Nonostante la notevole forza militare messa in campo dalla Russia, le colonne militari avanzano lentamente verso la capitale. Le forze armate ucraine resistono contro l’armata rossa, e Kiev circondata non getta la spugna.
I successi russi lampo nei primi giorni diventano sempre più sofferti sul fronte orientale del fiume Dniplaro, che divide l’Ucraina in due parti la zona orientale del Donbass filo russa da quella occidentale filo europea.
Le città ucraine nonostante i massicci bombardamenti non firmano la resa.
Uno dopo l’altro vengono distrutti tutti i Target sensibili e strategici del paese, ma gli ucraini resistono. La diplomazia nella situazione di stallo, fa breccia.
Mosca messa di fronte alla inaspettata resistenza ucraina e alle pesanti sanzioni occidentali, opta per un compromesso dopo aver valutato i punti di forza e debolezza. Sulla stessa linea di Mosca si pone anche Kiev dopo aver avuto contezza dell’impossibilità di una vittoria militare. Il presidente ha capito che senza un aiuto militare della NATO l’Ucraina non ha speranza. Un presidente egocentrico che non ha capito che l’intervento della NATO avrebbe scatenato la 3° Guerra Mondiale.
Ma si è rinsavito e ha accettato di sedersi al tavolo con i russi sperando di ottenere il più possibile dalle trattative.
Mosca metterà sul tavolo le sue condizioni per il ritiro delle forze armate sino a una linea concordata con Kiev, in cambio della neutralità dell’Ucraina. Il presidente Zelensky chinerà il capo e sottoscriverà il protocollo.
Dopo questo primo trattato di accettazione da parte di Kiev, si passerà a quello allargato che unirà al tavolo Russia, Stati Uniti e Europa, una rivisitazione di quello di Yalta del febbraio 1945 in cui verranno sottoscritti trattati segreti, una sorta di Argonaut 2.0, con cui si deciderà il nuovo assetto per la sicurezza dell’Europa.
Maurizio Compagnone
Analista Geopolitico