online Euractiv l’eurodeputato capo negoziatore Thomas Bajada (Malta, S&D), aggiungendo che l’accordo obbliga la Commissione ad agire. All’inizio di quest’anno, l’eurodeputato Peter Agius (PPE), connazionale di Bajada, ha esortato l’esecutivo dell’UE a contrastare la pesca eccessiva da parte delle navi tunisine, accusate di catturare l’amato lampuki – o dorado in inglese – fuori stagione.

Agius ha chiesto misure per garantire parità di condizioni nel Mediterraneo. Bajada afferma che l’UE è ora un passo più vicina. “L’accordo non è solo una vittoria per tutti i pescatori europei, ma anche un riconoscimento storico del Mediterraneo”, ha aggiunto. Durante i negoziati, il Parlamento ha spinto per un maggiore riconoscimento delle Organizzazioni Regionali di Gestione della Pesca (ORGP), come quella per il Mediterraneo, di cui fa parte anche la Tunisia. Se l’accordo venisse adottato, sarebbe la prima volta che la Commissione sarebbe obbligata a intervenire contro la pesca non sostenibile da parte di paesi terzi nell’ambito delle ORGP, ha affermato Bajada. La commissione parlamentare per la pesca (PECH) dovrebbe confermare l’accordo il 24 giugno, con una votazione in plenaria prevista a luglio o settembre. L’eurodeputato Bajada ha attribuito il calo delle catture di lampuki, alimento base maltese, alla crescente concorrenza di Tunisia, Spagna e Italia, nonché ai cambiamenti climatici.

Il regolamento originale è stato finora utilizzato solo una volta, contro le Isole Faroe autonome. Un anno dopo l’introduzione della legge nel 2012, l’UE ha imposto un divieto di importazione di aringhe e sgombri delle Isole Faroe, accusando il governo di pesca eccessiva. Le due parti hanno successivamente raggiunto un accordo negoziato. Bajada ha affermato che non sorprende che la legislazione si sia dimostrata efficace nel sollecitare le isole ad affrontare le preoccupazioni di Bruxelles. “L’UE deve sfruttare i suoi punti di forza, rappresentando il principale mercato per le esportazioni di pesce dai paesi del Mare del Nord”. La Commissione ha recentemente lanciato l’allarme in merito ad accordi “senza precedenti” con i suoi vicini nordici, in particolare la Norvegia, e anche con la Russia.

Bajada ha affermato che il testo concordato renderà più facile prendere di mira questi paesi, poiché il Parlamento è riuscito a forzare il significato di “mancata cooperazione”. Un esempio potrebbe essere l’introduzione di “quote o misure discriminatorie” che favoriscono la flotta nazionale a scapito delle navi dell’UE, con conseguente sovrasfruttamento della pesca se combinate con altre misure. Anche il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha insistito in tal senso, con particolare attenzione alla Norvegia.

Nel suo parere sul regolamento, il CESE ha denunciato le restrizioni imposte da Oslo alle catture di eglefino nell’UE, che presumibilmente concederebbero concessioni ai pescatori norvegesi.

“Sebbene il dialogo rimanga essenziale, l’UE deve adottare misure coercitive immediate per risolvere una situazione che dura già da troppi anni”, si legge nel documento, promosso da Javier Garat Pérez, anche presidente della Confederazione spagnola della pesca. Il CESE si è rammaricato che il dialogo ad alto livello tra i due paesi abbia portato “solo” a un accordo parziale sul merluzzo bianco, un’altra specie controversa.

Nonostante il recente accordo di “reset” tra UE e Regno Unito, che ha esteso l’accesso delle navi dell’Unione alle acque britanniche per 12 anni, Londra ha assunto una posizione dura in materia di pesca da quando ha lasciato l’Unione. Il regolamento rivisto prende di mira anche i “ritardi ingiustificati nel rispondere alle richieste” durante le consultazioni e le “richieste di informazioni irragionevoli”, tattiche che, secondo Bajada, il Regno Unito ha ripetutamente utilizzato.

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