L’eredità di un innovatore dimenticato del XX secolo
Nel borgo medievale di Poli, sui Monti Prenestini, la presentazione del libro di Carla Di Donato “Alexandre Salzmann e la scena del XX secolo” (Carocci editore), ha inaugurato “Le giornate della cultura”, una rassegna dedicata a teatro, letteratura e arti visive.
L’evento, ospitato al Museo Civico del Territorio e moderato dal giornalista Giovanni Ierfone insieme al musicista Luca Angeletti, che ha accompagnato la serata con un intermezzo musicale dedicato a Battiato, ha richiamato un pubblico numeroso e attento.
A introdurre l’appuntamento è stato il Sindaco di Poli, Federico Mariani, sottolineando il valore del teatro come forma di conoscenza e rappresentazione collettiva. “La cultura – ha osservato Mariani – è un modo necessario per interpretare e comprendere la realtà che ci circonda. Ogni evento di questo genere contribuisce a costruire una comunità più consapevole delle proprie radici e più aperta al confronto”.
Un sistema che trasforma la luce in musica
Alexandre Salzmann (1874-1934), pittore, scenografo e sperimentatore di origine russa naturalizzato tedesco, è stato uno dei protagonisti più innovativi della scena teatrale del primo Novecento. Sviluppò un approccio alla scenografia che ribaltava la concezione tradizionale dell’illuminotecnica. Non si trattava di illuminare il palcoscenico, ma di fare della luce stessa il soggetto della rappresentazione. Nel suo sistema, brevettato in Germania e successivamente distrutto durante i bombardamenti della Prima guerra mondiale, considerava la luce non come strumento per illuminare, ma come linguaggio narrativo e musicale.
“Il nostro sistema di illuminazione è regolato dalla musica. Solamente dalla musica”, scriveva Salzmann. L’idea era quella di creare un “pentagramma luminoso” in cui ogni variazione cromatica e di intensità seguisse le dinamiche dell’orchestra. L’assenza totale di luce corrispondeva al silenzio musicale.
La sala veniva trasformata in un’installazione elettrica. Pareti laterali e soffitto diventavano superficie luminosa. Non più una scena illuminata dall’esterno, ma una “scena illuminante”, in cui lo spazio dello spettatore e quello scenico si fondevano. Il contrasto netto tra platea buia e palco illuminato spariva, lasciando posto a un’armonia corale di luce, colore, forma e movimento.
Il progetto Hellerau e l’influenza di Gurdjieff
Il sistema di Salzmann trovò applicazione concreta nel progetto Hellerau, una comunità-laboratorio alle porte di Dresda dove si sperimentavano nuove forme di espressione artistica. Qui Salzmann collaborò con alcune figure centrali delle avanguardie europee e sviluppò quello che Di Donato definisce “teatro oltre i sensi”, un’esperienza che coinvolgeva lo spettatore non solo sul piano visivo, ma attraverso la sincronizzazione di luce, suono e movimento.
Determinante fu il legame con Georges Ivanovič Gurdjieff. Il filosofo e maestro spirituale armeno utilizzò il sistema luminoso di Salzmann per le “Dimostrazioni dei movimenti”, sequenze coreografiche che univano danza, musica sacra e ricerca interiore. Il concetto di illuminazione, ideato da Salzmann, amplificava il significato di questi gesti, creando atmosfere che guidavano la percezione del pubblico, senza ricorrere alla narrazione tradizionale.

Luca Angeletti ha accompagnato la presentazione con brani originali e una rivisitazione personale di Battiato (Ph: Gionata)
La ricostruzione in California e l’eredità moderna
Negli anni Settanta del Novecento, il sistema di Salzmann venne ricostruito integralmente a San Francisco grazie all’industriale Lord Pentland, promotore della diffusione dell’opera di Gurdjieff. In quella sede si tennero nuove “Dimostrazioni dei movimenti” di Gurdjieff con la luce originale di Salzmann.
Tra gli osservatori vi fu anche il regista britannico Peter Brook, che ne trasse spunti decisivi per la sua ricerca su un teatro fondato sull’unità percettiva tra attore, spazio e spettatore.
Le riprese effettuate durante quelle dimostrazioni, rinvenute nel 2007 da Carla Di Donato e da Alexandre de Salzmann, erede diretto dell’artista, sono conservate in un archivio privato. Questi documenti rappresentano una testimonianza rara di un’innovazione che anticipa di decenni il teatro immersivo e le installazioni artistiche contemporanee.
L’influenza di Salzmann si estende anche alla musica. Infatti, nel corso della serata a Poli, il musicista Luca Angeletti ha dedicato un intermezzo a Franco Battiato, artista che nelle sue opere ha esplorato temi vicini alla ricerca spirituale di Gurdjieff e alle sperimentazioni sensoriali del teatro d’avanguardia.
Una riscoperta necessaria
A quasi un secolo dalla morte di Salzmann, il libro di Carla Di Donato si propone di colmare un vuoto storiografico. L’artista, che ha fatto della luce uno strumento narrativo autonomo, è rimasto in ombra, schiacciato dalle figure più note delle avanguardie novecentesche. Eppure le sue intuizioni attraversano il teatro e l’arte contemporanea, dalle regie di Robert Wilson alle installazioni di James Turrell, protagonisti che hanno fatto della luce il materiale primario della loro ricerca espressiva.
Il teatro, come ricorda Di Donato, è un luogo di osservazione e di rappresentazione, porta alla luce aspetti della vita umana che altrimenti resterebbero nascosti. Proprio come fece Salzmann con la sua luce che suonava.














