Coronavirus, Aned: “troppi morti nei centri dialisi

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Mancano i protocolli di sicurezza e i tamponi per i pazienti

MILANO –  “Il coronavirus è entrato prepotentemente all’interno dei centri dialisi, provocando numerose vittime e terrorizzando le persone costrette a recarsi tre volte a settimana in ospedale per sottoporsi a questa terapia. I dati parlano chiaro: su 570 pazienti contagiati dal Covid a metà marzo, 147 sono deceduti. Una percentuale ben più alta rispetto alla media nazionale.

Se vogliamo evitare che si crei un nuovo focolaio è indispensabile adottare immediatamente dei piani di emergenza straordinari in tutte le Regioni, per garantire la sicurezza del paziente sia nella fase di trasporto che durante la terapia in ospedale”.

E’ un vero e proprio appello al buonsenso quello lanciato da Giuseppe Vanacore, presidente di Aned Onlus, l’associazione nazionale dei trapiantati e dializzati, all’indirizzo dei governatori delle Regioni.

La situazione all’interno dei centri dialisi si tra facendo sempre più preoccupante e si rendono necessari alcuni interventi mirati.

Il primo è quello di sottoporre tutti i pazienti dializzati al tampone non appena accusano i primi sintomi e la stessa cosa deve avvenire per gli operatori sanitari che lavorano in questi reparti.

Il secondo intervento è quello di individuare per ogni provincia un centro dialisi esclusivo per i covid positivi. Dopodiché è necessario che le Regioni emanino delle linee guida per imporre un triage accurato in ingresso in tutti i centri dialisi, pubblici e privati.

Infine è essenziale garantire la sicurezza del servizio di trasporto tra casa e ospedale. Questo infatti è parte integrante della terapia e rientra tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria fin dal 2001. che è trasporto sanitario a tutti gli effetti e non un problema privato del singolo paziente, tanto è vero che è parte dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) fin dal 2001.

“Quella delle persone dializzate – aggiunge il presidente – è una categoria estremamente fragile che non può essere dimenticata, come ha fatto invece la Regione Sicilia che il 16 aprile ha disposto test sierologici a tappeto, escludendo però i pazienti in dialisi. Un errore che non deve essere ripetuto nelle altre Regioni”.

Non è la prima volta che Aned chiede l’adozione di protocolli di emergenza nei centri dialisi.

Una prima lettera è stata inviata il 14 marzo scorso all’indirizzo del ministro della Salute e dei presidenti delle Regioni, ma l’appello è rimasto inascoltato.

“Mi auguro che stavolta il nostro appello non cada nel vuoto – sottolinea Vanacore –.  Non può esserci alcuna fase 2 senza sicurezza per i più fragili. Compresi i dializzati e i trapiantati, 10mila dei quali sono lavoratori attivi. Non aspettiamo altri morti per correre ai ripari”. 

I dati

A fine marzo, la Società italiana di Nefrologia ha realizzato una survey su un cluster di 20mila persone sottoposte a dialisi e ha registrato 577 casi di pazienti dializzati covid positivi, con una percentuale di contagiati sensibilmente superiore alla media, e 147 decessi, di cui 88 in Lombardia.  Una mortalità superiore al 25%, dunque, mentre a livello nazionale la media non supera il 17%. 

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