Biden richiama all’unita’. ‘saro’ un presidente che unisce

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“Lasciamo che questa cupa era di demonizzazione in America cominci a finire, qui ed ora”, “ora e’ il tempo di riconciliarsi” e di guarire le ferite del Paese, dal “razzismo sistemico” alla pandemia. Joe Biden lancia subito un messaggio forte di unita’ bipartisan nel suo discorso della vittoria. Ad ascoltarlo ed acclamarlo in una serata mite alcune migliaia di fan con mascherina ma questa volta senza distanziamento sociale, nel parcheggio del Chase center della sua Wilmington, il quartier generale della campagna. 

Parlando in Delaware in quello che di fatto è il primo discorso da presidente eletto di Joe Biden, l’ex vicepresidente di Obama ha mandato un messaggio di unità al paese: non vedo un’America “rossa o blu”, siamo tutti americani e questo, ha aggiunto, è il momento di mettere da parte le divisioni e di “guarire l’America”: “Il popolo di questo paese ha parlato – ha detto il presidente eletto Joe Biden – e ha parlato in modo chiaro, dandoci una vittoria chiara”. C’è stata una straordinaria affluenza e ora tutto il paese, tutto il mondo ci guarda. Io come presidente vorrò unire, non vedo stati blu, stati rossi, vedo solo un paese, l’America, e io sarò il presidente di tutti. Il mio scopo sarà ricostruire la spina dorsale del paese, la classe media americana. Milioni di americani hanno votato per il mio programma e ora è il momento di realizzarlo “. Ho avuto, avrò l’onore – ha continuato – di avere al mio fianco un’eccezionale vicepresidente come Kamala Harris, una persona che ha fatto la storia, è la prima donna, la prima nera ad avere un incarico del genere. Non venitemi a dire che c’è qualcosa di impossibile negli Stati Uniti, lo vedete, lei lo dimostra. Era un passo che andava fatto già da troppo tempo”. Rivolgendosi agli attivisti, Biden ha rivendicato di aver costruito la “coalizione più vasta e multiforme mai realizzata nella storia politica degli Usa”. “Ho detto sin dall’inizio che la mia campagna doveva rappresentare tutta l’America, e ora voglio che il governo rappresenti tutta l’America. Ora bisogna mettere da parte la retorica aspra, abbassare i toni. I rivali non sono nemici, sono americani, proprio come noi. Questo è il momento per l’America di guarire. L’America ci ha chiamato per ripristinare la forza dell’onesta, della scienza, della speranza. Dobbiamo battere il virus, la povertà economica, il razzismo sistemico, accettare la sfida del cambiamento climatico, dare a tutti i nostri concittadini una possibilità”. Per prima cosa dobbiamo – ha continuato – “Mettere sotto controllo il covid. Lunedì un gruppo di virologi ed esperti si riuniranno per suggerirci le migliori misure da adottare. Questo team si dovrà occupare del vaccino ma anche del controllo di future pandemia”. Sono un democratico, orgogliosamente democratico, ma sarò il presidente di tutti gli americani. Possiamo decidere di cooperare anche tra democratici e repubblicani, e penso che gli americani vogliano che collaboriamo, per questo faccio appello al congresso: la storia americana è piena di opportunità che sono state raccolte, ma anche di sogni rinviati troppo a lungo. L’America è sempre stata plasmata da momenti storici: Lincoln nel 1860, Roosevelt nel 32, Kennedy nel 1960 e anni fa Obama, quando disse ‘possiamo farcela’. Siamo anche adesso in un momento storico, possiamo ricostruire l’anima dell’America. Dobbiamo trovare un equilibro tra ragione e impulso. Stasera tutto il mondo ci guarda e dobbiamo dare il nostro meglio, dobbiamo dare l’esempio. L’America si può definire con una sola parola: possibilità. Io credo nelle opportunità che questo paese offre, in un America che non lascia nessuno indietro, e non si fa spaventare da nulla. Nelle ultime settimane della campagna ho inziato a pensare a mio figlio Bo, che non c’è più, e ho pensato a tutti gli americani che hanno perso una persona cara per questo virus, e spero che ci sia una speranza per tutti noi. Noi dobbiamo essere una nazione forte, unita, guarita.

Un omaggio alle ragazze, “che da questa sera vedono gli Stati Uniti come un Paese di possibilita’”, e poi alla madre Shyamala Gopalan Harris, volto e simbolo di donne e migranti, che “come intere generazioni di asiatiche, bianche, latine o native americane si sono battute per questo momento”. Momenti centrali del primo discorso di Kamala Harris da vicepresidente eletta degli Stati Uniti. “Sebbene io sia la prima donna a ricoprire questo incarico, non saro’ l’ultima” ha detto la senatrice 56enne sul palco di Wilmington, nel Delaware, celebrando insieme con Joe Biden l’esito delle elezioni. In primo piano nel discorso parita’ e diritti. “Penso alle donne che hanno combattuto e sacrificato cosi’ tanto per l’uguaglianza, la liberta’ e la giustizia per tutti; comprese le donne afroamericane, spesso trascurate ma che dimostrano di essere la spina dorsale della nostra democrazia”. Harris e’ nata il 20 ottobre 1964 a Oakland, in California, da padre di origine giamaicane, Donald Jasper, economista oggi 82enne, professore emerito alla Stanford University. Sua madre Shyamala, scomparsa nel 2009 all’eta’ di 70 anni, era invece un’oncologa specializzata nello studio del cancro al seno. Era emigrata dalla citta’ indiana di Chennai nel 1960 per conseguire un dottorato in endocrinologia all’Universita’ di Berkeley. “Credeva nell’America che rende possibili momenti come questo” ha ricordato la neoeletta vicepresidente. “Penso a lei e penso a intere generazioni di donne, di colore, asiatiche, bianche, latine, native americane, che si sono battute per questo preciso momento”.

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