Badao ogni parola ha un perché

Arte, Cultura & Società

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Ogni parola è un perché, è un pamphlet sui generis, tra il serio e il faceto sull’uso, la storia e la conoscenza delle parole, un divertissement, un utile spunto di riflessione, adatto anche ai più giovani che hanno perso l’attenzione alla parola, una sorta di guida non tecnica che ognuno può completare autonomamente.

Strutturato come un nuovo vocabolario su una rosa di termini scelti, Gianluca Giagni, ingegnere di professione, legge o meglio rilegge in queste pagine la realtà attraverso la chiave della sicurezza, mettendo in relazione l’uso comune, spesso inconsapevole della ricchezza che si cela dietro una parola, e l ’impiego tecnico, la storia dei termini. Così è in modo fortemente simbolico la ‘casa’, luogo per eccellenza dove ripararsi, dove ritrovare sé stessi ma anche piena di insidie. Bene mette in luce l’uso abituale del termine, il senso originario, l’evoluzione storica, per stimolare una riflessione cercando di oltrepassare sia l’impiego corrente di un termine sia quello tecnico.

Non è infatti un saggio questo libro edito e distribuito da G2 Studio srls – 112 pagine – uscito a fine ottobre on line e a fine novembre in libreria – ma un gioco intellettuale, un campanello che suona per spingerci a guardare la realtà non in modo banale.

Lo stesso autore lo definisce “senza dubbio un nuovo esperimento. Nelle mie prime tre pubblicazioni ho cercato di affrontare le tematiche in modo differente, sempre rivolto al cittadino e alla sua cultura; a un pubblico certamente non solo tecnico. Qui invece, ho messo a nudo, il mio modo di guardare il mondo con occhi diversi, ossia cerco di trasferire le immagini che durante un viaggio si accavallano nella nostra mente. La memoria è selettiva e nel viaggiare ognuno di noi conserva ricordi, colori, sapori e tradizioni in maniera unica.

Il mio viaggio di Thailandia è stato certamente carico e pieno di emozioni che, come sempre, ho voluto condividere con i lettori quello che osservavo legandolo al mio modo di fare cultura e prevenzione nelle cose di tutti i giorni.” Il viaggio è quella dimensione di instabilità, di avventura, sia essa in cerca di qualcosa o in fuga, che rappresentando comunque l’uscita da una zona di comfort, ci mette alla prova, come quando ci si affaccia da un’altura per ammirare il paesaggio, vedere le cose da un punto di vista inedito, complessivo, dovendo però superare il senso di vertigine.

Ecco perché la prospettiva della sicurezza si presta particolarmente bene all’associazione con il viaggio. Nel libro la narrazione si svolge su un doppio binario, quello dell’esame dei termini e le tappe del viaggio dell’autore in Thailandia, che suggerisce la scelta delle parole.

Al di là dell’escamotage narrativo, un mondo nuovo ridisegna le nostre parole, ci fa scoprire delle equivalenze perché la traduzione lascia comunque delle aree scoperte e rimette in discussione l’interpretazione delle parole che utilizziamo.

Questa considerazione fa venire in mente quanto sosteneva il filosofo tedesco padre dell’Ermeneutica, Martin Heidegger, secondo il quale noi pensiamo con le parole che abbiamo proprio perché la lingua non è solo uno strumento di comunicazione ma una visione del pensiero. Quando manca la sicurezza, quando vengono meno le certezze che abbiamo o crediamo di avere a casa, ecco che questa dimensione diventa essenziale.

Il libro è frutto anche del lavoro dell’autore che si occupa di sicurezza e la sua considerazione iniziale tiene conto del fatto che la sicurezza reale e percepita spesso non coincidono, che troppo di frequente viene considerata una questione per addetti ai lavori, che il lavoratore è più sicuro tanto più sarà informato e capace di esprimere il proprio eventuale disagio.

Le parole diventano essenziale proprio quando si è in una condizione di difficoltà, quando ci si trova in un’altra cultura, in un contesto limite come può essere un cantiere o in una condizione di disagio.

Per questo il libro può essere considerato un lavoro in fieri, il progetto di un percorso ampliabile ma valido in termini di metodo e che in questo frangente socio-culturale diventa essenziale. La lingua si impoverisce proprio ora che gli orizzonti si ampliano e c’è un maggior bisogno di dialogo. Ecco perché la scelta della scrittura ‘leggera’, narrativa e non di un prontuario. L’autore precisa infatti che troppo spesso “Si pensa che la sicurezza sia una questione legata solo alla tecnica e alle professioni, ma vi è una questione di “sicurezza” in tutto quello che facciamo ogni giorno senza preoccuparci del modo in cui lo faccio: per abitudine soprattutto o per esperienza.

C’è una proporzione diretta tra il lasso di tempo durante il quale si svolge un’attività e la modalità che diventa sempre più naturale o distratta, senza preoccuparsene.

Da qui l’etimologia di un termine che già da solo dice tutto: sicurezza dal latino sine cura, senza preoccupazione.” Una simile lettura ci invita anche a riflettere sulla necessità di recuperare un orizzonte culturale che vorrei definire empatico, superando la divisione tra mondo scientifico ed umanistico.

La parola è certamente il ponte ideale anche se a volte la differenza delle lingue e gli aspetti tecnici o elitari finiscono per renderla ostica. Ora la sicurezza è un concetto universale, che non può e non dev’essere nascosta dietro una legge o una formula matematica o dietro qualcuno.

Nel mondo del lavoro e non solo, parlare di sicurezza vuol dire affrontarla e non deve fare paura il suo concetto. La sicurezza è dietro la “natura di ogni cosa” e non si può pensare di trovare sempre una soluzione, sebbene sia necessario conoscere e far crescere la cultura della sicurezza. Anche il termine cultura nasce dal latino e significa “coltivare” per cui la sicurezza dev’essere coltivata come una pianta ha bisogno ogni giorno di acqua e quando è cresciuta ha ancora bisogno di nutrirsi. Una bella sfida senza dubbio.

Infine una parola merita il titolo, Badao, un termine curioso che secondo l’autore invita a un doppio viaggio nella linea dell’allegoria. 

Chi è l’autore Gianluca Giagni

Ingegnere, laureato presso il Politecnico di Bari, dal 2002 si occupa di sicurezza sul lavoro e di cantieri mobili e temporanei. Consulente per diverse aziende, in ambito regionale e nazionale, ha ricoperto il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, quali la Guardia di Finanza per le regioni Puglia e Veneto e, attualmente per l’Agenzia Nazionale per i servizi regionali sanitari, Confindustria Regione Puglia e Amgas Bari Rete Gas.

È Coordinatore del Gruppo Temporaneo a Tema sul progetto pilota “La sicurezza a partire dai banchi di scuola”, dal titolo “10 scuole, 10 ordini, 10 città”, all’interno del gruppo di lavoro sicurezza del CNI (Consiglio Nazionale Ingegneri) insieme al Ministero dell ’Istruzione.

Dal 2019 Coordinatore della Commissione sicurezza dell’Ordine degli Ingegneri di Bari. Di recente nomina come componente del Comitato tecnico delle norme UNI per il gruppo di lavoro sui “Parchi giochi”.

È Professore presso la facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Brescia e l’Università Politecnica delle Marche.

Autore della collana Sine Cura, nel 2015 ha pubblicato il testo Pericolosamente sicuri e nel 2016 Pericolosamente più sicuri; nel 2017 pubblica, per lo stesso editore, il terzo volume, Pericolosamente suppergiù sicuri. 

A cura di Giada Luni

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