Draghi: “La scienza ha fatto la differenza tra la morte e la vita”  

Scienza & Tecnologia

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© Chigi
– Il presidente del Consiglio Mario Draghi in visita ai laboratori del Gran Sasso

“Vogliamo prenderci cura della scienza così come la scienza si è presa cura di noi”. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, visita i Laboratori Nazionali del Gran Sasso in occasione del 35esimo anniversario dall’inizio delle attività del centro che lo stesso premier definisce “una delle grandi eccellenze italiane” e annuncia il sostegno pieno del governo, “senza ingerenze”, a due settori, quello della scienza e della ricerca, che in Italia sono ancora “troppo in ritardo”.

Ma Draghi si schiera apertamente anche a fianco della comunità scientifica che negli anni drammatici della pandemia ha dovuto difendersi da “pulsioni antiscientifiche” che hanno spesso avuto l’obiettivo di “delegittimare” il lavoro degli esperti.

“La pandemia ha riproposto la centralità della scienza per le nostre vite e per la nostra società – dice  – è il silenzioso lavoro dello scienziato a fare la differenza tra la morte e la vita, tra la disperazione e la speranza. Vale per lo sviluppo di vaccini e di medicinali, come per la lotta al cambiamento climatico. Senza ricerca non può esserci innovazione, e senza innovazione non può esserci progresso.

“Ma la scienza non è soltanto una somma di scoperte – aggiunge – è soprattutto metodo. Ci ricorda che alla base di ogni dibattito, anche il più acceso, devono esserci evidenze affidabili e verificabili. E che chiunque abbia posizioni di responsabilità o la capacità di influenzare il dibattito pubblico deve distinguere tra i fatti e ciò che è soltanto opinione. Oggi, ci confrontiamo con pulsioni antiscientifiche, che puntano alla delegittimazione dei singoli scienziati o delle loro istituzioni. Dobbiamo difenderli e dobbiamo coltivare la cultura scientifica, promuoverne il ruolo centrale nella società”.

Nei settori della scienza e della ricerca l’Italia è in ritardo, sottolinea il premier. Ma l’obiettivo è invertire la rotta, perché la ricerca deve essere “al centro della crescita del Paese”.

Ed è per questo che il ritardo di anni può essere in parte colmato dalle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Grazie al Pnrr “investiamo oltre 30 miliardi in istruzione e ricerca. Finanziamo fino a 30 progetti per infrastrutture innovative di rilevanza europea. Nei prossimi 4 anni, destiniamo 6,9 miliardi di euro alla ricerca di base e applicata”.

“A dicembre abbiamo pubblicato bandi, che si sono chiusi questa settimana, per un totale di circa 4,5 miliardi di euro che finanzieranno cinque Centri Nazionali, gli Ecosistemi dell’Innovazione territoriali e le Infrastrutture di Ricerca e di Innovazione. Il nostro obiettivo è favorire il progresso scientifico e coinvolgere le nostre migliori competenze”, continua il premier.

Il ritardo però non è solo nei finanziamenti e negli investimenti, ma è anche culturale. A partire dai soggetti che più sono rimasti esclusi da questo mondo, ovvero giovani e donne.

“L’impegno del Governo è partire dai giovani ricercatori”, assicura Draghi, ricordando che “il numero di nuovi dottori di ricerca in Italia è calato del 40% tra il 2008 e il 2019, ed è oggi tra i più bassi nell’Unione Europea.

Per invertire questa tendenza, raddoppiamo il numero delle borse di dottorato, dalle attuali 8-9 mila l’anno a 20mila, e ne aumentiamo gli importi. Finanziamo circa 2.000 nuovi progetti di giovani ricercatori sul modello dei bandi europei.

E riformiamo i dottorati di ricerca per valorizzare il titolo anche al di fuori della carriera accademica, e formare competenze di alto profilo nelle principali aree tecnologiche”.

Ma “realizzare il pieno potenziale della ricerca vuol dire puntare su chi è stato spesso ai margini di questo mondo: le donne.  Per troppo tempo le posizioni di vertice nella ricerca scientifica sono state appannaggio degli uomini.

“Oggi sono molte di più le ricercatrici italiane che si affermano ai massimi livelli”, ma “sono però ancora troppo poche le ragazze che scelgono studi scientifici” e “si tratta di diseguaglianze che partono da lontano, addirittura dall’infanzia”.

Per colmare questo divario e “per promuovere la partecipazione femminile al mondo delle scienze e della tecnologia dobbiamo intervenire lungo tutto l’arco dell’istruzione, dalla scuola all’università”, conclude Draghi annunciando che “come previsto dalla Strategia nazionale per la parità di genere, puntiamo a portare la percentuale di studentesse in discipline STEM almeno al 35% degli iscritti”. agi

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