La Tragedia della Prudenza

Economia & Finanza

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 Quando l’Italia Sceglie il Conto ma Perde l’Anima (e la Crescita)

L’austerità di Meloni e Giorgetti salva i conti, ma l’assenza di riforme e investimenti strangola la crescita, i salari e l’essenza dell’Economia Civile: si governa per il deficit e non per la felicità pubblica.


L’Illusione del Conto in Ordine

«La prudenza nella gestione delle finanze pubbliche è meritoria quanto doverosa. Va coniugata con riforme strutturali che sostengano la crescita e l’innovazione». La lapidaria sintesi di Banca d’Italia sul Documento programmatico di finanza pubblica (DPF) è una verità a metà, un elogio con pugnalata. Il Governo Meloni ha imboccato con decisione la via della prudenza, come attestano la riduzione del deficit e il ritorno in positivo del saldo primario. Un successo contabile, riconosciuto da più parti, che ci tira fuori dalla procedura di deficit eccessivo e rassicura l’Europa. Ma a quale prezzo?

Secondo i canoni dell’Economia Civile, teorizzata da Antonio Genovesi, la ricchezza di una nazione non è misurabile solo dal saldo di bilancio, ma dalla capacità di generare una “felicità pubblica” diffusa. Il bene comune non è la semplice assenza di debito, ma la piena fioritura delle capacità umane. Qui, il prisma dell’Economia Civile rivela una tragedia economica e morale: l’Italia si sta concentrando con eccessivo zelo sul “dovere” della prudenza, trascurando il “merito” della crescita e dell’innovazione.

Il Paradosso della Contrazione

I dati dipingono un quadro di contrazione più che di sviluppo:

  • Pressione Fiscale in Aumento: Nonostante le promesse di Meloni, la pressione fiscale sale al 42,8% nel 2025. Un’anomalia in un contesto di “prudenza” che doveva, in teoria, portare sollievo ai cittadini. L’incremento delle entrate, in parte dovuto all’aumento degli occupati, viene celebrato come successo di cassa, ma denuncia l’incapacità di attuare una vera riforma fiscale che stimoli l’attività economica anziché gravarla.
  • Salari e Benessere Sacrificati: L’aspetto più doloroso è l’impatto sui cittadini: i salari reali sono inferiori del 9% rispetto al 2021, e i redditi da lavoro dipendente sono destinati a toccare “uno dei valori più bassi dell’ultimo quarto di secolo” entro il 2028. L’Economia Civile ci insegna che l’economia deve servire l’uomo, non il contrario. Una politica economica che sacrifica il potere d’acquisto e il benessere dei lavoratori sull’altare del mero pareggio di bilancio è un fallimento sociale, una miopia che scambia la crescita numerica con il progresso umano.
  • Sanità Stabile, Debito in Salita: La spesa sanitaria, pilastro del bene comune, resta “contenuta”, mentre il debito pubblico continua a salire almeno fino al 2027. Si taglia sulla salute (6,3-6,4% del PIL) mentre l’eredità del Superbonus grava sui conti. Si preferisce la contabilità di breve termine alla sostenibilità sociale e al necessario investimento nell’”infrastruttura umana”.

L’Assenza Delle Riforme Strutturali: Il Tradimento del Futuro

Il vero vulnus della manovra è la “mancanza pressoché totale di riforme o di misure che favoriscano la produttività e la crescita”. L’azione del governo si affida a due fattori aleatori: una modesta crescita dei consumi e l’attuazione del PNRR, un piano che la stessa maggioranza aveva in passato criticato.

Banca d’Italia e Confindustria sono unanimi: occorre aumentare «le risorse a favore di investimenti, ricerca e istruzione». Ma il governo sconta un’evidente inconsistenza in questi settori vitali. Il PNRR si ridimensiona e la crescita si fa “anemica”. L’Economia Civile rigetta la mera accumulazione e promuove l’investimento produttivo come fonte di valore condiviso e duraturo. Non investire in conoscenza, tecnologia e capitale umano significa condannare l’Italia a una crescita zoppa e a un futuro incerto.

Il Rischio di un Interventismo Senza Visione

A completare il quadro, la recente tendenza all’interventismo statale – con l’aumento delle partecipazioni pubbliche in settori strategici (infrastrutture, difesa, energia) – si configura come un ritorno al passato che rischia di essere un mero “presidio” senza una chiara visione di rilancio. Se lo Stato torna protagonista, deve farlo non per mera gestione del debito, ma per guida strategica all’innovazione, in partnership con la società civile e l’impresa, non in sostituzione.


Conclusione: Governare il Presente, Dimenticare l’Avvenire

Il Governo Meloni, pur meritevole di aver messo in sicurezza i conti, non ha saputo tradurre la prudenza in opportunità. Ha abbracciato la logica contabile dell’austerità, fallendo nel compito più alto di un esecutivo: quello di stimolare la “ricchezza non egoistica” e la fioritura delle capacità di tutti. L’Italia è intrappolata in una manovra che è più una tattica di sopravvivenza che una strategia di sviluppo.

Se non si inverte la rotta, privilegiando investimenti per la crescita umana e produttiva sulle mere cifre di bilancio, la prudenza odierna si rivelerà il più grande atto di imprudenza nei confronti delle generazioni future. L’Italia ha bisogno di un’economia che non si limiti a tornare a un 3% di deficit, ma che sappia tornare a sognare e a realizzare una “felicità pubblica” che oggi appare drammaticamente lontana.

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