Cosa è successo a Pontida

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Salvini ritrova il suo popolo: “Qui l’Italia che vincerà”. Dal pratone insulti e fischi a Conte e Di Maio, ma per l’ex alleato di governo il leader del Carroccio ha parole di amicizia 

 

Matteo Salvini ritrova il suo popolo a Pontida e lo chiama alla partecipazione. “Qui c’è l’Italia che vincerà”, scandisce più volte il capo leghista, dal palco dello storico raduno nelle valli bergamasche, il più affollato che si ricordi negli ultimi anni, chiedendo ai militanti di prendere parte attiva in questo percorso di “ricostruzione”.

Gli strumenti cui pensa il segretario leghista sono quelli della partecipazione popolare tramite il referendum (per eliminare la parte proporzionale del Rosatelum bis, annunciato ieri, e sulla legge sicurezza nel caso la nuova maggioranza Pd-M5s vorrà modificarla) e l’azione dei sindaci e degli amministratori locali sul territorio: il “governo del popolo contro il governo del palazzo”, “l’Italia vera contro l’Italietta dei giochini e dei palazzi”.

A Pontida anche il raduno della rabbia

Ma Pontida 2019 è anche il raduno della rabbia. Tanta è quella dei militanti, che assiepano il pratone, che più volte partono i cori contro Giuseppe Conte “buffone”, e i fischi quando viene nominato Luigi Di Maio. I leghisti prendono di mira in maniera molto pesante anche i giornalisti. In primo luogo, la mattina presto, il videomaker di ‘Repubblica’, Antonio Nasso, la cui telecamera viene colpita con un pugno da un militante, apparentemente senza motivo, mentre Nasso sta realizzando interviste sotto il palco.

Poi, intorno alle 10, ‘scuote’ il pratone l’arrivo di Gad Lerner, accreditato a documentare il raduno per ‘Repubblica’. I militanti lo accolgono con insulti molto pesanti – ‘venduto’, ‘pezzo di merda’, ‘vai a casa’ – e lo inseguono fino al gazebo stampa, dove, protetto dalle transenne, è costretto a rifugiarsi, accompagnato dal portavoce di Salvini, Matteo Pandini.

Lì dovrà restare per la maggior parte della sua permanenza all’evento, anche se poi si fermerà per un chiarimento con alcuni giovani militanti, ma a bordo transenna.

Da segnalare che l’unico a condannare dal palco gli insulti ai giornalisti sarà poi Luca Zaia. “Ringrazio i giornalisti per la loro presenza. No, ragazzi, qua non funziona cosi’: l’ospitalità è sacra”, dirà il governatore veneto. A placare la ‘piazza’ non è solo il ‘moderato’ Zaia (che suscita fischi quando cita i pronunciamenti di Giorgio Napolitano a favore dell’autonomia) ma anche lo stesso Salvini.

Il ‘capitano’ leghista che, parlando coi giornalisti, era stato molto duro con Di Maio, parlando di “fine triste” dei “traditori che, per non scomparire, vanno col cappello in mano a cercare qualche voto nelle sedi del Pd” in Umbria, salito sul palco, evoca, invece, la “pazienza”, virtù “eroica”, come – ricorda – sosteneva Giacomo Leopardi.

I toni amichevoli di Salvini con Di Maio

E, parlando del capo politico M5s, lo chiama nuovamente “amico”, perché “anche se si cambia fronte, io non cambio”, dice. Per portare avanti la sua “rivoluzione pacifica per la liberazione del Paese”, poi, Salvini promette di professare il “credo evangelico di pregare per gli avversari, i cui figli e nipoti ringrazieranno un giorno quei matti della Lega” che “offrono il “sorriso” a chi li ha traditi.

Come arrivare a vincere di nuovo? La ricetta di Salvini è di “aprire le porte della Lega, abbracciare, allargare” agli italiani di “buona volontà” che sono “schifati dal tradimento di chi ha venduto la dignità in cambio della poltrona”. E il prossimo appuntamento è per la manifestazione contro il governo Conte II, prevista per il 19 ottobre a Roma, “giornata dell’orgoglio nazionale”, che, nelle intenzioni del leghista, dovrebbe segnare anche “l’esordio del nuovo modo di fare politica che va oltre le vecchie sigle di coalizione”.

Interrogato dai giornalisti, Salvini prende le distanze dal giovane deputato di Bussolengo, Vito Comencini, che ieri aveva insultato Sergio Mattarella (“Mi fa schifo”, aveva detto all’assemblea dei Giovani della Lega). “Possono essere sbagliati i toni… bisogna sempre portare rispetto”, commenta il segretario leghista. “Sicuramente sono state fatte scelte che non corrispondono alla volontà popolare nelle ultime settimane ma io non uso l’insulto e propongo agli italiani un cambiamento”.

Il discorso sul palco di Pontida

Nel suo discorso, Salvini rispolvera molti suoi cavalli di battaglia: la politica sui migranti perché l’Italia col nuovo governo rischia di diventare il “campo profughi d’Europa”, la flat tax, che “sarà il primo provvedimento quando la Lega tornerà al governo”, e le “radici cristiane dell’Ue, di cui siamo gli unici difensori”, sostiene.

L’ex ministro dell’Interno poi ringrazia le forze dell’ordine e rende omaggio al giudice Rosario Livatino per le sue frasi contro magistrati e giudici che entrano in politica. Oltre a Lavatino, le citazioni sono un po’ quelle già sentite nel repertorio ‘salviniano’: Oriana Fallaci, Giovanni Paolo II, Margaret Thatcher e anche Enzo Ferrari.

Salvini, che aveva esordito salendo sul palco sulle note di ‘Vincerò’ del ‘Nessun dorma’, conclude il comizio facendo salire accanto a sè i bambini presenti. Tra di loro c’è anche Greta di Bibbiano, rivela, una “ragazza con i capelli rossi che dopo un anno è stata restituita alla mamma”.

“Mai più bimbi rubati a mamma papà mai più bimbi usati come merce”, chiede. E partono le note de “La libertà” di Giorgio Gaber.

Concluso il raduno, Salvini si ferma a mangiare in uno degli stand gastronomici. Gli organizzatori parlano di Pontida “record” di presenze ma non forniscono dati ufficiali, anche se la stima fatta dalla questura di Bergamo è di più di 45mila partecipanti. Di certo si tratta del più affollato raduno degli ultimi anni. I ‘vecchi’ militanti ricordano un solo ritrovo più partecipato, quello del 1994 quando Umberto Bossi lanciò l’ultimatum a Silvio Berlusconi minacciando di lasciare il governo (che poi avrebbe fatto cadare di lì a poco).

Folta la rappresentanza degli amministratori leghisti sul palco. Oltre ai governatori Zaia, Attilio Fontana, Massimiliano Fedriga, il sardo Christian Solinas e i capigruppo alla Camera e al Senato, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, per la prima volta viene data parola a una folta schiera di sindaci provenienti da tutta Italia: Vincenzo Catapano di San Giuseppe vesuviano, Anastasio Carrà di Motta Sant’Anastasia, Mario Guarente di Potenza, Mario Conte di Treviso, Leonardo Latini di Terni, Alessandro Canelli di Novara, e Michele Corti di Pisa. Spazio anche alle due candidate leghiste alle prossime elezioni regionali, Lucia Borgonzoni e Donatella Tesei, alle quali Salvini ha affidato la sfida di “liberare” l’Emilia Romagna e l’Umbria. 

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