Così la legge protegge le destinazioni d’uso dei terreni dai piromani

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La legge 353 del 2000, recepita sia in Sicilia sia in Sardegna, stabilisce che i boschi e i pascoli percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa “da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni” 

Vigili del Fuoco

 Se hai interesse a un terreno e pensi di poterlo acquistare a basso costo per poi costruirvi sopra o installarvi infrastrutture produttive come un impianto fotovoltaico, non faresti un buon affare dandogli fuoco. In Italia, infatti, la legge 353 del 2000, recepita sia in Sicilia sia in Sardegna, stabilisce che “le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni” e che “è inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione”.

L’allarme su una invasione del fotovoltaico e l’ipotesi di una relazione tra l’acquisto di terreni necessari a impiantarvi i pannelli solari e gli incendi che distruggono da anni (e non solo negli ultimi giorni) il patrimonio boschivo italiano, perdono forza di fronte a una norma del genere, intesa a scoraggiare le speculazioni edilizie e produttive ai danni dell’ambiente.

Tra questi non c’è Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia. “Mi sembra una sciocchezza – spiega all’AGI – proprio perchè una legge vieta per anni le trasformazioni urbanistiche nei terreni bruciati. E, tra l’altro, per ora è possibile fare il fotovoltaico nei terreni agricoli: dov’è il nesso? Certo, quando si parla di incendi non mi meraviglio di nulla. Mi pare, però, che non si possa porre l’accento su questo tema nel disastro di questi giorni. Ci sono tante ragioni assurde e inconcepibili di delinquenti che appiccano il fuoco, ma questo parallelismo, alimentato da una parte della stampa, mi pare fuorviante e fa perdere il nodo della questione: in questa regione gli incendi cominciano da anni a maggio e una pessima e arrugginita macchina organizzativa si mette in moto, quando va bene, a giugno, e con mezzi antiquati e personale anziano. Invece di parlare di questo, si va a guardare al fotovoltaico, contro le fonti rinnovabili. Se l’eolico era identificato con la mafia, al fotovoltaico toccherà essere associato agli incendi. Nessuno si interroga, invece, sul fatto che una ragione di questi incendi è nei cambiamenti climatici”.     

A schierarsi contro il fotovoltaico senza regole per la “difesa del paesaggio” sono, da diverso tempo le associazioni che si raccolgono nel cartello Articolo 9 (quello che nella Costituzione “tutela il paesaggio”, ndr). Spinte a farlo dal decreto Semplificazioni legato al Pnrr, hanno preso posizione contro un “consumo indiscriminato del suolo” italiano, che, argomentano, potrebbe trasformarsi in una “sterminata zona industriale senza confini”.

“Sono contro gli impianti fotovoltaici selvaggi e senza regole”, precisa Zanna, indicando “nelle cave dismesse, nell’agrivoltaico, nei capannoni industriali e nel microfotovoltaico nelle case” i siti in cui questa fonte rinnovabile può insediarsi. Ma non si può parlare di “una Sicilia trasformata in uno specchio, se alla fine è interessato solo lo 0,6% del territorio dell’isola”.  AGI

FOTOVOLTAICO INCENDI

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