Buoni spesa e reddito di cittadinanza ai boss, centinaia di indagati in Calabria

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Le vicende sono state portate alla luce dai Carabinieri nella Locride e nella Piana di Gioia Tauro. Fra i beneficiari anche un sorvegliato speciale che già percepiva il reddito di cittadinanza e la sorella di un latitante che investiva in buoni fruttiferi. Altre 11 denunce a Crotone, dove imprenditori condannati per mafia, estorsione e usura accedevano a soldi pubblici.

© Peonia / AGF  – Una ‘gazzella’ dei carabinieri 

Percepivano i buoni Covid o il reddito di cittadinanza senza averne diritto, sulla base di attestazioni false e, soprattutto, nonostante avessero riportato condanne come appartenenti alla ‘ndrangheta o per altri gravi reati . Sono diversi i casi portati alla luce da Carabinieri e Guardia di Finanza nelle ultime ore in Calabria.  I carabinieri della compagnia di Bianco, nel Reggino, hanno denunciato 135 persone, residenti nella Locride, in particolare sulla costa jonica, ritenute responsabili di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Una vicenda ancor più grave considerato che gli indagati avrebbero in molti casi legami con la ‘ndrangheta. Tra loro, anche un sorvegliato speciale di pubblica sicurezza,già percettore del reddito di cittadinanza, nonché la sorella di un latitante, che nello stesso mese in cui ha percepito il “buono spesa Covid-19” ha anche sottoscritto buoni fruttiferi per il valore di 7.000 euro. Oltre la metà delle persone coinvolte risiede nel Comune di San Luca (RC).   

     L’operazione è stata denominata chiamata in codice “Tantalo”,  dal nome del personaggio della mitologia greca, il cui supplizio è consistito nell’avere per sempre una fame e una sete impossibili da placare. L’inchiesta è stata avviata e condotta durante tutto il periodo del lockdown (da aprile a giugno 2020), a seguito degli aiuti straordinari introdotti dal Governo per il periodo di emergenza sanitaria (cosiddetti “buoni spesa covid-19”). I buoni alimentari sono stati erogati direttamente dai Comuni alle persone e alle famiglie in difficoltà economica, per acquistare alimenti, farmaci e altri beni di prima necessità. Ciascun Comune, poi, ha avuto la possibilità di scegliere in autonomia i requisiti per la concessione del bonus, garantendo somme variabili a seconda di vari indici di valutazione e attribuendo priorità a chi non riceveva altri sostegni economici pubblici.

Le indagini avviate grazie alla denuncia di alcuni cittadini

      I militari dell’Arma delle stazioni interessate hanno recepito le lamentele e la disperazione di alcuni cittadini, riguardanti presunte irregolarità nella concessione dei buoni alimentari. 
    Gli accertamenti effettuati dai militari della Compagnia di Bianco avrebbero consentito di verificare che gli indagati hanno aderito ai rispettivi bandi comunali hanno dichiarato informazioni non corrispondenti al vero, sostenendo in generale di trovarsi in condizioni di difficoltà economica e di indigenza, nel tentativo di indurre in errore le amministrazioni comunali e ottenere così un ingiusto profitto.

   Le informazioni fornite non correttamente vanno dalla falsa attestazione sulla residenza e del numero dei componenti del nucleo familiare (l’elargizione era connessa anche all’effettivo stato di bisogno della famiglia) all’omessa o falsa indicazione di ricevere, nello stesso periodo, altri sussidi sociali (indennità di disoccupazione, periodi retribuiti di malattia dei “braccianti agricoli”, pensioni di invalidità, l’indennità di maternità e lo stesso reddito di cittadinanza) che, superata una certa soglia, non avrebbe consentito l’ottenimento del buono alimentare. 

