Crack, la droga dei poveri

Attualità & Cronaca

Di

Consumo in crescita tra giovani e marginalizzati, dose a 5 euro, purezza al 90%, 35% dei decessi. Mancano farmaci specifici: un fenomeno che l’Italia fatica a misurare

La forma cristallizzata e fumabile della cocaina sta guadagnando terreno nelle metropoli europee e nelle periferie italiane, seguendo percorsi legati alla marginalità economica. Secondo la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2025, il 3,3% degli utenti in carico ai Servizi per le Dipendenze (SerD) dichiara di consumare crack. La percentuale reale potrebbe essere superiore considerando chi non accede ai trattamenti.

 

Il mercato italiano

Tra gli studenti delle scuole superiori, la prevalenza annuale di consumo di cocaina è dell’1,8%, con valori più elevati nelle fasce giovanili. Il crack, venduto a pochi euro per dose contro i 50-100 euro al grammo della cocaina in polvere, rappresenta un fenomeno di crescente attenzione da parte degli operatori sociali. Nel 2024, il 35% dei decessi per intossicazione acuta è stato attribuito a cocaina e crack, mentre i ricoveri ospedalieri legati a queste sostanze costituiscono circa il 30% del totale dei ricoveri per droghe.

 

I sequestri rivelano crack con concentrazioni di principio attivo fino al 90%, una purezza che aumenta i rischi cardiovascolari e neurologici. Nel 2024, i sequestri di cocaina nei porti italiani hanno registrato una contrazione del 44%, in linea con la diminuzione europea del 50%, con indicazioni di frammentazione dei carichi e uso di nuovi canali di ingresso.

 

Giovani e nuove sostanze psicoattive

Nel 2024, tra gli studenti italiani di età 15-19 anni, il 21% ha fatto uso di cannabis nel corso dell’anno. Le nuove sostanze psicoattive (NPS) mostrano una prevalenza del 5,8% e rappresentano circa il 10% dei consumi complessivi, con la maggior parte degli acquisti effettuata online. I cannabinoidi sintetici mantengono una prevalenza elevata, con effetti tossici più marcati rispetto alla cannabis naturale. L’assenza di dati precisi sulla composizione e sulla dose aumenta i rischi per i giovani consumatori.

 

Scenario europeo e globale

In 6 città su 19 monitorate nel 2023, la cocaina è stata rilevata in oltre il 50% delle siringhe analizzate. Dublino con il 90%, Barcellona con l’89%, Salonicco con il 73%, Riga con il 64%, Colonia con il 62% e Madrid con il 56%. Questi dati indicano un uso iniettivo in crescita, con conseguenze sanitarie rilevanti. Nell’ultimo decennio, l’Europa ha registrato almeno 7 focolai documentati di HIV in città, causati almeno in parte dall’iniezione di stimolanti.

 

L’Amazzonia brasiliana registra l’introduzione del crack nelle comunità indigene, con scenari drammatici: bambini di 12 anni che lo usano, famiglie che incatenano i parenti dipendenti per impedire ulteriori abusi.

 

Nelle periferie italiane, giovani e persone in difficoltà economica sono i principali consumatori, spesso invisibili ai servizi (ph: Unsplash+)

Le rotte del traffico

I canali di approvvigionamento si stanno diversificando. Mentre i porti del Nord Europa restano nodi principali, l’uso di container commerciali, piccole imbarcazioni e corrieri aerei frammentati complica le operazioni di contrasto.

 

La produzione rimane concentrata in Colombia, Perù e Bolivia, ma le rotte attraversano ora anche l’Africa occidentale prima di raggiungere l’Europa. Le organizzazioni criminali hanno adottato tecniche di occultamento più sofisticate e spedizioni frazionate per ridurre le perdite in caso di sequestro.

