Due signori e il Contratto di Governo del Cambiamento – 1° parte

Politica

Di

di Luigi Fiammata

Due signori, votati da tutti gli italiani meno uno, siedono sulle rispettive poltrone. Si agitano un po’, cercando la posizione più comoda. Le loro terga poggiano, intenzionalmente, su un vecchio libro dalla copertina cartonata. Di colore blu. Sembra un breve testo universitario della Giuffré Editore. Si intitola: “Costituzione della Repubblica Italiana”. Sotto il peso di ciascuno dei due signori, le vecchie copie del libro, si sfaldano un po’, dalla parte del dorso, e sembra possano perdere qualche pagina, ingiallita dalla mancanza di letture. I due signori sono accompagnati dai loro rispettivi avvocati difensori. Non sono in un’aula di Tribunale, ma non si sa mai. Per certe cose, occorre cautelarsi. Sono in una stanza d’albergo a ore, attrezzata, per l’occasione, per una riunione di lavoro. In discussione, c’è un “Contratto per il governo del cambiamento”: hanno una stesura finale, davanti a sé. Si tratta di un “negozio unilaterale”, che, però, dovrebbe riguardare tutti gli italiani. Compresa quell’unica persona che non li ha votati.

E, siccome i due signori si conoscono bene, e si fidano, l’uno dell’altro, la prima pagina del loro Contratto, preparata dai loro avvocati, prevede l’autenticazione delle firme. Non sia mai che uno di loro, sia in realtà la controfigura di chi dice di essere, per sfuggire poi agli obblighi assunti. Il Contratto non contiene però, clausole punitive, per chi non adempia alle obbligazioni assunte. Almeno non ne contiene nelle carte note ai lettori. Anzi, il Contratto si propone di far sempre andare i due signori d’amore e d’accordo, attraverso un Comitato di Conciliazione, costituito presso la Camera di Commercio più vicina, e non previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, quel vecchio libro dalla copertina blu, su cui sono seduti, facendo gemere un po’ le loro poltrone. E’ un Contratto Privato, che riguarda la gestione della Res Pubblica. La Cosa Pubblica, di tutti, cioè. C’è un nascosto contrasto, tra questo negozio unilaterale di 58 pagine, e il libro sul quale siedono i due signori. Perché il “governo”, quand’anche “governo del cambiamento”, non è un affare privato che richieda il riconoscimento facciale dei contraenti di un rapporto commerciale. Ma è integralmente regolato nella Costituzione della Repubblica Italiana. Quindi, il Contratto, non avrebbe dovuto essere un Contratto. Ma, semmai, un Accordo di Programma Comune. E doveva essere di 57 pagine, senza le impronte digitali, per provare che fossero esattamente quei due signori, a sottoscriverlo, quali legali rappresentanti di altri soggetti, nascosti dietro l’angolo dell’albergo a ore. Però, siccome è un Contratto, allora, la Forma, diventa Sostanza. Persino prima, dei contenuti sottoscritti.

Il Governo, che i due signori prefigurano, diventa un Negozio privato. In cerca di legittimazione. Spesso sono i fatti a dettare il ritmo delle Leggi; e si potrebbe quindi dire che, questo modo di procedere, è una naturale, nuova e corretta evoluzione della pratica politica italiana. Qualche dubbio si fa strada, però, visto che il libro, sul quale i due signori sono seduti, redatto dagli eletti all’Assemblea Costituente, ha in sé le procedure per cambiare le sue pagine. E quelle procedure non sono un Contratto, per niente proprio. Anche i due signori sono stati eletti. Ma da tutti, meno uno. E, in Democrazia, il Governo vale anche per quell’unico cittadino italiano che non li ha votati. E’ il Governo, appunto, non un Negozio privato. La differenza, non è di piccolo conto.

Un po’ se ne sono accorti, i due signori, che qualche piccolo problema si pone. Tanto che, nel secondo testo del Contratto, c’è qualche differenza col primo. Anche se non sappiamo se poi le firme autenticate le han messe o meno. Nel secondo testo, che dovrebbe essere quello valido, non c’è più scritto come sia composto il Comitato di Conciliazione per l’Amore e l’Accordo tra i due signori; c’è scritto invece che questa materia è demandata ad un successivo Accordo tra le Parti. Un Contratto a parte, quindi. Però segreto, per ora almeno. Senza diretta streaming e senza voto nei gazebo o clic telematici di mouse frenetici. Magari si rimanda perché è un Accordo che, invece, non si farà, perché proprio non si può fare. Però è bene non dirlo che non si può fare, altrimenti ci si dovrebbe chiedere se sia possibile sottoscrivere un Contratto per il Governo del Cambiamento, che, in realtà, non dovrebbe essere neanche pensato, in questa forma, ma, siccome lo hanno scritto alla fine lo hanno anche voluto e pensato proprio così, i due signori. E’ interessante, ad esempio, che i due signori siano d’accordo che, a metà della Legislatura, diciamo tra due anni e mezzo, forse un po’ dopo i prossimi Campionati Europei di Calcio e, magari, prima delle prossime Olimpiadi, si faccia una verifica dell’intesa raggiunta col Contratto. E però l’esito della verifica, gli esami insomma, coi voti e gli eventuali debiti da recuperare, non sarebbero pubblicati sulle bacheche delle Aziende dei due signori. Ma sul sito internet del Governo.

