Alla politica italiana è estranea la linea guida rappresentata dall’amor patrio

Politica

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“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Per seguire una indicazione espressa dalla Meloni dirò che la scelta del Presidente della Repubblica dovrebbe cadere su una persona dotata di sentimenti patriottici che per me sono prepotentemente presenti nel dettato costituzionale.

La nostra Costituzione, scritta da persone di altri tempi che avevano una visione molto ampia circa il destino dei popoli, detta norme che prevedono l’adeguamento dell’ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute e, per tale motivo, consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuovendo e favorendo le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo (esercizio della sovranità).

Ergo, il sentimento europeistico rientra legittimamente nel sentimento patriottico. Speriamo che l’amor patrio sia inteso da tutti nel senso di cui sopra.

Venendo a noi e a questi momenti, i GRANDI ELETTORI, proprio perché componenti del Parlamento, dovrebbero lasciarsi guidare dal senso dello Stato e non da altre motivazioni estranee al compito loro assegnato dalla Costituzione. Purtroppo, però, non è così. Alcuni di loro si muovono non guardando all’interesse generale, ma al particulare che, nel presente, è rappresentato dal loro tornaconto personale.

Quale?

Per i parlamentari al loro primo mandato il diritto alla pensione scatta il 24 settembre 2022, per cui si dichiarano disponibili a sostenere qualsiasi candidatura ad occupare lo scranno quirinalizio, purché garantisca loro il proseguimento della legislatura almeno sino al 24 settembre 2022. Sono, dunque, propensi a sostenere una candidatura che meglio garantisca loro una pensione che gli altri lavoratori conseguono dopo oltre quaranta anni di lavoro. Condivido con voi: lo scopo, miserevole, non è degno di un rappresentante del popolo.

A meno che non si ipotizzi che essi, comunque, rappresentino una grossa fetta di elettorato che scambia la politica come una questione strettamente personale e, quindi, propensi a giustificare scelte scellerate, scambiando il Parlamento come un luogo deputato ad assicurare loro uno stipendio e una pensione per il loro futuro. Anzi, alcuni di loro si offrono sul mercato acquisti come merce degradata. Mercato che l’ex cavaliere conosce così bene da averlo utilizzato, più volte, con successo! Successo per sé ma in danno dello Stato. CHE TRISTEZZA!

 Raffaele Vairo

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