Di Domizia Di Crocco
A volte risulta discordante il modo in cui, in Italia, si accolgono alcune nomine nel mondo della cultura. Non appena un nome non perfettamente allineato a certi canoni o a certi orientamenti culturali viene proposto per un incarico di rilievo, scatta immediatamente il riflesso del sospetto, del boicottaggio, della delegittimazione preventiva. È accaduto ancora una volta con Beatrice Venezi, appena nominata direttrice della Fenice di Venezia.
Venezi, lo ricordiamo, è una delle direttrici d’orchestra più riconosciute della sua generazione, applaudita in teatri internazionali e impegnata da anni nel diffondere la cultura musicale anche tra i più giovani. Eppure, la sua nomina ha scatenato un coro di critiche, più ideologiche che artistiche, culminate persino con l’annuncio di alcuni abbonati che intendono rinunciare ai loro posti per protesta.
Al clima surreale hanno risposto con coraggio i consiglieri comunali fiorentini Eike Schmidt, Paolo Bambagioni e Massimo Sabatini, dichiarando di voler sottoscrivere un abbonamento alla Fenice proprio per sostenere Venezi e, con lei, il principio di libertà e pluralismo che dovrebbe essere il cuore pulsante della vita culturale.
Sostenere Beatrice Venezi, infatti, non significa schierarsi “da una parte” o “dall’altra”: significa difendere l’autonomia dell’arte, che non deve mai piegarsi alle logiche del pregiudizio politico. Un direttore d’orchestra non si giudica per le sue opinioni personali, ma per la sua competenza, la sua sensibilità musicale, la sua capacità di interpretare e guidare un’orchestra.
Chi chiede boicottaggi dimentica che la musica – come ogni forma d’arte – è per definizione libertà, dialogo, contaminazione. Ridurla a un terreno di scontro ideologico è un tradimento della sua essenza più profonda.
Beatrice Venezi ha già dimostrato di possedere talento, rigore e una visione artistica limpida. È giovane, donna, e ha scelto di dedicarsi con passione a un mestiere ancora oggi dominato dagli uomini. Invece di celebrarla come simbolo di progresso, qualcuno preferisce colpirla per ciò che rappresenta fuori dal podio.
Ma la Fenice, simbolo di rinascita per eccellenza, saprà dimostrare che l’arte vera non conosce confini né etichette. E che la musica, come la libertà, non si fa zittire.
foto AndKronos