 

Costi socioeconomici

Il consumo di crack genera costi diretti e indiretti misurabili. I costi sanitari includono ricoveri in pronto soccorso, trattamenti per patologie correlate e programmi di riabilitazione. I costi sociali comprendono criminalità acquisitiva, perdita di produttività lavorativa, disagio abitativo e frammentazione familiare. Secondo stime europee, ogni consumatore problematico di cocaina genera costi sociali stimati tra 20.000 e 45.000 euro annui, considerando sanità, giustizia e assistenza sociale. La spesa pubblica italiana per i SerD nel 2023 è stata di circa 320 milioni di euro, ma questo copre tutte le dipendenze e raggiunge solo una frazione degli utenti.

 

Effetti sulla salute

Il crack provoca stimolazione del sistema nervoso simpatico con conseguenze cardiovascolari immediate: infarto miocardico, aritmie, dissezione aortica. L’inalazione produce picchi rapidi seguiti da discese brusche, aumentando il craving e il rischio di assunzioni ripetute. Le complicanze neurologiche includono convulsioni, psicosi acute e danni cerebrali. La mortalità tra i consumatori è significativamente superiore alla popolazione generale, con overdose e malattie infettive come principali cause. Sul piano psichiatrico, l’uso prolungato si associa a disturbi psicotici persistenti, paranoia e disturbi dell’umore.

 

L’uso di crack in gravidanza espone il feto a rischi di distacco placentare, parto prematuro, basso peso alla nascita e sintomi di astinenza neonatale. Gli effetti a lungo termine sui bambini esposti includono problemi comportamentali e di sviluppo cognitivo, anche se difficili da separare dagli effetti ambientali del contesto familiare.

 

Terapie farmacologiche

Non esistono farmaci approvati specificamente per la dipendenza da crack. Il topiramato, anticonvulsivante che modula i sistemi GABAergico e glutammatergico, rappresenta il farmaco più studiato. Uno studio brasiliano randomizzato e controllato ha mostrato che il topiramato, quando usato in combinazione con la terapia cognitivo-comportamentale, può essere efficace nel ridurre l’uso di cocaina a breve termine.

 

Altri farmaci

Il disulfiram, farmaco utilizzato per l’alcolismo, ha mostrato qualche segnale di efficacia nel trattamento della dipendenza da cocaina. Una revisione Cochrane del 2025 ha analizzato 13 studi con 1.191 persone dipendenti da cocaina, con trattamenti della durata media di tre mesi, rilevando risultati modestamente favorevoli ma non conclusivi.

 

Il modafinil, farmaco per la narcolessia, è stato testato in numerosi trial. Una meta-analisi del 2017 ha concluso che non esistono evidenze di superiorità del modafinil nell’aumentare l’astinenza da cocaina e il tasso di ritenzione in trattamento.

Sul fronte degli stimolanti, bupropione, dexamfetamina e sali misti di amfetamina hanno dimostrato maggiore efficacia rispetto al placebo nel raggiungere un’astinenza sostenuta da cocaina.

 

La ricerca su vaccini anti-cocaina, che stimolerebbero la produzione di anticorpi per bloccare l’ingresso della sostanza nel cervello, è in fase sperimentale. I trial hanno mostrato risposte immunitarie variabili tra i partecipanti, con alcuni individui che sviluppano protezione significativa mentre altri rispondono poco. Nessun vaccino ha ancora ricevuto approvazione regolatoria.

 

Terapie comportamentali

Le terapie comportamentali rappresentano il pilastro del trattamento. La terapia cognitivo-comportamentale aiuta a identificare trigger, modificare schemi di pensiero disfunzionali e sviluppare strategie di coping. Il contingency management, con rinforzi positivi per test antidroga negativi, aumenta la ritenzione e la durata dei periodi di astinenza. Il Community Reinforcement Approach (CRA) mostra efficacia moderata nel trattamento di cocaina, alcol ed eroina. Gruppi di supporto e comunità terapeutiche residenziali sono indicati per i casi più gravi con deterioramento sociale marcato.

