Chi è Elizabeth Warren, la sfidante che Trump chiama “Pocahontas”

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La senatrice “pasionaria” del Massachusetts potrebbe essere il prossimo candidato dem alla Casa Bianca. È considerata un’anticapitalista ma il suo programma è molto più vasto e complesso

 
Elizabeth Warren

La senatrice ‘pasionarià del Massachusetts, Elizabeth Warren, potrebbe essere il prossimo candidato democratico alla Casa Bianca, la sfidante di Donald Trump nel 2020. La Warren negli Usa è decisamente considerata una liberal di sinistra. Trump, per schernirla, ha fatto riferimento alle sue origini nativo-americane, che risalgono tra la sesta e la decima generazione della sua famiglia e le ha attribuito il nomignolo di Pocahontas, aggiungendo tra parentesi ‘the bad version’.

Anche l’establishment a Stelle e Strisce ha sempre guardato con sospetto a questa 70enne originaria dell’Oklahoma, considerata un’anticapitalista viscerale. In realtà la senatrice è una convinta sostenitrice di un capitalismo sociale di mercato, è una riformista del capitalismo Usa, come dimostra un suo recente articolo pubblicato sul Wall Street Journal dopo la pubblicazione del quale perfino i suoi più acerrimi nemici sono rimasti spiazzati e si sono chiesti se, magari proprio in vista della gara per la Casa Bianca, la Warren non stesse annacquando le sue convinzioni correndo in aiuto ai capitalisti.

Da socialista a salvatrice del capitalismo  

In realtà la Warren non combatte il capitalismo di per sè, ma un certo tipo di capitalismo, cioè il blocco oligopolistico rappresentato a Wall Street dalle grandi corporation monopolistiche e dalla logica della remunerazione a breve degli azionisti. è questo che emerge dal suo articolo pubblicato sulle pagine del “Wall Street Journal”, che da 130 anni è la Bibbia di Wall Street, dove la senatrice, invece di sostenere il superamento del sistema, si è presentata come la Giovanna d’Arco, la salvatrice, del capitalismo americano e ha avanzato due proposte forti per la riforma del capitalismo made in Usa.

La cogestione all’americana 

La prima è una proposta di legge, denominata Accountable Capitalism Act, che impone alle maggiori società di riservare ai dipendenti il 40% dei seggi nel consiglio di amministrazione. La proposta intende essere un antidoto alla pratica dello ‘shortism’, la programmazione a breve termine delle grandi imprese quotate in Borsa, con la quale i Ceo prendono decisioni che arricchiscono loro e gli azionisti a spese dei lavoratori e della loro azienda. In sostanza l’Accountable Capitalism Act della Warren rappresenta la versione americana della “cogestione” tedesca.

La legge contro il lobbismo

La sua seconda proposta è l’Anti-Corruption and Public Integrity Act, un disegno di legge che mira a rimuovere la dilagante corruzione a Washington. La Warren con questa legge sferra un attacco frontale al lobbismo, chiedendo il divieto a vita per i civil servant federali (incluso il presidente, i membri del Congresso e i segretari di gabinetto) di trasformarsi in venditori ambulanti di idee e proposte al soldo delle corporation, cioè della grandi aziende Usa. La sua argomentazione è che il lobbismo mina il funzionamento dei mercati, consentendo alle corporation di esercitare un controllo estensivo sulla legislazione e di utilizzare il governo per battere in modo scorretto la concorrenza.

La difesa dei consumatori Usa 

Un altro cavallo di battaglia della Warren è sempre stata la difesa dei consumatori, specie quelli di prodotti finanziari. È per questo che, dopo la crisi del 2008, durante la presidenza di Barak Obama, la Warren ha dato il via alla Consumer Financial Protection Bureau, l’authority federale che vigila sui prodotti finanziari per tutelare i consumatori dalle speculazioni delle banche, della quale però non è mai diventata il capo, poichè lo stesso Obama nel 2011 come primo direttore le preferì Richard Cordey.

