La mano degli umani è uno dei punti di forza dell’evoluzione, con movimenti impediti ai nostri predecessori, siamo attratti dal mondo digitale

Mano di scimpanzè confrontata con quella umana
La mano rappresenta solo l’1% del peso del corpo contro il 2% nello scimpanzé, aumenta la lunghezza del pollice e la sua muscolatura rappresenta ben il 39% della muscolatura dell’intera mano contro il 24% del gorilla per consentire l’importante gioco muscolare, l’opponibilità del pollice è garantita da una notevole estensione dell’area motoria cerebrale corrispondente e viene consentita la “presa di precisione” in aggiunta alla” presa di forza” tra pollice e indice o più dita , che riesce invece possibile alle scimmie.

Movimenti della mano possibili grazie al pollice opponibile
La mano umana rende possibile diversi movimenti : opponibilità, prensilità, convergenza e divergenza inoltre è dotata di grande precisione e sensibilità tattile.
Il pollice della mano opponibile, cioè capace di ruotare verso il palmo, consentiva di impugnare pietre e rami da usare come strumenti di lavoro.

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Attualmente con l’avvento del touchscreen siamo costantemente in contatto con lo schermo dello smartphone attraverso il cosiddetto “swipe” cioè con il far scorrere le dita per cambiare visualizzazione. Una ricerca attuale registra soggetti con 40.000 swipe con il dito al giorno. Un uso continuo del touchscreen, secondo alcuni scienziati, in grado di rimodellare il cervello. Una preoccupante attività, dato che il 50% degli alunni di prima elementare in USA possiede uno smartphone.
Dal 2016 L‘American Academy Pediatrics (AAP) raccomanda di non usare gli schermi se non per le videochat con bambini sino a due anni e non superare l’ora di esposizione, in presenza di un genitore, dai due ai cinque anni, con la raccomandazione che meno è meglio.
La priorità per i bambini è la comunicazione faccia a faccia che consente loro lo sviluppo del cervello in formazione, sano ed equilibrato.
I linguisti sostengono che le parole che sono comunicate con lo smartphone vengono afferrate solo al 10%, per cui è importante un dialogo diretto. La visione prolungata degli schermi è anche associata a una riduzione del volume e a un ritardo nello sviluppo di regioni cerebrali come i lobi frontali e della materia bianca (glia) che supporta il linguaggio e l’alfabetizzazione per chi è in via di sviluppo.

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Particolarmente temuta è una forma di “Autismo Virtuale” che si riscontra in giovani che trascorrono molre ore della giornata attaccati al loro schermo. Migliaia di applicazioni (APP) dirottano l’attenzione, la mania dei selfie può essere a volte mortale, nel 2014 in USA 33.000 conducenti sono rimasti feriti in incidenti collegati all’uso del touchscreen e 19 hanno perso la vita mentre si facevano il selfie in posti pericolosi.
Studi dell‘Institut of Neuroinformatics di Zurigo confermano che: il cervello è continuamente modellato dall’uso del touchscreen e con gli swipe che diventano abituali, i danni da sovraccarico possono evidenziarsi più pericolosamente nei giovani.
Per saperne di più Richard Cytowic “Un cervello dell’età della pietra nell’era degli schermi”
Umberto Palazzo Editorialista de IlCorriereNazionale.net