Quel politicamente corretto

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Dopo slogan, marce e cortei, in stile guerriglia in Europa, ecco la pace in nome del politicamente corretto(?).

Pro-Gaza, Pro-Paleastina, tutti uniti contro l’assedio di Gaza, contro l’occupazione della Palestina, da parte del tiranno israeliano. Giù per le strade, alle armi “compagni”. Gli slogan contro Israele e i risentimenti contro l’entità sionista, semita, alla faccia del politicamente corretto, insomma contro quel cattivone che da anni ha letteralmente strappato la libertà al popolo palestinese, vilipeso e oltraggiato, ma mai piegato e distrutto dall’arroganza degli assedianti, foraggiati, armati e spalleggiati dall’occidente, reo di aver solo peggiorato la situazione per oltre cinquant’anni, ma senza mai ribadire al mondo intero, che la Palestina non è quella terra promessa da Dio agli Ebrei, ma è quella terra dove Allah si rivelò ai profeti sul colle della moschea di Al-Aqsa, dove i fratelli hanno gettato il proprio sangue, immolandosi in nome della Palestina libera e di tutto il popolo palestinese. 
Sì, qualcosa che suonerebbe come il preludio ad una guerra senza quartiere, ad un mondo arabo irritato per lo strapotere di Davide e per la vicinanza delle nazioni occidentali, studiata perfettamente per avere un avamposto militare in chiave anti terrorismo, per avere una visuale completa oltre le dune del Wadi Araba, ma per avere anche con Tel Aviv e l’entourage politico sionista, un quadro chiaro sulle nuove estensioni geopolitiche determinate dal conflitto arabo-israeliano, reo di aver inasprito i rapporti tra Israele e gli stati confinanti, come Libano e Siria. L’Egitto? Dopo la guerra dello Yom Kippur il Cairo, si è cucita addosso il ruolo di quell’enclave politica che ha introdotto il discorso della pace e del cessate il fuoco, con il pro-Nobel Donald Trump che in venti punti, ha ridisegnato il piano di pace già operativo ed entrato in vigore nella Striscia di Gaza, con il graduale ritiro delle forze armate israeliane. 

Hamas resta comunque ancora al potere, mediando il rilascio degli ostaggi. Israele dal canto suo, chiede la smilitarizzazione di Hamas e il rilascio di tutti gli ostaggi. Ma quanto è lontana la soluzione a due stati proposta in primis dall’Italia? 

Intanto la nota positiva, per buona pace degli equipaggi della Global Sumud Flotilla e dei compagni Pro-Palestina, riguarda il passaggio degli aiuti umanitari e il ritorno a Gaza di migliaia di sfollati, che dovranno ripartire dalle macerie che hanno lasciato. Si ritratta per il rilascio dei prigionieri politici nella carceri israeliane, come Marwan Barghouti,  Tanzim e  uomo di punta appartenente all’ala militare di Al Fatah, confluito nelle brigate dei Martiri di Al Aqsa, arrestato nel 2002 e condannato all’ergastolo. Barghouti è solo uno dei nomi eccellenti, protagonista e promotore della prima e della seconda intifada, scampato poi ai processi di epurazione di Hamas scatenati nel 2007 contro lo stesso Fath e l’Autorità Nazionale Palestinese, Hamas ne richiede la liberazione insieme ad altri nominativi eccellenti da tempo in carcere, come Ibrahim Hamed, comandante delle Brigate Ezzedin al Qassam e Abbas al-Sayed, comandante militare e reo di aver colpito numerosi obbiettivi civili in Israele, tra cui il Netanya Park Hotel, per lui 35 ergastoli. Cronaca di una guerra preannunciata, lanci di accuse, da una parte e dall’altre, mentre l’arbitrato internazionale strizza l’occhio la Premio Nobel per la pace, Benjamin Netanyahu mantiene la parola e ordina il ritiro parziale delle forze israeliane da Gaza, ma con la condizione che dopo il rilascio degli ostaggi, Hamas sia smilitarizzata. Si lavora ancora per ridefinire quelle che sono le transazioni da una parte e dall’altra, come le richieste che da entrambe le parti sembrano andare nella giusta direzione, fino a convergere sul rilascio degli ostaggi, che potranno tornare a casa, da Lunedì in poi. Resta le lieta novella della pace. Rimane quel vuoto politico, o forse, quel rebus da risolvere per quanto riguarda la soluzione a due stati . 

Soluzione a due stati, con molti promotori in Europa, ma anche tanti pareri contrari. 

L’Italia è uno dei paesi dell’area mediterranea che propone una soluzione a due stati. Donald Trump, avanza per gradi, accelerando il processo di pace, ridisegnando i piani di pace, controllando ogni singolo movimento tra Gaza e Tel Aviv. Ma sulla soluzione a due stati, Washigton sembra nicchiare, o forse, vuole semplicemente prendere tempo. Benjamin Netanyahu allontana qualsiasi possibilità di una soluzione a due stati, ritenuta dal primo ministro israeliano infattibile. I segnali positivi arrivano da Italia ed Egitto, seppur Roma non riconosce lo stato di Palestina, (semplice dilemma burocratico?), ma allo stato attuale, prima ancora di arrivare ad una soluzione a due stati, ci sarebbero due punti fermi: la smilitarizzazione di Hamas e la ricostruzione di Gaza, totalmente distrutta. 
Intanto, la pace è tornata a ridare speranza al popolo palestinese, convinto ancora che la Palestina, sarà libera e indipendente.

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