    I carabinieri hanno prima individuato quanti hanno presentato la domanda per ottenere il buono spesa (quasi 900 le domande giunte ai Comuni di Africo, Bianco, Brancaleone, Bruzzano, Caraffa del Bianco, Casignana, Ferruzzano, Palizzi, Samo, San Luca, Sant’Agata del Bianco e Staiti), successivamente, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Locri, hanno analizzato la documentazione e le autodichiarazioni presentate, accedendo anche all’interno delle abitazioni degli interessati, al fine di accertare la veridicità di quanto sottoscritto. Infine, i carabinieri hanno approfondito, con l’ausilio dell’Inps, degli istituti di credito e delle banche dati in uso alle forze di polizia, la posizione economica degli interessati, ottenendo una conferma dei sospetti iniziali. I 135 indagati sono stati pertanto denunciati per aver presentato ai Comuni domande in cui hanno attestato falsamente di possedere i requisiti previsti, al fine di ottenere indebitamente i buoni alimentari il cui valore, per ogni soggetto, in media oscilla tra gli 80 e i 200 euro.

I casi di Gioia Tauro e Rosarno


       “Il dato di fatto – si legge in una nota dell’Arma – è che circa un terzo degli odierni indagati risulta avere legami di parentela con soggetti appartenenti a ‘ndrine o a famiglie di interesse operativo”. Le denunce sono ora al vaglio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri, e stanno seguendo il loro corso. Soltanto dieci sono archiviate (sette per tenuità del fatto, tre “perché il fatto non sussiste”). I militari dell’Arma hanno stimato che le somme indebitamente percepite hanno comportato un danno erariale pari a oltre 21.000 euro. 

     Lo stesso quadro è emerso nella piana di Gioia Tauro. Familiari diretti di elementi di spicco della cosca di ‘ndrangheta Bellocco–Pesce di Rosarno percepivano il reddito di cittadinanza. I Carabinieri, con il supporto specialistico dei militari del Nucleo Ispettorato del Lavoro, nell’ambito di un’operazione denominata “Jobless Money 2”, hanno  denunciato 50 persone in seguito alle verifiche condotte su 1.500 posizioni. Diverse sono state le anomalie emerse dagli accertamenti.

    Tra i denunciati figurano personaggi già condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso e figure apicali della ‘ndrangheta del mandamento Tirrenico, ma anche donne che, intenzionalmente, avrebbero omesso di segnalare agli enti competenti all’erogazione del reddito di cittadinanza la presenza all’interno del proprio nucleo familiare di soggetti detenuti, già elementi di spicco della locale consorteria di ‘ndrangheta, gravati da misure cautelari personali o condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso.   

   Altre false attestazioni sono state rilevate in merito alla residenza e all’effettivo reddito familiare, come nei casi di madre e figlia o zia e nipote che, nonostante fossero conviventi, percepivano distintamente il reddito di cittadinanza. Il danno erariale complessivo stimato è di circa 357.000 euro.

Scongirate ulteriori perdite per le casse pubbliche

Un’ ulteriore perdita per le casse pubbliche di circa 127.000 euro è stata scongiurata, trattandosi di somme che i percettori avrebbero incassato senza l’intervento dei militari dell’Arma. Gli esiti delle indagini sono stati immediatamente segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Palmi, richiedendo il nulla osta all’interruzione dell’elargizione del sussidio per i 50 beneficiari denunciati. Accertamenti analoghi condotti dai carabinieri di Gioia Tauro, nel mese di giugno scorso, aveva portato alla denuncia di altre 37 persone. Sono quindi 87 i percettori irregolari del reddito di cittadinanza individuati, per un danno erariale complessivo quantificato in circa un 1 di euro tra somme indebitamente percepite e risparmi ottenuti con la sospensione del beneficio. 

   Una vicenda analoga si è verificata a Crotone.  I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza  hanno denunciato alla locale Procura della Repubblica 11 imprenditori con l’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di indebite erogazioni pubbliche. Malgrado fossero stati stati precedentemente colpiti da misure di prevenzione personali e patrimoniali derivanti da condanne per reati di particolare pericolosità sociale quali associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, detenzione abusiva di armi clandestine, traffico di sostanze stupefacenti, rapina, gli imprenditori denunciati erano riusciti ad ottenere, in modo illecito, i contributi pubblici attraverso la presentazione di certificazioni false o l’omissione delle condanne penali riportate.   

   I finanzieri hanno quantificato l’ammontare dei finanziamenti complessivamente percepiti, pari a circa 300 mila euro, dei quali è stato chiesto il sequestro.  
 

 

 
 

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