Il Cavallo in Italia? Un po’ di numeri.
Cosa significa parlare di cavallo in Italia? Qual’è la prima cosa alla quale pensiamo?
Dove lo collochiamo culturalmente? Generalmente la prima immagine che ci sovviene è quella di un
concorso di salto o di completo, delle divise delle fiamme oro o dei nostri cavalieri olimpionici che con
le uniformi delle nostre forze dell’ordine ci rappresentano nelle grandi competizioni internazionali. Un
tempo, oggi non più, un’altra immagine che ci sarebbe apparsa davanti agli occhi sarebbero stati i
pomeriggi all’ippodromo con le signore in cappello e provviste di binocolo che cercavano di avere
soddisfazione sulle proprie scommesse. Altra immagine che ci appare è quella della Federazione
Italiana Sport Equestri che sembra, almeno sulla carta, avere una forma “esclusiva” su questa
magnifica creatura. In realtà, anche se i numeri non sono sempre precisi, anche solo in maniera
approssimativa ci renderemmo conto che il mondo del cavallo è molto più ampio e complesso.
Ma, per un volta tralasciamo discipline, ippica, monta inglese, e americana e concentriamoci sui
numeri: in Italia, dati AIA (associazione Italiana Allevatori), nel 2023 erano registrati circa 490.000
equidi di cui 365.414 cavalli, la parte restante è costituita da muli e asini. Di questi 365.414 cavalli
234.735 sono non DPA (Non destinati alla produzione alimentare. – Nda) e quindi destinati ad attività
ludica, sportiva o animale di compagnia. In Fise al 30 sett. 2023, quindi nello stesso anno erano
registrati 37.659 cavalli che influiscono all’incirca un 10% sulle cifre complessive, una quota
importante che, pur essendo significativa, non copre tutto il panorama equestre. Il resto del comparto
degli equidi non DPA rappresentato da almeno altri 197.076 è spartito in maniera importante tra
un’altra federazione, la Fitetrek Ante (Federazione Italiana Turismo Equestre eTrek e Ante) e una
miriade di EPS (Enti di Promozione Sportiva, in Italia ce ne sono 15 riconosciuti dal CONI) che
assorbono assieme all’ippica il resto degli equidi molti dei quali, non avendo una pura vocazione
sportiva nei ruoli federali, possono avere anche una destinazione all’uso alimentare – DPA. Questa
lunga premessa per porre l’accento su un problema importante, una visione ad ampio spettro di
questo mondo. Nonostante l’orgoglio per i nostri splendidi atleti federali, non posso non vedere delle
potenzialità inespresse. Il mondo equestre dovrebbe essere al giorno d’oggi un mondo molto più
inclusivo e non più, come un tempo, esclusivo. La Fise nel 2023 contava 135.917 iscritti e tra questi
annoveriamo bambini, principianti ed un enorme popolo di cavalieri o futuri tali che, a questo punto
condividerebbero, se stessimo all’aridità dei numeri, 1 cavallo Fise ogni 5 persone, ma il problema non
è questo, bensì la mancata proiezione nel futuro di un mondo con un potenziale enorme ma che
sembra, per i media e per il mondo equestre ufficiale, non avere un reale valore e peso pur
rappresentando più dell’80% del mondo equestre.
Eppure i cavali ci sono ed anche i cavalieri, allora come far diventare la più prestigiosa realtà equestre
italiana non più esclusiva ma inclusiva? Come possiamo mettere al centro di questo grande
patrimonio il cavallo rendendogli gli enormi meriti che ha? La Legge del 2021 inerente il cavallo atleta
è stato un passo avanti, ma include tutti i cavalli o solo quel 10% della federazione. Aumentare nel
2025 le spese di iscrizione e tesseramento di atleti e cavalli in FISE è stato un atto inclusivo o
esclusivo? E’ possibile una visione più ampia e diversa di questo mondo che possa organizzare e
rendere corale il sentimento di tutti i cavalieri, qualunque sia la loro estrazione e formazione? Ci
vorrebbe un visionario, una figura in grado di vedere dentro questo mondo e oltre, in grado di
coniugare le esigenze dei cavalli rendendo loro un contenitore nel quale essere riconosciuti.
A cura di Matteo Mazzato