Analizzare in un’ottica scientifica un triste capitolo della storia grigionese e svizzera. È lo scopo dello studio, tra i primi pubblicati a livello cantonale, presentato stamane a Coira sulle cosiddette “misure coercitive a scopo assistenziale”.

Lo di 180 pagine, realizzato da un team di ricercatori guidato da Tanja Rietmann (Università di Berna) su incarico del Governo grigionese nel 2015 fa luce su misure coercitive quali internamenti amministrativi, collocamenti extrafamiliari e misure di interdizione.

RIPARARE I TORTI DEL PASSATO

Fino al 1981 in Svizzera, 100mila bambini sono stati strappati ai loro genitori e collocati in famiglie contadine o in istituti.

Nel Canton Grigioni che è stato aperto uno dei primi “istituti di correzione” (anche chiamate case di lavoro) in Svizzera. Era il 1840 e vi venivano collocate persone definite “povere”, “dissolute”, “fannullone” e “vagabonde”, trattenendole anche per anni, senza che avessero commesso alcun reato.

Lo studio sulle misure coercitive a scopo assistenziale dei Grigioni, pubblicato giovedì, ripercorre – dal XIX secolo a oggi – una pagina buia, che ha toccato tutta la Svizzera. Vengono quantificate le diverse misure – come i collocamenti extrafamiliari presso istituti e famiglie affilianti – e analizzate le basi legali, che talvolta prevedevano procedure troppo complesse e che concedevano alle autorità competenti anche ampio margine di manovra. Risultato: alcune decisioni erano ampiamente arbitrarie.

Difficile stimare il numero di bambini oggetto di collocamenti extrafamiliari e il numero di adulti interdetti e internati. Nell’aprile del 2013 la Confederazione ha presentato le sue scuse alle vittime. Queste ultime, dal mese scorso, possono richiedere un indennizzo finanziario, possibile grazie a un fondo federale di 300 milioni di franchi. L’analisi vuole anche fornire informazioni che fungano da documentazione probatoria.

tvsizzera.it/Zz con RSI (TG del 18.05.2017)