Aspettando Sanremo, negli anni Ottanta si accentua la trasgressione nelle canzoni

Arte, Cultura & Società

Di

di Stefania Romito

Negli anni ’80 la trasgressione sia linguistica che come attitudine di vita diventa consuetudine. Si assiste a un consolidamento della tendenza a utilizzare termini provocatori. La censura sembra diventare più tollerante. Sono gli anni caratterizzati dal boom economico, dal consumismo,  dai miti americani e da un dilagante ottimismo che finisce, inevitabilmente, per riflettersi anche nelle canzoni.

Gli ambiti in cui si sviluppa la musica leggera in questo periodo sono diversi e variegati. Da un lato la canzone d’autore riconferma l’alto livello di testi e musica con Franco Battiato. Contemporaneamente, il candore delle canzoni di Albano e Romina, che si rifanno agli schemi tradizionali con un linguaggio di immediata comprensione, associato a ritornelli orecchiabili, fanno da contraltare a quelli in direzione di un linguaggio innovativo di nuovi cantanti destinati a dominare il panorama musicale italiano negli anni successivi. Vasco Rossi partecipa a Sanremo con Vado al massimo (‘82) un testo dalle frasi volutamente ripetitive che nasconde un’ironica risposta al giornalista scrittore Nantas Salvalaggio (nel testo viene apostrofato come “quel tale che scrive sul giornale”). Vasco Rossi doveva aver ricevuto delle critiche dal giornalista per il suo stile di vista sregolato. Anche nei testi delle canzoni di Vasco Rossi sono frequenti errori grammaticali che potrebbero avere come finalità il fatto di privilegiare la metrica musicale, come nel caso della sua “Un senso”: “Voglio trovare un senso a tante cose, anche se tante cose un senso non ce l’ha”.

Eros Ramazzotti con “Terra promessa” apporta nel testo l’ottimismo tipico delle giovani generazioni d’allora. “Noi non ci fermeremo. Non ci stancheremo di cercare Il nostro cammino. Noi non ci fermeremo, non ci stancheremo, ed insieme noi troveremo, una terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri”. Il mondo rappresentato, così come anche il linguaggio utilizzato, è quello delle giovani generazioni. Infatti già a partire dagli anni Settanta si era iniziato a produrre musica e testi che hanno cominciato a scavare un abisso sempre più profondo tra le generazioni.

Un ulteriore passo in direzione di un linguaggio il più possibile vicino al gergo giovanile l’ha compiuto in questi anni Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti. La sua canzone “Vasco” (Sanremo 1989) contiene termini come “figata”, errori grammaticali come “facciamo i scemi. Tu vai a letto, tu e le tue amiche m’avete rotto”, rifacendosi alla madre. È probabile che le imprecisioni linguistiche presenti di frequente nei suoi testi siano per lo più finalizzate a farsi portavoce di un linguaggio tipico delle giovani generazioni che va verso una semplificazione linguistica. Ciò si evince chiaramente in “Ragazzo fortunato”, canzone in cui l’autore canta: “Sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno”.

Testi di questo tipo convivranno con testi di alto livello stilistico e sintattico, come quello di “Almeno tu nell’universo” (scritta nel ’72 da Bruni Lauzi e Maurizio Fabrizio e cantata da Mia Martini). Il testo del brano, scritto col pretesto di essere una lettera, focalizza alcuni aspetti negativi della società contemporanea: come l’incoerenza della gente, intesa come amorfa e indistinta massa di persone, ma anche la sua ipocrisia.

 

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