Bari, operazione “Cravatte Rosa”: in manette 10 donne strozzine. Pm Marazia: “l’usura, fenomeno endemico della nostra città”

Puglia

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di  Myriam Di Gemma

BARI – I vicini di casa, silenziosi spettatori delle vite altrui, spesso diventano confidenti a cui raccontare le problematiche quotidiane, anche economiche. Ma nessuno potrebbe immaginare che possano trasformarsi in strozzini.

Con l’operazione “Cravatte rosa”, la Procura della Repubblica di Bari sventa una organizzazione di usura “domestica” – come la definisce il Procuratore facente funzioni, Roberto Rossi in conferenza stampa.

E’ emerso in questa indagine che l’usuraio della porta accanto a Bari, è donna.

Donna che dapprima, coltiva l’amicizia con le vicine di casa, dando disponibilità di aiuto economico. E poi diventa feroce nelle pretese di restituzione dei prestiti, (nell’arco di tempo da una settimana a sei mesi), con tassi di interesse su base annua da un minimo del 60% fino ad oltre il 5000%.

Ventiquattro indagati, 13 le ordinanze cautelari eseguite nei confronti di incensurati di cui 8 ai domiciliari e 5 in carcere.  Dieci sono donne (le più anziane hanno 81 anni e la più giovane 35). Mentre l’uomo più giovane ha 29 anni, il più anziano ne ha 61. Sei sono risultati beneficiari del reddito di cittadinanza. Le donne fanno riferimento a quattro nuclei familiari (di cui due sorelle, e due cognate) residenti nei quartieri popolari di Japigia, San Pasquale e San Paolo a Bari.

Quindici sono le vittime fragili sia per la pandemia ma anche per problemi personali, di cui operai (alcuni dei quali accaniti giocatori di bingo, lotto, gratta e vinci, slot machines), anziani e commesse residenti a Bari ma anche in provincia.

Gli episodi si sono verificati dal 2011 ad oggi: l’ultimo risale allo scorso primo novembre.

Usura aggravata dallo stato di bisogno delle vittime ed estorsione aggravata dalle età delle persone offese, i reati contestati.

“La Guardia di Finanza – plaude Roberto Rossi – ha lavorato moltissimo nonostante il Covid, e per questo la ringrazio: se non ci fosse, bisognerebbe inventarla”.

Certosino il lavoro degli investigatori del G.I.C.O: 16 utenze intercettate, pedinamenti, videoriprese, indagini finanziarie ed escussioni in atti delle vittime.

Sono le denunce di due coraggiose vittime che nel maggio 2019 rivelarono ai finanzieri del Nucleo PEF, elementi preziosi per avviare le indagini. Un’ anziana in lacrime aveva raccontato che il 70%  delle sue entrate (la sua pensione e quella di invalidità della figlia) era destinato alle aguzzine, (erano più di una) che insistentemente minacciavano anche per telefono.

“Se non paghi, ti brucio l’auto”, “Ti mando mio figlio con la pistola”, “Anche se mi farò trent’anni (in carcere, ndr) arriverà il giorno in cui saprò chi è stato e gli darò un colpo di pistola a gas in bocca”; “Se non vieni a pagare ti mando delle persone ad ucciderti…c’ho uno a Modugno che verrà a far casino sotto casa tua”, “Prega a Dio che non si verrà a sapere niente, se non per te sarà la fine”: sono alcune frasi intercettate con pesanti parole che procuravano senso di angoscia ed impotenza in persone visibilmente scosse. In un altro stralcio di conversazione si ascolta una vittima che chiede in prestito una cifra irrisoria: venti euro per fare la spesa, perché i soldi della pensione non bastavano per arrivare a fine mese.

“Gli indagati – spiega Lanfranco Marazia, il Pubblico ministero che ha diretto le indagini della GdF – millantavano parentela o affiliazione con la criminalità organizzata nota di Bari, ma a quanto accertato, non c’è mai stato nessun contatto. Le donne si avvalevano del supporto di altre persone per raggiungere gli anziani all’uscita delle filiali delle Poste e attendere che uscissero al fine di riscuotere subito le rate. Le vittime erano braccate, tant’è che una aguzzina per riscuotere la rata mensile, nel periodo di marzo in pieno lockdown non esitò a raggiungere la casa di una vittima, introducendosi prepotentemente senza indossare la mascherina, pur sapendo che in quella abitazione c’era un’anziana con gravi problemi di salute. Purtroppo l’usura – precisa Marazia – è un fenomeno endemico della nostra città. Ma noi ci siamo e continueremo ad esserci in maniera ‘violenta’ (in termini di risposta)”.

“Per i prestiti ottenuti – spiega Luca Gennaro Cioffi, Comandante del Nucleo di Polizia Economica Finanziaria GdF di Bari – vigeva la regola del ‘salto rata’ ovvero la vittima, laddove non fosse stata in grado di pagare, alla scadenza la rata pattuita, era costretta a versare una ‘penale’ denominata ‘solo interesse’, ammontante al 50% della rata mensile prevista. Ma il debito residuo restava inalterato e conseguentemente i tempi di estinzione del prestito, si allungavano”.

Come si esplicava l’attività contabile degli usurai? “Per non lasciare alcuna traccia dei prestiti – continua Cioffi – costringevano le loro vittime ad apporre di proprio pugno l’importo pagato e la relativa data. Le singole rate erano corrisposte in contanti, o con ricarica di postepay prepagate intestate agli stessi usurai, o a persone loro vicine”.

Durante le 13 perquisizioni domiciliari, sequestrati pc, cellulari e altro materiale utile alle indagini. Rinvenuti 104 mila euro in contanti e una vera e propria gioielleria in oro, che si suppone sia stato usato come pegno in attesa della riscossione delle rate. “Nelle indagini – precisa Cioffi – sono stati impiegati 100 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bari, di cui 70 del G.I.C.O, 27 Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego e 3 specialisti della Sezione Aerea del ROAN Bari a bordo di un elicottero”.

“Questa pandemia – interviene Roberto Pennoni, comandante del Comando Provinciale Guardia di Finanza di Bari – aumenta l’attività criminale. Molte imprese sono in difficoltà e c’è molta gente debole economicamente, che non può accedere a crediti normali. Ecco che su questa parte di popolazione, c’è chi si attiva per sfruttare la situazione e seduce le potenziali vittime, dando disponibilità economica. Ma nonostante il Covid il lavoro sinergico della magistratura e delle forze dell’ordine, continua capillarmente sul territorio per stroncare ogni illegalità”.

“Che sia chiaro – conclude Il procuratore f.f. Roberto Rossi – nessuno deve pensare che questo periodo di lockdown sia anche fermo il nostro lavoro di contrasto alle attivita’ criminali. Ripeto ciò che è stato già detto in conferenza: noi ci siamo e i cittadini devono sentirsi al sicuro”.

 

 

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