C’è ancora spazio per un centro (determinante) in Italia?

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Un “centro draghiano”, come si mormora a Firenze! Ma, nonostante i tempi proficui e le condizioni favorevoli, molto dipenderà da due fattori: la solidità del Governo e il risiko per il nuovo inquilino del Colle più Alto.

Qualcosa si muove. E le differenze la fanno, sempre più, da protagonista!

C’è divisione su tutto. Ed in casa di tutti! Sul Ddl Zan, sui vaccini, sul green pass, sul reddito di cittadinanza, su quota 100.

Insomma qualcosa sembra davvero muoversi nella politica italiana. E lo spazio politico, a differenza dei tempi passati, appare reale.

I tempi, come le condizioni in politica sono elementi, non solo importanti, ma bensì determinanti.

Sul versante tempi, l’Italia politica, nel giro di qualche mese dovrà affrontare molte prove: le elezioni amministrative ad ottobre, la sfida per il Quirinale le cui schermaglie sono già ampiamente iniziate e nella primavera 2022 una nuova importante tornata amministrativa forse abbinata, addirittura, alle elezioni politiche anticipate. Agenda complicata sebbene nota da tempo.

Ma è sul fronte delle “condizioni” che si registrano le maggiori novità. In casa 5 Stelle la dicotomia crescente tra Luigi Di Maio e il nuovo reggente l’ex premier Giuseppe Conte è ormai un dato assodato, con l’inquilino della Farnesina che, a partire dalla giustizia (si ricorderà il clamore delle posizioni garantiste sul sindaco di Lodi ingiustamente arrestato ed estromesso dalla vita politica) e dalle infrastrutture, si è ritagliato un chiaro spazio da leader moderato lasciando a Conte la frangia giacobina dei “No” a tutto. Una sorta di partito nel partito. Neppure più una corrente ma l’incarnazione di due culture che al momento opportuno potrebbero guardare ad orizzonti diversi. Di Maio, sicuramente, verso il centro.

Anche in casa Lega le dicotomie si sprecano. L’esempio più eclatante (e bruciante per l’attuale segreteria) è proprio di queste ore. Una lettera firmata dai governatori del Carroccio capeggiati da Luca Zaia a favore dell’estensione del green pass definito addirittura “strumento di libertà e non di oppressione” ha -di fatto- smentito sia il voto positivo espresso in commissione dall’on. Claudio Borghi (su di una mozione contro il green pass presentata dal gruppo di Fratelli d’Italia), sia -cosa molto più pesante- il leader Matteo Salvini sempre più messo alle corde dalla moderazione del Ministro Giancarlo Giorgetti vero leader di una nuova Lega; la “Lega del lavoro” come invocano molti imprenditori veneti (e non solo).

Ragionamento a parte merita il Partito Democratico da sempre falcidiato dalle “guerre” tra correnti. Ma questa volta c’è di più: gli ex-reziani (quanto ex sarà il tempo a dirlo) sono sempre più in sofferenza. Lontani dal loro vero ispiratore politico (ma anche amico) ed emarginati (anche in malo modo) dalla segreteria di Enrico Letta, non tardano a distinguersi ed a manifestare, assieme al malcontento, un’insofferenza culturale profonda. Terreno assolutamente fertile per richiami esterni. E “Base riformista” che annovera i liberal-riformisti dem non è proprio costituita da quattro gatti. 

Poi ci sono quelli che al centro “sono nati”: Forza Italia (anch’essa decimata da una vera e propria diaspora di micro formazioni tutte comunque orbitanti nell’area moderata), Azione di Carlo Calenda ed Italia Viva dell’ex sindaco di Firenze Matteo Renzi che da sempre e senza infingimenti lavora per un nuovo soggetto culturalmente centrista e politicamente centrale nella politica italiana capace cioè di riassumere trasversalmente in sé il meglio di tutte le sensibilità e le esperienze politiche.

Un “centro draghiano”, come si mormora a Firenze!

Ma, nonostante i tempi proficui e le condizioni favorevoli, molto dipenderà da due fattori: la solidità del Governo; ma con Mario Draghi la questione sembra archiviata, e il risiko per il nuovo inquilino del Colle più Alto. Non è infatti un mistero -come ricordava sempre il Presidente Francesco Cossiga- che ogni candidato Presidente della Repubblica viene scelto/eletto in considerazione anche (e soprattutto) della sua visione politica e che ogni candidatura al Quirinale, pur prestigiosa che sia, sottintende sempre un disegno politico che il presidente, se eletto, si impegna a favorire.

Parole che, calate nell’attualità, sembrano dire: se Draghi resterà a Palazzo Chigi, ne vedremo delle belle! 

Daniele Marchetti

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