Ascesa e rovinosa caduta di Calisto Tanzi, l’uomo che inventò la Parmalat

Economia & Finanza

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Il crack del gruppo di Collecchio rappresentò uno shock per la finanza italiana e trascinò nella voragine 80.000 risparmiatori che avevano sottoscritto i bond della società.

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© PAOLO COCCO / AFP
– Parmalat
 

 

AGI – Era l’inizio del 2003, il fallimento di Lehman Brothers sarebbe arrivato solo cinque anni dopo ma lo scandalo Parmalat rappresentò la fine di quello che era considerato un modello industriale e finanziario italiano.

Il crack del gruppo di Collecchio e le accuse nei confronti del suo ‘creatore’, Calisto Tanzi e del direttore finanziario Fausto Tonna rappresentò uno shock per la finanza italiana e trascinò nella voragine, non solo i vertici della società, ma anche, soprattutto, 80.000 risparmiatori che avevano sottoscritto i bond della società.

Venne fuori un passivo di 14 miliardi di euro a fronte dei 5 dichiarati in bilancio. Di questi circa 10 miliardi erano stati ottenuti attraverso l’emissione di obbligazioni.

Dalle stelle alle stalle

Quello che sembrava un modello di successo imprenditoriale si dimostrò un esempio di malagestione, costruito attraverso un intreccio tra imprenditoria e politica.

Parmalat, fondata da Tanzi nel 1961, quotata in Borsa nel 1990, contava circa 36.000 dipendenti, 139 stabilimenti nel mondo con una presenza in 4 continenti.

Insomma una vera e propria multinazionale alimentare che con il tempo aveva esteso il proprio business al calcio, con l’acquisizione nel 1990 del Parma Calcio con cui Tanzi conquistò ben 8 trofei (tra cui la Coppa delle Coppe nel 1992-93 e due coppe Uefa nel 94-95 e nel 98-99), al turismo e all’editoria con Odeon Tv.

Il più grande scandalo d’Europa

La vicenda viene considerata il più grande scandalo del genere realizzato da una società privata in Europa e la magistratura e la stampa accertarono che l’inizio di tutto è da far risalire agli inizi degli anni ’90, a quegli intrecci tra politica e imprenditoria che in Italia non hanno mai portato cose buone.

In bilancio, la società aveva certificato di avere perdite di 5 miliardi e un fatturato di 7,5 miliardi. Una situazione assolutamente gestibile. Tuttavia, quello che insospettì gli analisti finanziari fu il fatto che il gruppo continuasse a emettere obbligazioni nonostante dicesse di avere una liquidità di 3,9 miliardi.

I primi a rendersi conto di questa anomalia furono gli analisti di Merryl Lynch (che nel 2008 fu acquistata da Bank of America, dopo essere a sua volta entrata in crisi per la vicenda dei mutui subprime) che nelle raccomandazioni agli investitori consigliarono ‘sell’, ovvero di vendere il titolo. Unica banca d’affari a rendersi conto che nel bilancio di Parmalat qualcosa non andava.

Quando a febbraio del 2003, il direttore finanziario Tonna decise una nuova emissione da 300 milioni il titolo crollò in Borsa. Il mercato cominciò a non fidarsi più e chiese interessi più alti per acquistare il bond. Tonna fu costretto a ritirare l’emissione. A sua volta Tanzi sostituì il direttore finanziario con Alberto Ferraris proprio per rassicurare gli investitori.

Nel processo, un solo colpevole

Alla fine del processo il colpevole fu individuato solo ed esclusivamente nel patron Tanzi che venne condannato a 17 anni e 5 mesi per bancarotta e associazione a delinquere e a 8 anni per aggiotaggio e Tonna con una condanna di quasi 9 nove anni.

Ne uscirono assolte le banche che avevano curato nel tempo le emissioni obbligazionarie. Alla fine del 2003, il 15 dicembre, di fronte a una situazione finanziaria ormai insostenibile, Tanzi decise di dimettersi da presidente e ad di Parmalat lasciando il posto al commissario straordinario Enrico Bondi. “Ho deciso – disse Tanzi in quella occasione – d’intesa con il consiglio di amministrazione, di compiere un passo indietro. Parmalat ha bisogno, in questo momento, di una svolta”.

La liquidità fantasma

Pochi giorni dopo, il 19 dicembre, Bank of America dichiarò che i 3,95 di attivo della Parmalat, non esistevano e qualche giorno dopo fu scoperto che il documento che ne attestava l’esistenza era stato contraffatto. Il 22 dicembre Tanzi viene iscritto nel registro degli indagati per falso in bilancio dalla Procura di Milano e nel frattempo il valore dell’azione crolla a 0,11 centesimi di euro. L’imprenditore viene arrestato il 27 dicembre 2003 dopo un misterioso viaggio-lampo a Quito, capitale dell’Ecuador. Nessuno è mai riuscito a capire il motivo del viaggio ma molti hanno il sospetto che Tanzi abbia messo al riparo un tesoretto di 800 milioni.

Il risanamento di Enrico Bondi

Nel frattempo Bondi risana e rilancia il gruppo, capendo che la struttura industriale è sana e che i problemi erano solo nella finanza. È convinto che il problema di Parmalat non sia solo Tanzi, comincia diverse battaglie legali recuperando dalle banche oltre un miliardo di euro. Bondi fa di Parmalat una public company, senza un azionista forte e con una notevole liquidità (quasi 1,5 miliardi) che attira le mire di altri gruppi.

Ad avere la meglio è la francese Lactalis che lancia un’opa da 4 miliardi e conquista il gruppo italiano nel luglio 2011. Parmalat diventa francese e finisce così la storia di una multinazionale italiana. 

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