Dario Patruno
I popoli, i governati sembrano non avere alcun potere nel fermare le guerre, vengono mandati a morire sempre più uomini sui fronti di conflitto, arrivando a pensare che le guerre preventive siano utili.
E L’Ue in questo scenario, stenta a svolgere un ruolo di attore capace di incidere sullo scacchiere internazionale. Per assurdo la Gran Bretagna, fuori dall’Ue, sembra aver ripreso un ruolo internazionale. Ma procediamo in ordine.
Si vis pacem para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra, oggi coniugato con la frase del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu “Prima la forza poi la pace”, quindi tradotto “Se vuoi la pace fai la guerra”, quindi il conflitto viene addirittura attuato a sorpresa e teorizzato come soluzione salvifica, si annuncia in tempi brevi, poi improvvisamente parte. Ma guai a chiamarla guerra o meglio si dice da parte dell’Amministrazione americana “Non siamo in guerra con l’Iran ma contro il nucleare iraniano”. Quindi la popolazione iraniana non c’entra ma ne subisce le conseguenze, se non può ribellarsi perché non ha la forza per farlo, fatti suoi, è destinata a morire.
I popoli non vengono interpellati perché le elezioni in tempo di guerra non possono svolgersi. Quello che deve cambiare è la coscienza, la mia, prima di quella degli altri.
Con l’approvazione della legge di bilancio da parte del governo israeliano, la data per le prossime elezioni è praticamente fissata per la fine di ottobre 2026.
In Ucraina le elezioni che avrebbero dovuto svolgersi nel 2023 sono impossibili per la vigenza della legge marziale rinviate sine die ex art.157 della Costituzione.
Ma questi conflitti incidono sulla vita quotidiana delle persone. Se una persona si ammala e deve essere curata a Tel Aviv, a Gaza, in Ucraina, in Iran, ma anche in Russia e volesse consultare un medico segnalato di un altro Stato, a Mosca come a San Pietroburgo, a queste persone è negato il diritto di curarsi dove sceglie di farlo, di spostarsi, morirà per mancanza di cure ma nessuno lo saprà, tra Stati in guerra non si coopera. La cooperazione sanitaria nella ricerca e cura di malattie tumorali conosciute o rare diventa fondamentali, oggi viene negata. Queste sono le conseguenze della guerra. Un mio amico ha trovato beneficio ad un trattamento fisiatrico in Israele per il figlio adolescente che in Italia era impossibile effettuare. Oggi se avesse ancora questa necessità non potrà farlo.
I sofferenti che non solo non hanno potere ma sono fragili, non hanno diritto a curarsi liberamente ma in base alle strutture che trovano.
Se mi ammalo in Italia come in uno stato dove non c’è la guerra sono privilegiato non perché ho deciso di curarmi ma perché mi posso spostare e raggiungere il luogo di cura più idoneo a curare la mia patologia.
Ma perché le diplomazie non contano?
I paesi europei non hanno una politica estera comune per un fatto ontologico. Lo Statuto dell’Ue non prevede un Commissario Europeo per la Politica estera ma solo un Alto rappresentante, in grado di rappresentare l’Ue a i tavoli internazionali.
L’alto rappresentante (AR):
- forma e guida e lo sviluppo della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea (Unione), inclusa la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC);
- presiede il Consiglio Affari esteri, è a capo dell’Agenzia europea per la difesa ed è uno dei vice presidenti della Commissione europea.
Kaja Kallas è Alta rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza
Vicepresidente, non è “commissario” in grado di dettare una linea politica che rappresenti l’UE. Non è solo una questione di “nomen iuris” ma ontologica, giuridica e quindi ne inficia il ruolo.
“L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza non è un commissario, anche se è un vicepresidente della Commissione europea. L’Alto Rappresentante è una figura distinta, con responsabilità specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune dell’UE, mentre i commissari sono responsabili dei vari settori politici della Commissione. “
Continuo a sostenere che il ruolo politico dell’Unione Europea andrà rivisto per rafforzarne il ruolo politico. Gli studiosi di diritto dell’Unione Europea sono avvertiti e sarebbe opportuno modificare la normativa in questo quinquennio, oggi è più urgente che mai. Dipenderà dai singoli Stati, quanto sono disposti a sacrificare delle loro sovranità nazionali per essere in linea con un concetto moderno e credibile di modello federativo.
Questa urgenza viene prima delle necessità di dotarsi di un esercito europeo.
Ritengo che gli sforzi diplomatici finora effettuati siano insufficienti e i singoli Stati si fidano poco della Diplomazia vaticana che non è deputata a mediare ma ad aprire spazi di mediazione che al di là dei credi religiosi non può che fare bene alla convivenza pacifica dei popoli. Offrire luoghi di mediazione come Lo Stato della Città del Vaticano non è da poco.
Per questi ideali Papa Francesco ha dato la vita, il nuovo Pontefice sta insistendo sulla via diplomatica perché il Vaticano ha un’ottima tradizione in tal senso e persone di valore, basta metterli alla prova e fidarsi, affidarsi. Il Cardinale Segretario di Stato Parolin ha recentemente dichiarato “La Santa sede, noi, abbiamo offerto la possibilità di uno spazio, rimane questa offerta che il Papa ha fatto all’inizio del suo pontificato ma non credo dalle risposte che ci sono state date che ci sia speranza che questa possibilità venga sfruttata”. Come cristiano credo nel brocardo paolino Spes contra spem.
Domenica 22 all’Angelus Papa Leone XIV ha affermato “Che la diplomazia faccia tacere le armi! Che le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!”. Serve altro? Si, la buona volontà di sedersi ad un tavolo, rinunciando al pronome “io” e dicendo “noi”. La nazione che deporrà le armi per prima avrà vinto.
“La vita può allontanarci/ L’amore continuerà” cantava Arisa a Sanremo nel 2012 nel brano “La notte”.