“Credo nel mercato ma solo quando funziona bene”  

Sulla scia del suo editoriale sul Wall Street Journal, la Warren è stata più volte intervistata, e ha ribadito di non avere una mentalità socialista, come sostengono i suoi detrattori, ma piuttosto di essere “capitalista fino all’osso”.

“Credo nei mercati e nei benefici che possono produrre quando funzionano bene – ha detto intervistata su The Atlantic, una rivista di cultura, letteratura e politica estera, fondata 170 anni fa a Boston – Gran parte del lavoro che ho svolto ha l’obiettivo di far funzionare i mercati per le persone, non di far funzionare i mercati per una manciata di azionisti che ne spremono tutto il valore. Credo nella concorrenza”.

Il problema dunque, per Elizabeth Warren, non è nei mercati e nella produzione di ricchezza. “Il problema sorge – spiega – quando le regole non sono applicate, quando i mercati non sono campi da gioco neutri e tutta quella ricchezza viene convogliata in una direzione. Ad esempio, fino al crollo finanziario, c’erano molti mediatori ipotecari che vendevano mutui. Wow! Sono diventati supericchi. Le famiglie pensavano di comprare un prodotto che potevano permettersi e di cui capivano anche i pagamenti e le condizioni. Però molti di loro hanno perso tutto. Questo è un mercato che chiaramente non stava funzionando”.

“Fondamentali sono controllo e regole”  

“Controllo, regole: questi per me sono concetti fondamentali. La metterei così: c’è sempre qualcuno che vorrà controllare le cose. La questione è quella di avere delle buone regole e un poliziotto efficace per farle rispettare. è qui che la ruota ha iniziato a perdere pezzi a partire dagli anni ’80. Si tratta di una questione politica. Non è un problema di mercato. Ci sono stati anni di regole non perfette ma ben applicate che hanno funzionato e tenuto abbastanza bene. Poi sono arrivati gli anni ’80 con il lobbismo di uomini ricchi ben collegati ai politici e le regole hanno iniziato a cambiare. Le regole hanno iniziato a pendere un pò di più verso i ricchi e i potenti. Solo un pò di più. La loro applicazione è diventata sempre più debole”.

Ecco perchè, spiega, serve l’Accountable Capitalism Act. “Si tratta di prendere la struttura attuale e farla funzionare meglio. Quello che propongo è di modificare le regole per le società plurimiliardarie. E questo per un motivo semplice: perchè adesso le regole non stanno funzionando. Fino agli anni ’80 il Pil saliva, la produttività cresceva e miglioravano i salari dei lavoratori. A partire dagli anni ’80, questo trend si è appiattito. Il Pil continua a salire, la produttività continua a crescere, ma i lavoratori rimangono indietro e il divario è ora diventato enorme”.

“Amo la concorrenza e la competizione”

La soluzione? “È la concorrenza. Amo la competizione. Voglio vedere avviare una start-up per chiunque abbia una buona idea, dandogli la possibilità di entrare nel mercato e provare. Questo è ciò che è più mi interessa”.

“Mi preoccupo – aggiunge – sia per il capitalismo che per la democrazia. Una volta tutti credevano che le persone che lavorano duramente e giocano secondo le regole abbiano la possibilità di costruire una vita in vera sicurezza e che i loro figli staranno meglio di loro. Oggi quel sogno si scontra con una realtà molto dura: il mondo funziona meglio per un numero sempre più piccolo di persone. Questo è un problema per il capitalismo e per la democrazia allo stesso tempo”.

“Dobbiamo fare in modo che il capitalismo funzioni per le famiglie e dobbiamo fare in modo che la democrazia funzioni per le famiglie Non è questione di alternative, sto solo dicendo che le famiglie vivono in questa precisa economia. Un mercato azionario in crescita non è utile per la metà degli americani che non possiedono una sola quota di azioni. L’aumento della produttività, che non si traduce in aumenti salariali per le persone che effettivamente svolgono il lavoro, non gli sta creando un futuro migliore”.  

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