Disoccupazione femminile alle stelle in Puglia in netta controtendenza con il dato nazionale

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E’ piuttosto deludente il quadro che esce dal rendiconto Inps per il 2024 per la Regione Puglia, segno tangibile che i governi di centro sinistra di quest ultimi vent’anni non sono riusciti a risolvere l problemi occupazione della Regione pugliese,”La presentazione del rendiconto sociale regionale, a cui seguirà nei prossimi mesi la presentazione dei rendiconti provinciali, è una occasione importante per favorire un confronto, tra le istituzioni e le parti sociali presenti alla discussione, sui dati socio-economici del nostro territorio. Il 2024 si chiude con un trend macroeconomico in linea con quello degli anni precedenti.
Significativo il dato relativo al tasso di inattività, cresciuto di un punto percentuale (43,5%).bGli inattivi sono, infatti, saliti a 1.080.000 (+25.000 rispetto al 2023), due terzi dei quali di genere femminile”. Lo riferisce in una nota la direttrice regionale Inps Puglia Benedetta Dito a margine della presentazione del Rendiconto 2024. “Molti sono i giovani inattivi: il 21,4% della popolazione di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, nel 2024, non ha lavorato né ha seguito programmi di istruzione. Pur essendo in leggero miglioramento negli ultimi anni (era il 22,2% nel 2023), il dato – aggiunge – resta superiore alla media nazionale pari al 15,2% (confermandosi la Puglia la regione con il maggior numero di Neet dopo Calabria, Sicilia e Campania)”. Ma assai preoccupante è il dato relativo alla disoccupazione femminile che è al 11,2 % più alto di più di quattro punti rispetto al dato nazionale.

“Nonostante un lieve aumento degli occupati (1.267.000) e il calo della disoccupazione al 9,3%, persistono – aggiunge la presidente del Comitato regionale Inps Puglia Nadia Polito – gravi criticità: bassa occupazione femminile (35,9%), alta incidenza di NEET (21,4%), crescente precarietà contrattuale, perdita del potere d’acquisto e forte inattività giovanile, soprattutto tra le donne”. In questo contesto, il Comitato Regionale INPS Puglia rinnova “il proprio impegno per un’azione coordinata a sostegno dell’occupazione, dell’inclusione sociale e di uno sviluppo più equo e sostenibile”.

Molto tranchant il commento del senatore di Fdi di Bari, Filippo Melchiorre a commento di questi certamente deludenti  “Dopo oltre vent’anni di governo ininterrotto del centrosinistra in Puglia e a Bari – con le gestioni Emiliano prima e Decaro poi – i dati del Rendiconto Sociale INPS 2024 presentato oggi, ci consegnano una realtà impietosa: disoccupazione femminile alle stelle, giovani costretti a emigrare, lavoro nero e precariato diffusi, retribuzioni tra le più basse d’Italia. La tanto sbandierata “Puglia che cresce” è, nei numeri reali, una Puglia che arretra e perde pezzi, soprattutto tra le nuove generazioni e tra le donne. Basta guardare i numeri: il tasso di occupazione femminile è fermo al 35,9%, contro una media nazionale del 52%. I giovani NEET – quelli che non studiano e non lavorano – sono il 21,4%, tra i più alti d’Italia, e i dati sul lavoro irregolare peggiorano, a fronte di un calo degli ispettori INPS.
A questo si aggiunge il grave problema del nanismo imprenditoriale: in tutta la regione, infatti, le imprese con più di 250 dipendenti sono appena 43, segno di un sistema produttivo fragile e poco competitivo. Contestualmente, diminuiscono i contratti a tempo indeterminato, aumentando così la precarietà e l’instabilità del lavoro.” afferma il senatore pugliese di Fdi

Persistono poi forti squilibri di genere, con il 65% degli uomini occupati contro il 37,6% di donne, (con il picco più basso a Taranto, dove l’occupazione femminile arriva al 22%) e differenze territoriali, con aree della regione che mostrano maggiore capacità di assorbimento di lavoro qualificato come la provincia di Bari e altre ancora, come il Salento, legate a settori tradizionali e turistici.

Uno degli elementi centrali è il disallineamento tra domanda e offerta: il 42% dei contratti attivati dalle imprese pugliesi nel 2024 ha incontrato difficoltà nel reperimento di figure richieste. Le carenze riguardano soprattutto le professioni tecniche e specializzate. Svettano in particolare operai per la produzione di articoli in legno (94% dei contratti con difficoltà di reperimento), medici (82%), personale di ufficio (80%), specialisti in scienze della vita e artigiani del cuoio e delle calzature (78%).

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