Aborto o non aborto: questo è il problema!

Ambiente, Natura & Salute

Di

Avv. Giovanna Barca – Le Avvocate Italiane

L’America fa ancora parlare di sé in questi giorni.

Non è l’Afghanistan questa volta l’argomento principale, ma ha, comunque, indirettamente, un qualcosa a che vedere con principi che ricordano una sottile dittatura o una violazione del libero arbitrio tanto cara ai signori talebani.

Il Texas è diventato il primo stato americano a vietare l’aborto già dalla sesta settimana, periodo nel quale, a volte le donne potrebbero ancora non essere consapevoli di aspettare un figlio o una figlia.

La norma in questione è il Senate Bill 8, entrata in vigore il primo settembre di quest’anno, non bloccata dai giudici della Corte Suprema con cinque voti contro quattro, firmata lo scorso maggio dal Governatore repubblicano Greg Abbott, che permette a chiunque di denunciare chi pratica gli aborti, aprendo la strada alle associazioni antiabortiste molto presenti nello Stato che potrebbero farlo anche con motivazioni pretestuose.

La legge, chiamata anche “heartbeat bill” (letteralmente legge del battito cardiaco), vieta l’interruzione volontaria della gravidanza una volta che il personale medico abbia riscontrato attività cardiaca nell’embrione, di solito attorno alle sei settimane, anche se non si è sviluppato un cuore vero e proprio.

Il New York Times ha commentato la notizia in questo modo: “la legge è stata redatta in modo da renderla difficile da contestare in tribunale.

Di solito, una causa che cerca di bloccare una legge perché è incostituzionale nominerebbe i funzionari statali come imputati.

Ma la legge del Texas impedisce ai funzionari statali di farla rispettare e invece delegittima i privati a citare in giudizio chiunque esegua la procedura o la aiuti e favorisca”.

Immediate le proteste da parte delle cliniche che praticano gli aborti: “Questa legge ridurrebbe immediatamente e catastroficamente l’accesso all’aborto in Texas, impedendo l’assistenza ad almeno l’85 % delle pazienti abortiste del Texas (quelle che sono incinte di sei settimane o più) e probabilmente costringendo molte cliniche abortiste a chiudere”.

Una legge considerata incostituzionale, secondo i maggiori giuristi, quella del Senate Bill 8, che viola palesemente il diritto costituzionale stabilito dalla sentenza Roe v Wade” nel 1973, oppositiva dei diritti delle donne, le quali rischiano, soprattutto quelle con un reddito basso, di perdere concretamente il diritto di accedere all’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno.

La storica sentenza citata ha rappresentato per anni uno dei principali precedenti riguardo alla legislazione sull’aborto. Il caso vedeva la sig.ra Norma McCorvey, alias Jane Roe (nome scelto ai fini processuali per tutelarne la privacy), di origini Cherokee e Cajun, la quale, dopo una adolescenza tormentata, a 16 anni si sposa con un uomo violento dal quale ha due figlie. Mentre è incinta del terzo figlio, viene contattata da un team di avvocatesse, delle quali la più celebre è Sarah Weddington, le quali decidono di portare il caso di Norma in tribunale, per affermare il suo diritto ad abortire.

Nel 1972 la causa arriva alla Corte Suprema degli Stati Uniti che, con sentenza del 22 gennaio 1973, con una maggioranza di 7 giudici, riconobbe il diritto all’aborto anche in assenza di problemi di salute della donna, del feto e di ogni altra circostanza che non fosse la libera scelta della donna, interpretando il quattordicesimo emendamento in maniera sicuramente più rivoluzionaria.

Secondo questa interpretazione, accolta per lungo tempo dalla giurisprudenza costituzionale statunitense, esiste un diritto alla privacy inteso come diritto alla libera scelta di ciò che attiene alla sfera più intima dell’individuo. La Corte suprema riconosceva il diritto all’aborto in un’ottica di limitazione dell’ingerenza statale. La sentenza enunciava, dunque, due principi:

  • l’aborto è possibile per qualsiasi ragione la donna lo voglia fino al punto in cui il feto diventa in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno, anche con l’ausilio di un supporto artificiale. Questa condizione si verifica in media intorno ai sette mesi (28 settimane), ma può presentarsi prima, anche alla 24ª settimana;
  • in caso di pericolo per la salute della donna, l’aborto è legale anche qualora la soglia oltre il quale il feto è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno sia stata sorpassata.

C’è da dire che la sentenza Roe contro Wade ha influenzato la politica nazionale statunitense per parecchio tempo, le leggi di 46 Stati, dividendo gran parte del paese tra pro-Roe (per la libertà di abortire) e pro-Wade (per il diritto alla vita) e ispirando gruppi di attivisti su entrambi i fronti.

Oggi, dopo anni, si è tornati a dibattere sulla questione aborto, dopo l’approvazione della legge del 1 settembre 2021, riaprendo la questione su alcuni dei  seguenti aspetti:

  • in quali circostanze l’aborto dovrebbe essere illegale;
  • chi dovrebbe decidere quali siano tali circostanze;
  • quali atteggiamenti la Corte Suprema dovrebbe adottare nel dirimere tali questioni;
  • quanto dovrebbero essere tenuti in considerazione i punti di vista religiosi e morali nella sfera politica.

Sta di fatto che sicuramente dopo l’approvazione di tale legge, parecchie donne ricorreranno all’aborto clandestino, ricorrendo anche a servizi sanitari di non alta qualità, mettendo a rischio la propria incolumità, o saranno costrette a portare a termine gravidanze contro la loro volontà, con conseguenze psicologiche devastanti.

Nella legge texana c’è persino un invito ai cittadini a denunciare e fare causa contro chi pensa che abbia aiutato una persona ad abortire: da chi accompagna la persona in ospedale al personale medico. Se la causa ha successo arriva anche un premio in denaro, diecimila dollari.

Insomma, si legalizza, in questo modo, un po’ come sta succedendo a Kabul, se vogliamo riprendere l’inizio di questa riflessione, una vera e propria caccia alle streghe!

La moralità delle donne ancora è stata messa sotto accusa e sottoposta ai giudizi di un tribunale a cui non è permesso capire le motivazioni intime profonde di una futura mamma, che viene comunque lasciata in solitudine a decidere se far nascere il proprio bambino oppure restituirlo nelle mani divine, dove troverà la pace. 

Ragazze mie, cominciamo veramente ad avere paura per noi stesse:  il Medioevo è alle porte!

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