Coronavirus: un’opportunità per credere e investire in Italia e nella nostra economia

Economia & Finanza

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A cura di Alberto Foà Presidente di AcomeA SGR.

Ci troviamo ad affrontare una crisi globale nata come emergenza sanitaria da coronavirus che si è evoluta in emergenza economica. Quello che abbiamo visto accadere a partire dal 24 febbraio è stato una specie di arresto cardiocircolatorio del sistema. Nonostante le notizie sul coronavirus in Cina circolassero da un paio di mesi, il mercato è stato preso alla sprovvista. Tutti abbiamo pensato che, come nel caso della Sars, il virus restasse confinato in quell’area. Con lo scoppio dei primi casi in Italia il mondo intero si è trovato di fronte a una realtà brutale: il virus era diventato un problema globale. Per far fronte a questa situazione sono stati presi importanti provvedimenti di natura monetaria da parte delle Banche Centrali che hanno annunciato un “Quantitative Easing infinito” ossia l’acquisto di titoli di Stato in modo illimitato per finanziare l’ampliamento della spesa pubblica varata dai governi, tesa a sostenere e a traghettare l’economia al di là di questo periodo di crisi. In particolare, la BCE ha rivestito un ruolo fondamentale perché, avendo prima varato un aumento del QE, un programma già in essere di riacquisto dei titoli di Stato emessi dai Paesi dell’area euro, e poi il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program), un piano da 750 miliardi pari a circa il 5-6% del Pil, ha messo una rete di sostegno sotto al mercato dei titoli di stato, italiani in particolare.

È evidente, quindi, che se oggi non facessimo parte dell’Europa ci troveremmo nelle stesse condizioni di qualsiasi altro paese emergente che ha visto, non solo i titoli di Stato crollare, ma anche la propria valuta svalutarsi del 20, 30 o, addirittura, del 35%. Grazie al PEPP e all’annullamento del cosiddetto Fiscal Compact (cioè l’Italia non è più tenuta al rispetto di alcuni parametri nella definizione del deficit), il nostro Paese ha la possibilità di aumentare i livelli di spesa praticamente senza vincoli. Inoltre, la BCE ha abbandonato la cosiddetta “capital key”: prima il QE era proporzionale al Pil dei diversi paesi, ora la BCE, che nell’ultimo mese ha cominciato a rendere operativo questo piano, ha potuto comprare molti più BTP italiani che bund tedeschi. Senza queste tutele, oggi, ci troveremmo con i BTP con uno spread inimmaginabile e l’Italia avrebbe un mercato finanziario chiuso senza possibilità di emettere titoli di Stato.

È chiaro, quindi, come la diatriba nata intorno al MES rischia di essere disinformativa: il MES è un fondo creato nel 2010 con della condizionalità. La versione proposta oggi non ha alcuna condizionalità se non che l’importo del prestito richiesto sia entro il 2% del Pil (quindi, nel caso dell’Italia, parliamo di 35-36 miliardi avendo un Pil di circa 1,6 trilioni) e che questi soldi vengano spesi direttamente per l’emergenza sanitaria.I singoli Paesi, dal canto loro, hanno attuato dei provvedimenti di aumento della spesa pubblica. La Germania, ad esempio, ha stanziato 156 miliardi, pari a circa il 3% del Pil. Si tratta di investimenti in spesa viva, cioè sussidi di disoccupazione, sostegno alle piccole medie imprese, differimento di tasse. A questo si aggiunge una linea di cassa dello Stato che dà garanzie per 400 miliardi affinché le banche possano erogare alle piccole medie imprese soldi in maniera rapida per far fronte a possibili carenze di liquidità. Infine, c’è una terza linea da 200 miliardi di euro che servirà ala Germania per sostenere il capitale delle grandi imprese.

L’Inghilterra, invece, ha nazionalizzato le ferrovie inglesi per sei mesi questo significa che, in questo arco di tempo, gestirà il conto economico delle ferrovie inglesi e ciò significa che lo Stato si accollerà le perdite. Stessa cosa, ma con proporzione diverse, è stata fatta negli Stati Uniti e in Italia. La sfida, ora, è superare il passaggio dal decreto all’erogazione reale dei fondi alla piccola-media impresa, snellendo la macchina burocratica.In Italia, le imprese sono, in media, meno indebitate rispetto a quelle di altri Paesi. È evidente, però, che a fronte di una mancanza di reddito, essere poco o molto indebitati è ininfluente, è comunque complicato riuscire a mantenere in attivo il proprio business.

A oggi la priorità del Governo e delle Regioni deve essere quella di far finire l’emergenza sanitaria. Prima finirà l’emergenza sanitaria, prima tutti i provvedimenti che il governo ha introdotto potranno essere implementati e prima ci potremo allineare con quello che succede nel resto del mondo. Viviamo in una società sempre più interconnessa, perciò per un singolo Stato non è possibile pensare di poter sopravvivere economicamente se gli altri Paesi vanno a fondo. Dal punto di vista economico il mondo, a un certo punto, si riprenderà, proprio grazie a questo sforzo coordinato a livello mondiale delle banche centrali e dei Governi, seppur con conseguenze negative che non possiamo negare. Per questo, lato strategia di investimento, la nostra indicazione è di usare questa fase per aumentare l’investimento in azioni che, in questo momento, sono particolarmente depresse.

La Borsa Italiana è fra quelle in condizioni più critiche, basti pensare che Il valore totale delle imprese italiane quotate è oggi uguale al valore di Facebook. Il rapporto fra capitalizzazione di Borsa e Pil in Italia è fra i più bassi del mondo occidentale. A fine 2018, era pari al 36% contro il 148% degli USA, il 107% del Regno Unito, l’88% della Francia, il 66% del Brasile, il 55% della Germania e il 46% dell’Indonesia. Questo fattore rappresenta uno svantaggio nello scenario competitivo internazionale e rende difficile per le imprese italiane raccogliere capitali freschi per investimenti sul mercato. Oggi è un momento molto interessante per investire in Italia anche perché il nostro Paese si caratterizza per avere un rapporto molto elevato fra ricchezza finanziaria privata e reddito disponibile. A fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane era pari a 9.743 miliardi di euro, 8 volte il loro reddito disponibile.

Gli immobili hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie per un valore di 5.246 miliardi di euro. Il totale delle passività delle famiglie è stato pari a 926 miliardi di euro (principalmente mutui casa). Le attività finanziarie hanno raggiunto 4.374 miliardi di euro, in crescita rispetto all’anno precedente. Questa ricchezza finanziaria degli italiani è per la stragrande maggioranza investita in obbligazioni, in polizze assicurative a rendimento più o meno garantito. Ci sono 1.500 miliardi depositati in conti correnti, pari a quasi il 100% del PIL. Perché, quindi, prima di chiedere soldi all’Europa, non spingiamo affinché almeno una piccola parte di questa liquidità dormiente, affluisca in Borsa dando sostegno alle nostre imprese? Sosteniamo il sistema Italia. È nostro dovere essere i primi a credere nella nostra economia, una economia, da un punto di vista imprenditoriale, forte e competitiva a livello internazionale. 

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