di Yuleisy Cruz Lezcano
In un’epoca in cui le trasformazioni sociali e culturali impongono nuove sfide all’educazione e alla convivenza, riscoprire il pensiero di Jean-Jacques Rousseau sull’importanza delle emozioni nell’adolescenza può offrire strumenti preziosi per comprendere e valorizzare la complessità della crescita umana. Per Rousseau, filosofo del XVIII secolo, le emozioni non sono semplici impulsi da reprimere o nemici della ragione, ma componenti fondamentali dello stato d’animo che costituiscono l’anima stessa dell’individuo e il fondamento di una società autentica.
L’adolescenza, come Rousseau osserva nel suo Emilio, o dell’educazione, è il periodo in cui il giovane si confronta con una molteplicità di sentimenti intensi, con una sensibilità che si accende e un senso morale che comincia a strutturarsi. È in questa fase che il rapporto con le proprie emozioni diventa decisivo: imparare a conoscerle, comprenderle e gestirle significa non solo crescere come individuo, ma anche prepararsi a vivere in una comunità. La ragione, per Rousseau, non è contrapposta al sentimento, ma con esso si intreccia, in un equilibrio delicato che dà origine all’autenticità personale e alla capacità di relazione. Questa visione si mostra particolarmente rilevante in una società contemporanea come quella italiana, caratterizzata da un ricco mosaico culturale e da una forte presenza di giovani con origini diverse. L’immigrazione ha portato a confrontarsi con forme di espressione emotiva differenti, modi variabili di interpretare e comunicare stati d’animo che rispecchiano una pluralità di storie e tradizioni. Da questa varietà emerge la consapevolezza che, pur nelle differenze, esiste un retaggio emotivo comune che unisce tutti gli esseri umani: un linguaggio universale delle emozioni fatto di gioia, paura, dolore, rabbia e speranza, capace di superare confini linguistici e culturali.
L’antropologia contemporanea e la psicologia cognitiva confermano questa intuizione filosofica. Le emozioni sono infatti radicate nella nostra natura biologica, ma al contempo profondamente influenzate dal contesto culturale in cui si sviluppano. Ogni cultura modula la propria esperienza emotiva attraverso simboli, riti e codici specifici, ma l’umanità condivide una gamma fondamentale di sentimenti che rappresentano il filo invisibile che collega individui diversi in una comune esperienza di vita. Riconoscere questo patrimonio emotivo universale diventa allora un passo fondamentale per costruire una società di cooperazione, in cui la diversità sia una ricchezza e non un motivo di conflitto. Da un punto di vista pratico, questa consapevolezza richiede un impegno educativo che sappia integrare le conoscenze filosofiche con le evidenze scientifiche sui processi affettivi. La psicologia cognitiva ha dimostrato che le emozioni influenzano profondamente la percezione, il pensiero e il comportamento, modellando non solo le relazioni interpersonali ma anche la capacità di apprendimento e di adattamento. In particolare, l’adolescenza è un periodo in cui il cervello sviluppa nuove connessioni e sensibilità, rendendo essenziali interventi educativi mirati a sostenere la maturazione emotiva.
Le scuole, dunque, hanno un ruolo cruciale nell’accompagnare i giovani a esplorare il proprio mondo emotivo, a riconoscere e rispettare le emozioni proprie e altrui. L’educazione alle emozioni non deve essere intesa come un semplice esercizio di gestione individuale, ma come una pratica di costruzione di relazioni positive, di empatia e di solidarietà. Solo attraverso la capacità di mettersi nei panni dell’altro si possono superare pregiudizi e diffidenze, soprattutto in contesti multiculturali dove le differenze rischiano di diventare barriere. Questa sensibilità è particolarmente importante oggi, in un contesto sociale dove la competizione esasperata e l’individualismo sembrano prevalere, portando a una crescente polarizzazione e a fenomeni di isolamento come quello degli “incel” o di gruppi marginali che esprimono rabbia e disagio. Rousseau, con la sua filosofia, ci ricorda che la dimensione affettiva è ciò che tiene insieme la società, è il collante della cooperazione e della solidarietà. Le emozioni, se accolte e orientate, possono diventare una forza di cambiamento positivo, capace di contrastare la chiusura e il rancore. Inoltre, la dimensione emotiva è centrale anche per affrontare le sfide del mondo digitale, che amplifica le emozioni ma ne complica la comprensione e la regolazione. Le reti sociali, pur aprendo nuovi spazi di incontro, possono accentuare sentimenti di isolamento, ansia o rabbia. In questo senso, l’educazione emotiva diventa uno strumento fondamentale per dotare i giovani di una “bussola interna” capace di guidarli attraverso la complessità della vita contemporanea.
Un ulteriore stimolo a riflettere sulle emozioni viene dagli studi sull’intelligenza artificiale, che cercano di simulare e riconoscere stati affettivi. Questi sviluppi sottolineano quanto il mondo emotivo sia essenziale non solo per la dimensione personale, ma anche per la comunicazione e l’interazione sociale. Ci invitano a riflettere sul valore umano delle emozioni, sulla loro unicità e complessità, e sull’importanza di coltivarle come parte integrante dell’educazione e della convivenza. In definitiva, il pensiero di Rousseau ci offre una prospettiva ricca e multidimensionale sulle emozioni, invitandoci a superare l’antico pregiudizio che le voleva ostacolo alla ragione e alla società civile. Le emozioni sono piuttosto la linfa vitale che alimenta la nostra capacità di essere individui autentici e cittadini responsabili. In una realtà come quella italiana, segnata da diversità culturale e tensioni sociali, riscoprire questo insegnamento significa costruire ponti di comprensione e solidarietà, investire nella coesione e nella pace sociale.
L’educazione alle emozioni, quindi, deve entrare con forza nei programmi scolastici e nei percorsi formativi, non come un optional ma come un elemento imprescindibile per la crescita integrale della persona. Solo così sarà possibile preparare le nuove generazioni a vivere in un mondo complesso, in cui la competizione e l’individualismo lascino spazio alla cooperazione e all’empatia. Riscoprire e valorizzare il nostro comune retaggio emotivo significa, infine, dare corpo a una nuova idea di comunità, fondata non sulle differenze che ci dividono, ma sulle somiglianze profonde che ci uniscono in un’unica grande famiglia umana.
In questo senso, un approccio educativo che prenda sul serio l’eredità filosofica di Rousseau e la integri con le conoscenze moderne può rappresentare una risposta concreta alle tensioni sociali contemporanee, contribuendo a formare cittadini più consapevoli, capaci di mettersi in relazione con l’altro, di riconoscere l’importanza della solidarietà e di costruire una società più giusta e inclusiva. Solo investendo nell’educazione affettiva delle nuove generazioni si potrà sperare di superare la crisi del legame sociale, promuovendo una cultura della convivenza che valorizzi il sentimento come chiave per un futuro condiviso.