Le mosse di Urso per salvaguardare il settore moda: filiera certificata, stop concorrenza sleale e più competenze

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Il sistema moda si sente sotto attacco. Lo dice senza giri di parole il presidente di Confindustria moda Luca Sburlati durante il Venice Sustainable Fashion Forum. “Nel primo semestre del 2025 – ha spiegato Sburlati – l’export italiano è calato circa del 4% mentre l’import è salito del 6%, con la Cina che ha registrato +18% con centinaia di migliaia di pacchi che arrivano ogni giorno nelle nostre case”.

Di fronte a questa situazione, Sburlati chiede un’azione: “Negli ultimi giorni abbiamo chiesto alla politica di avere immediatamente una norma anti penetrazione dei pacchi che non pagano dazi né dogane né spesso l’Iva. Dobbiamo difenderci ma – ha sottolineato il presidente di Confindustria Moda – non possiamo reagire continuamente a input esterni, quindi abbiamo la responsabilità di definire una politica di lungo periodo, un piano strategico nazionale per la moda al 2035”. «Non è una misura urgente, ma urgentissima e a costo zero, sulla quale il ministro Adolfo Urso sta lavorando», aggiunge il presidente di Confindustria Moda, spiegando che la Francia è già corsa ai ripari contro l’invasione dell’ultra fast fashion: «L’assemblea nazionale e il Senato hanno approvato all’unanimità una legge grazie alla quale ogni pacco viene tassato e viene vietata pubblicità ingannevole a danno dei minori sui social».

Il ministro Adolfo Urso, che guida il dicastero del Made in Italy, ha dato prime certezze: “Nei provvedimenti in corso di approvazione in Parlamento, come il disegno di legge sulle piccole e medie imprese e le imprese artigianali, il disegno di legge sulla concorrenza e poi la legge di bilancio, abbiamo predisposto un pacchetto a sostegno e a tutela del settore della moda, del tessile e dell’abbigliamento”.

Tra le norme Urso ne sottolinea una in particolare: “Consente ai brand di far certificare da un ente terzo, sotto il profilo della legalità, ambientale e lavorativa, tutte le imprese della filiera che producono per il brand, così da metterli in una cassetta di sicurezza rispetto a ogni azione giudiziaria”.

Il ministro ha poi sottolineato che questo meccanismo permette all’Italia di “dimostrare al mondo che il nostro prodotto non è soltanto un prodotto di eccellenza, di qualità, bello, buono e ben fatto, ma anche pienamente sostenibile sul piano sociale e ambientale e rispettoso di ogni forma di legalità”.

Nel contempo, ha aggiunto Urso, il Governo sta lavorando anche su una norma che tuteli le imprese del made in Italy : “Vogliamo fermare la concorrenza selvaggia che si è scatenata in questi mesi da parte soprattutto di produttori cinesi. Mi riferisco al fenomeno dell’ultra fast-fashion, cioè a migliaia di pacchi che giungono direttamente al consumatore, di fatto evadendo ogni controllo doganale: anche in questo saremo avanguardia in Europa, affinché il fenomeno sia contrastato subito, prima che metta davvero in ginocchio la filiera della moda e del tessile-abbigliamento”.Urso ha ricordato che “negli stessi provvedimenti vi sono anche misure di più ampio respiro strutturale, come il passaggio generazionale delle competenze tra il lavoratore anziano, che è in procinto di andare in pensione e che decide, d’intesa con l’azienda, di destinare parte del suo lavoro all’attività produttiva e parte del suo tempo alla formazione di un neoassunto giovane in una piccola o media impresa, che così potrà acquisire competenze attraverso la formazione dedicata da chi ha dimostrato di essere un maestro del Made in Italy”. Per contrastare i gravi impatti ambientali e sociali derivanti dal fenomeno del fast fashion,  le strutture del Mimit stanno predisponendo un intervento normativo ispirato al modello francese, nel rispetto delle criticità emerse oltralpe in materia di compatibilità comunitaria. La misura si pone l’obiettivo di estendere gli obblighi di responsabilità del produttore anche alle piattaforme di commercio elettronico non stabilite in uno Stato membro. Il provvedimento è attualmente in fase di approfondimento nell’ambito dei lavori sul prossimo Ddl Concorrenza, anche alla luce della recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’UE della riforma della Direttiva quadro sui rifiuti tessili e alimentari. ⁠Introdotta – nell’ambito del Ddl annuale sulle PMI, attualmente in discussione in Commissione Industria al Senato – una norma volta a certificare la sostenibilità e la legalità delle imprese del settore moda, migliorando le condizioni di lavoro e contrastando sia le pratiche di sfruttamento sia l’evasione fiscale e contributiva, che rischiano di compromettere la reputazione dell’intero comparto. Nel dettaglio, attraverso verifiche preventive ad hoc, la misura mira a certificare la filiera che fa capo al titolare del brand, così da escludere che quest’ultimo debba rispondere per comportamenti illeciti o opachi riconducibili ai fornitori o ai subfornitori lungo la catena produttiva.

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