 

La retention in trattamento resta problematica. Fra il 30% e il 50% degli utenti abbandona i programmi entro i primi tre mesi. I fattori predittivi di abbandono includono scarso supporto sociale, comorbidità psichiatrica non trattata, instabilità abitativa e mancanza di motivazione intrinseca. I programmi che integrano supporto abitativo, assistenza sanitaria di base e inserimento lavorativo mostrano tassi di ritenzione superiori.

 

Riduzione del danno

Alcune regioni europee hanno attivato programmi di riduzione del danno: distribuzione di pipe pulite, stanze del consumo protetto e servizi di testing delle sostanze. Questi interventi mirano a ridurre i danni sanitari immediati, non l’astinenza. La copertura dei servizi resta limitata e incontra resistenze politiche e sociali.

 

In Italia, le sale del consumo protetto non sono autorizzate per vincoli normativi, mentre la distribuzione di materiale sterile per l’iniezione è disponibile in alcune città attraverso unità mobili e servizi a bassa soglia. I progetti pilota di drug checking, che permettono l’analisi anonima delle sostanze per identificare adulteranti pericolosi, sono attivi in forma sperimentale in alcune realtà locali ma senza un quadro normativo nazionale.

 

Prevenzione

Gli interventi di prevenzione primaria nelle scuole mostrano efficacia limitata quando basati solo su informazione. I programmi più efficaci combinano sviluppo di life skills, resistenza alla pressione dei pari e coinvolgimento familiare. Le campagne di comunicazione generaliste hanno impatto modesto sul comportamento, mentre interventi mirati su popolazioni ad alto rischio ottengono risultati migliori.

 

La prevenzione secondaria, rivolta a consumatori occasionali prima dello sviluppo di dipendenza grave, è poco sviluppata in Italia. Programmi di brief intervention in pronto soccorso e servizi sociosanitari potrebbero intercettare utenti non ancora in carico ai SerD, ma richiedono formazione specifica degli operatori e risorse dedicate.

 

Il dibattito sulle droghe oppone misure punitive a politiche di salute pubblica e prevenzione (ph: iStock)

Il nodo della politica

Il dibattito sulle politiche si concentra su due approcci. Il modello proibizionista con focus su repressione e trattamento obbligatorio, e il modello di salute pubblica con depenalizzazione del consumo e investimenti in prevenzione e riduzione del danno.

 

Il Portogallo, che nel 2001 ha depenalizzato il possesso per uso personale di tutte le droghe, ha registrato inizialmente diminuzione di overdose e HIV, ma negli ultimi anni ha visto aumentare i consumi tra i giovani e i decessi, generando dibattito sulla sostenibilità del modello.

 

Le raccomandazioni internazionali dell’OMS e dell’UNODC sottolineano l’importanza di approcci basati su evidenze, accesso universale ai trattamenti, rispetto dei diritti umani e integrazione tra servizi sanitari e sociali. La Strategia Antidroga dell’UE 2021-2025 promuove equilibrio tra riduzione dell’offerta e della domanda, con attenzione a popolazioni vulnerabili.

 

Lacune nei dati

I sistemi di monitoraggio presentano limiti significativi. I dati sui consumi si basano su auto-dichiarazioni in indagini campionarie o su utenti in trattamento, escludendo consumatori nascosti. Le stime di prevalenza del crack specificamente sono scarse perché spesso aggregato alla cocaina nelle statistiche. I decessi correlati sono sottostimati per difficoltà nell’attribuzione causale quando coesistono poliabuso e patologie pregresse.

 

Mancano dati longitudinali su esiti a lungo termine dei trattamenti e su efficacia comparata degli interventi. La ricerca italiana è limitata da finanziamenti scarsi e frammentazione tra centri. I registri nazionali delle dipendenze non sono integrati con altri database sanitari, rendendo difficile una valutazione complessiva dell’impatto sulla salute pubblica.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube