Quando lo sport imita il potere: Verticalismo, silenzi e giustizia da riscrivere

Equitazione

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QUANDO LO SPORT IMITA IL POTERE: VERTICALISMO, SILENZI E GIUSTIZIA DA RISCRIVERE

Cari lettori nel tempo libero ho scoperto di avere una passione, quella di scrivere. E questa è una
delle cose che mi fa stare bene. Quindi lo faccio.
Proprio in questi giorni osservavo con grande attenzione, anche se in realtà è già da tempo che mi
ci dedico, che nel nostro Paese esiste un potere che non grida, non appare, non si sottopone al
giudizio popolare, ma che influenza silenziosamente ogni cosa: è il potere costruito nel tempo,
fatto di reti, di fedeltà, di ruoli, apparentemente neutri ma decisivi. Un “insieme” invisibile capace di
attraversare governi, crisi, equilibri instabili restando sempre al centro senza mai esporsi del tutto.
Questa forma di potere non è confinata alla politica o all’economia. La ritroviamo, specularmente,
anche nello sport. E lo vediamo con chiarezza in alcune federazioni dove la gestione negli ultimi
anni si è strutturata su un modello fortemente verticistico. Questo inevitabilmente ha portato alla
centralizzazione delle decisioni, alla riduzione degli spazi critici e alla debolezza della giustizia
sportiva interna.
Chi controlla i controllori? Chi giudica quando gli organi di giustizia dipendono da chi governa?
Sono domande che valgono per la politica, ma anche- e soprattutto- per lo sport, che dovrebbe
essere il luogo dell’Etica, del merito e della trasparenza. In molte federazioni, i giudici sportivi sono
nominati dalla stessa governance che dovrebbe anche essere da loro sorvegliata, e chi dissente si
ritrova isolato, penalizzato, e spesso punito. E’ un meccanismo che produce conformismo e
rassegnazione, alimentando un clima da ”corte interna”, dove le critiche sono viste come attacchi
personali e dove il dibattito si spegne per paura. Sradicare le lobby di potere nello sport come in
altri ambiti, è un’impresa complessa perché queste reti si nutrono di relazioni consolidate, interessi
economici, scambi di favori e opacità nei meccanismi decisionali. Tuttavia non è impossibile,
ritengo che un percorso concreto dovrebbe essere articolato in 7 azioni chiave:
-Riforma delle regole e dei meccanismi di nomina: – mandati limitati e non rinnovabili all’infinito per
i vertici degli enti sportivi; procedure di nomina trasparenti, pubbliche e controllate da enti esterni con sezioni basate su merito e competenze- eliminare norme che permettono le concentrazione di potere ( es.i presidenti che controllano anche la giustizia sportiva).
-Indipendenza reale degli organi di controllo e giustizia sportiva: – gli organo di giustizia non
devono dipendere dalle stesse federazioni su cui devono giudicare- serve un’autorità di garanzia
esterna ed indipendente (es. simile ad un’autorità anticorruzione sportiva)- garantire protezione a
chi denuncia illeciti(whistleblower).
-Trasparenza totale:- pubblicazione rigorosa di bilanci, verbali, delibere, criteri di finanziamento,
modalità di assegnazione e verifiche.- voto elettronico a distanza- incentivare e proteggere il
giornalismo d’inchiesta sportivo.- istituire un osservatorio indipendente sullo sport(pubblico-
privato)che raccolga segnalazioni e monitori le derive di potere.
-Educazione ai valori etici dello sport:- inserire nei programmi formativi per tecnici, giudici, dirigenti,
una formazione etica e anticorruzione.-promuovere la cultura della legalità già nei circoli sportivi di
base,nelle scuole, nei corsi Coni e universitari.-dare spazio a buone pratiche e modelli positivi, per
creare “anticorpi culturali”.
-Pressione dell’opinione pubblica e mobilitazione civica: quando l’opinione pubblica si informa e
reagisce, le lobby temono l’esposizione.- promuovere petizioni, interrogazioni parlamentari,
movimenti civici e le campagne social possono scardinare anche sistemi opachi.- costruire
alleanze trasversali anche con politici, giudici, giornalisti e associazioni che credono davvero in un
cambiamento.

Le lobby sopravvivono grazie alla connivenza e al silenzio. Ma possono essere indebolite con
regole giuste, trasparenza, partecipazione e controllo esterno. Serve coraggio, tempo ed una rete
di persone oneste. Ogni voce che si alza può fare la differenza. Anche la tua. Perché lo sport come
la società si salva non quando vince chi comanda, ma quando a comandare è chi sa ascoltare,
accettare il dissenso e costruire comunità. Non è solo questione di regole ma di visione. E forse, di
coraggio.
Ti invito a dare il tuo contributo e/a raccontare la tua storia che, se preferirai, rimarrà in forma
riservata, scrivendo a RUBRICAEQUESTRE@GMAIL.COM
Clara Campese

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