Caldaie sulla facciata condominiale, va tutelato il decoro

L’autorizzazione dell’assemblea non esclude il diritto di contestare i lavori potenzialmente lesivi del decoro dell’edificio

Noi e il Condominio

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di Giuseppe Nuzzo (condominioweb.com)

Il fatto. Un condòmino installava caldaia e moto condensante sulla facciata condominiale senza chiedere autorizzazione all’amministratore e/o all’assemblea dei condòmini, come espressamente previsto dal regolamento contrattuale del condominio per qualsiasi opera di modifica dei beni comuni compiuta dai singoli proprietari.
Ciò nonostante, l’assemblea deliberava ex post l’autorizzazione in ratifica dell’istallazione già realizzata sulle facciata. Tale delibera veniva però impugnata da un altro condominio sotto diversi profili, in particolare per violazione dell’articolo 1102 del codice civile, ritenendo che i lavori realizzati sulla facciata comune avevano leso il decoro architettonico dell’edifico.
In primo grado, il tribunale rigettava la domanda con sentenza poi confermata anche in sede d’appello. Secondo i giudici di merito, la delibera di autorizzazione dei lavori, seppur adottata tardivamente, rientrerebbe nell’ambito delle decisioni di opportunità o convenienza che competono esclusivamente all’assembla condominiale e, dunque, non sindacabili dal giudice, non integrando, per l’appunto, gli estremi del vizio di eccesso di potere (unico vizio che consentirebbe un’indagine del giudice sul merito della delibera).

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29924 del 18 novembre 2019, ha annullato la sentenza di merito rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’Appello.

La questione. Nella decisione in commento la Suprema Corte ha affrontato la questione della legittimità o meno degli interventi eseguiti dal condòmino sui beni comuni, in difetto dell’autorizzazione preventiva del condominio imposta dal regolamento condominiale di natura contrattuale.
Il ragionamento degli Ermellini. La Cassazione conferma l’orientamento consolidato in giurisprudenza in ordine alla legittimità della clausola del regolamento che subordini l’uso dei beni comuni alla preventiva autorizzazione dell’assemblea di condominio, “ben potendo i regolamenti convenzionali, fondati sull’accordo unanime dei condomini, porre limitazioni nell’interesse comune ai diritti dominicali dei condomini sulle parti comuni, oltre che sulle proprietà private, restringendo l’esercizio delle facoltà connesse al diritto di proprietà dei beni comuni riconosciute dall’art. 1102 c.c.”.

Regolamento contrattuale e decoro architettonico. Secondo la giurisprudenza, peraltro, il regolamento condominiale contrattuale potrebbe non solo subordinare l’uso del bene comune al benestare del condominio, ma anche vietare del tutto determinati usi (es. il divieto di affissione targhe) dando anche una qualificazione del decoro architettonico più rigorosa e severa rispetto a quella genericamente delineata dall’articolo 1102 del codice civile. Del resto, il citato articolo 1102 non è ricompreso nelle norme definite “inderogabili” dai regolamenti ai sensi dell’articolo 1138 del codice civile (Cass. civ. n. 11268/1998 e n. 2114/2018).

Ratifica dei lavori sulla facciata comune. La Suprema Corte conferma anche la legittima facoltà dell’assemblea condominiale, nell’esercizio dei suoi poteri di gestione, di ratificare o convalidare “ex post” l’attività dell’amministratore o dei condomini posta in essere in difetto dell’autorizzazione, laddove necessaria. Esattamente come successo nel caso in esame, in cui l’assemblea ha ratificato l’istallazione della caldaia realizzata senza preventivo consenso.
Lesione del decoro. Tuttavia – osserva la Corte – “le modifiche apportate sulle parti comuni in difetto di autorizzazione preventiva imposta dal regolamento convenzionale caratterizzano per ciò solo le opere come “potenzialmente abusive e pregiudizievoli” al decoro architettonico, con la conseguenza che l’autorizzazione postuma ottenuta in ratifica non può a priori escludere l’interesse del condòmino assente o dissenziente ad impugnare la delibera per dedotta lesione del decoro”.
In tale prospettiva, la Corte d’Appello ha errato nella parte in cui ha ritenuto di non dover entrare nel merito se l’intervento realizzato fosse effettivamente lesivo del decoro architettonico dell’edifico, ritenendo che la ratifica postuma assembleare la esimesse da tale controllo che si sarebbe altrimenti tradotto in una valutazione sull’ “opportunità o convenienza” della delibera, consentita solo per la rara ipotesi dell’eccesso di potere.
Secondo la Cassazione, così ragionando è stato eluso un controllo sulla legittimità dell’intervento sotto il profilo della lesione del decoro architettonico solo perché autorizzato dall’assemblea, nel mentre l’assemblea non ha ovviamente alcuna facoltà di deliberare o consentire opere lesive del decoro architettonico.

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