Intervista Elena Ventura

Eventi, Musica & Spettacolo

Di

Ci sono dischi che arrivano con il passo lieve delle cose necessarie. Inevitabile, esordio discografico della cantautrice Elena Ventura, è uno di quei lavori che non chiedono spazio: lo occupano naturalmente, con una grazia ostinata e una voce che non ha bisogno di gridare per farsi sentire. Un album attraversato da contrasti sottili — dolcezza e consapevolezza, fragilità e coraggio — che racconta la forza silenziosa delle scelte intime, quelle che non fanno notizia ma cambiano tutto. L’ultimo singolo estratto, “E allora vado giù”, è forse la sintesi più emblematica di questo sguardo: una dichiarazione d’intenti mascherata da resa, un inno sommesso a buttarsi anche quando mancano il consenso e l’approvazione. Abbiamo parlato con Elena e ne è venuta fuori una conversazione luminosa, fragile, vera. Come il suo disco. Come lei.

Nel disco sembri dire che anche le scelte più intime possono essere rivoluzionarie. Ti è mai capitato di sentirti “fuori tempo massimo” rispetto a quello che il mondo si aspettava da te?

Sì, molte volte però la mia voglia di fare musica, di creare e di mettermi in gioco ha sempre prevalso. Anche quando ho iniziato il progetto del mio disco mi sentivo in ritardo però sono contenta che questa idea non mi abbia bloccato dal provarci e ora sono soddisfatta di aver portato a termine il mio primo album.

“E allora vado giù” racconta una caduta quasi necessaria, quasi voluta. Ti è mai successo di difendere un momento difficile perché, in fondo, sapevi che ti stava salvando da qualcosa di peggiore?

“E allora vado giù” parla del fatto che ho imparato col tempo che bisogna buttarsi nelle cose anche quando non abbiamo il consenso di tutti. A volte noi speriamo di avere tutte le persone che contano per noi dalla nostra parte ma non è possibile sempre. Così dobbiamo trovare il coraggio di buttarci nonostante tutto e tutti.

In Specchio riflesso sembri guardare il giudizio degli altri con ironia. Ma quando è stata l’ultima volta che ti sei giudicata con troppa severità?

Molte volte ancora la faccio, per esempio quando sbaglio qualcosa o faccio qualcosa con impulsività, sono sempre stata molto severa. Sto cercando però di essere più comprensiva con me stessa è un lavoro molto difficile però.

C’è un equilibrio delicato tra dolcezza e consapevolezza in tutto il disco. Hai mai dovuto scegliere tra dire una cosa con forza o con grazia? Come decidi il tono quando scrivi?

Il tono non lo decido quando scrivo lo decido quando canto cioè quando registro il pezzo. In base a quello che ho scritto cerco di usare un tono più dolce e delicato o più grintoso e potente.

È molto importante cercare di usare la voce a servizio del significato della canzone diciamo che è importantissimo perché per me l’obiettivo è cercare sempre di emozionare il pubblico e quindi veicolare i messaggi al meglio che posso.

Mi ha colpito il fatto che la tua voce non cerchi mai il virtuosismo: è sempre al servizio della canzone, non del contrario. È una scelta consapevole o qualcosa che hai imparato nel tempo

Penso entrambe le cose. Il mio produttore Nicola Nastos è molto attento a questo ed io anche.

Ci teniamo molto ad essere coerenti con ciò che esprime il pezzo.

Il disco chiude con “Ma l’amore no”, un brano che appartiene a un’altra epoca. Se potessi parlare con la donna che lo cantava nel 1943, cosa le diresti oggi?

Le direi che forse in quegli anni si viveva meglio si era tutti più rilassati e c’erano meno distrazioni. Nonostante ciò però i veri sentimenti esistono ancora e l’Amore vero anche, basta accoglierlo e custodirlo sempre e comunque.

Progetti futuri?

Al momento sono concentrata sui live e sul lavoro come insegnante di canto. Ma qualche progetto futuro mi sta venendo in mente vi terrò aggiornati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube