Chi specula sulla nostra spesa

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Ogni anno in Italia si sprecano quasi 5 milioni di tonnellate di cibo

 

Il report WASDE dell’USDA, pubblicato il 12 giugno scorso, ha innescato forti oscillazioni sui mercati agricoli internazionali, con effetti immediati sui contratti futures di grano, mais e soia. In poche ore, le principali borse merci, da Chicago a Parigi, hanno registrato rialzi a doppia cifra, guidati più da aspettative speculative che da reali carenze nei raccolti. Il cibo è ormai trattato come un asset finanziario, acquistato e rivenduto in tempo reale, slegato dai campi in cui viene coltivato.

In Italia, le conseguenze si ripercuotono al supermercato. Mentre l’inflazione generale rallenta, il carrello della spesa continua a crescere. Secondo i dati Istat del 16 giugno 2025, i prezzi degli alimentari lavorati sono saliti del 2,7% su base annua. I rincari colpiscono soprattutto frutta, pane, verdure e insalate. Prodotti deperibili, soggetti a forti fluttuazioni di prezzo e più facilmente manipolabili dai meccanismi speculativi.

Domanda: se l’inflazione rallenta, perché fare la spesa costa sempre di più?

 

Cibo e spreco

Parallelamente all’aumento dei prezzi, in Italia lo spreco alimentare è cresciuto del 45,6% nel 2024. Secondo i dati del Rapporto Waste Watcher, ogni italiano butta in media 566,3 grammi di cibo a settimana, contro i 469,4 grammi dell’agosto 2023. Il conto totale dello spreco tocca i 14,1 miliardi di euro annui per 4,5 milioni di tonnellate di prodotti.

Sud e Centro Italia guidano questa classifica negativa, con 683,3 grammi di cibo sprecato pro capite ogni settimana. Non si tratta solo di cattive abitudini domestiche. Dietro questi numeri si celano meccanismi economici più complessi.

 

I prezzi salgono, il carrello si svuota (ph web)

Pressioni economiche sulla filiera

L’analisi dei dati rivela come la pressione sui prezzi si concentri in punti specifici della filiera. Gli alimentari lavorati subiscono rincari maggiori rispetto alle materie prime, si intuisce che l’industria di trasformazione trasferisce sui consumatori finali i costi dell’incertezza del mercato. In pratica, i prezzi aumentano, ma non per i produttori agricoli.

 

 

Cosa si nasconde dietro il piatto vuoto

L’Italia importa più materie prime agricole di quante ne esporti. È quindi esposta in prima linea agli effetti della speculazione. Quando un fondo decide di puntare al rialzo sui cereali, l’effetto si traduce rapidamente nei listini dei supermercati italiani. Nei mercati internazionali, i capitali si muovono spesso senza alcun legame con la produzione reale di cibo.

 

La geografia della crisi

I dati regionali mostrano che il fenomeno non colpisce in modo uniforme. Il Sud e il Centro Italia registrano spreco e aumenti di prezzo superiori al Nord. Dove il potere d’acquisto è minore, paradossalmente si spreca di più e si paga di più.

Questo schema suggerisce che inefficienza distributiva e speculazione colpiscano con maggior durezza le aree economicamente più fragili e alimentano un circolo vizioso di povertà alimentare.

 

Le ricadute sociali

Dietro le percentuali si nascondono scelte quotidiane difficili. Famiglie che rinunciano a proteine di qualità, anziani che saltano pasti, giovani che scelgono cibi processati ed economici a scapito della salute. L’Istat non misura questi effetti, ma sono la conseguenza diretta di un sistema che mette il profitto finanziario prima della sicurezza alimentare.

 

Quando un italiano su dieci ha difficoltà ad acquistare cibo nutriente, mentre tonnellate di alimenti finiscono nei rifiuti, il problema non è più solo economico, ma diventa sociale e sanitario.

 

Milioni di tonnellate di cibo sprecate ogni anno (ph web)

Le falle del sistema di controllo

L’Authority italiana per la vigilanza sui mercati finanziari ha competenze limitate sui mercati internazionali delle materie prime. Le decisioni che influenzano i prezzi del cibo in Italia si prendono a Chicago, Londra o Parigi, in mercati dominati da algoritmi di trading ad alta frequenza e fondi speculativi.

 

Il risultato è che l’Italia subisce decisioni prese altrove, senza strumenti efficaci di controllo o contrasto. Le autorità nazionali possono solo osservare e reagire, quando ormai i danni sono fatti.

 

Le prospettive

I dati di giugno 2025 confermano che questa tendenza non si invertirà. La trasformazione dei mercati alimentari in mercati finanziari è un fenomeno globale che richiede risposte politiche coordinate a livello internazionale.

Nel frattempo, le famiglie italiane fanno i conti con un’inflazione alimentare che corre più veloce dei salari, in un Paese che spreca cibo per miliardi di euro mentre sempre più persone faticano ad accedere a un’alimentazione adeguata.

Cibo ce n’è, ma lo sprechiamo e lo facciamo pagare caro. Non è un paradosso, è il risultato di scelte precise.

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