Quindi, il Presidente del Consiglio incaricato andrebbe in Parlamento a farsi votare la fiducia, sulla base di un Contratto privato, che, s’immagina, il Parlamento approvi senza neanche una riga di sconto o d’aggiunta, e che quindi diventa Programma di Governo, poi verificato, a metà percorso, con la pagella sul sito del Governo, perché i cittadini possano fare i dovuti confronti. E lasciare i dovuti commenti, e “like” e cuoricini. Ma questi, son solo formalismi, si potrebbe dire. Però certe volte in Democrazia, ad esempio, la Forma è Sostanza. Verrebbe da chiedersi a cosa serva il Parlamento, che infatti il Contratto vorrebbe adeguatamente sfoltire, nei numeri e nei costi. Lodevole intento, per carità; in realtà, però, il Contratto vorrebbe introdurre “una qualche forma di vincolo di mandato”, strappando via qualche pagina di quel libro sul quale i due signori son sempre seduti. La Costituzione della Repubblica Italiana. Perché è scomoda la Libertà degli eletti che esercitano la loro funzione senza vincolo di mandato. Un po’ di vincoli, agli eletti, bisognerebbe metterglieli.

Bisognerebbe che gli eletti facciano sempre e solo quello che hanno deciso coloro i quali hanno consentito che gli eletti fossero prima candidati, nei posti migliori della Lista o nei Collegi Unici, e, per questo, eletti. Non è necessario che Deputati e Senatori pensino con la propria testa in rappresentanza degli elettori che li hanno votati e che, a loro volta, hanno già pensato abbastanza, quando hanno votato, e ai quali verrà chiesto quindi di pensare di nuovo, solo dopo i cinque anni regolamentari. Nel frattempo possono tranquillamente mettere il cervello a riposare a bagnomaria, gli elettori e le elettrici. E quindi anche gli Eletti. Che, una volta liberati dalla libertà del vincolo di mandato, potrebbero tranquillamente fare i teleparlamentari da casa, con un contratto di telelavoro smart, pagati solo a cottimo, ogni certo numero di consensi, liberamente obbligatori, dati alle iniziative legislative autorizzate dai due signori che hanno sottoscritto il Contratto per il Governo del Cambiamento. Certo, vedere taluni Parlamentari saltare da un carro del vincitore all’altro, in barba a qualunque impegno assunto con gli elettori, provoca un incremento delle vendite di anti-emetici. E’ una tradizione storica italiana, quella del Trasformismo. Però, meglio andare in farmacia, che non poter neanche uscire di casa. Credo.

Ci si aspetterebbe, per completare il quadro di Riforma della Democrazia, che il Contratto preveda delle norme che chiariscano, finalmente con una Legge, il “metodo democratico” con il quale i Cittadini si organizzano liberamente (nei Partiti e nei Sindacati), per concorrere alla vita democratica del Paese, dice quel libro sul quale i due signori sono seduti.

Ma neanche una parola il Contratto spende in questo senso. E, d’altra parte, nessuna parola avevano speso in questo senso quelli venuti prima dei due signori. Quindi, la Democrazia nei partiti, per i due signori seduti sulla Costituzione della Repubblica italiana, può tranquillamente continuare ad essere un algoritmo brevettato da una azienda privata che consenta l’esercizio del proprio diritto a partecipare, solo previa ammissione alla propria piattaforma telematica di imperscrutabili, e oscure, profondità, e di cui l’azienda stessa è proprietaria, giocatore e arbitro insieme. O può essere anche una conversazione allegra, durante una polentata con gli uccelletti, consumata un giorno qualsiasi, tra alcuni scelti invitati, in un ridente sobborgo di una vallata pedemontana delle Alpi Cozie. Il tutto, farcito di tweet e dirette facebook, che tanto avvicinano il popolo alle élites. Verrebbe quasi da pensare che Partiti o Movimenti, che applichino tali fantasiose regole di Democrazia al proprio interno, poi le possano ritenere buone per tutta l’Italia. E pretendere che siano applicate da Canicattì a Gemona. I Congressi dei Partiti, o dei Sindacati, sono una liturgia del passato, ignobile e inutile. Truccata spesso. E lenta. E, personalmente, non ho neanche tantissima voglia di difenderne le ultime vestigia che stancamente sopravvivono. Ma qui bisognerebbe parlare della crisi di partiti, e sindacati, e diventerebbe davvero lunghissimo il mio scrivere.

Vedete, quando le questioni hanno a che fare con la Forma che diventa Sostanza, non è più un problema il nome dei due signori che sottoscrivono il Contratto. Potrebbero chiamarsi anche Pinco e Palla. Il problema è che questo “modo” diventerà legittimo per chiunque e per qualunque contenuto scelto. Oggi tocca a questi due signori, magari domani può toccare a qualcun altro. Che so, alla Signora Mafia insieme col Signor Black Rock Investment Trust, per esempio. Completando, così, una privatizzazione della Res Publica, iniziata tanti e tanti anni fa ed entrata talmente tanto dentro le coscienze da far votare alla maggioranza dei Parlamentari, alcuni dei quali oggi, con ritrovata verginità, potrebbero essere Ministri o Sottosegretari del prossimo Governo, che certe nipoti di Mubarak ogni tanto perdessero la strada di casa. Senza bisogno del vincolo di mandato. Magari, bisognerebbe esser consapevoli che le Regole appartengono a tutti, e non solo alla maggioranza. Persino in una partita di calcio, tra Real Madrid e Poggibonsi, prendere a calci l’avversario sarebbe considerato fallo e punito, chiunque sia quello che dà il calcio. Magari, quindi, non converrebbe neppure ai due signori approntare strumenti che, un domani, altri potrebbero usare con intenti opposti.

Perché, poi. Gli intenti, sono importanti, e, di intenti, è pieno il Contratto. Talmente tanto pieno, da dimenticarne alcuni, fondamentali. Quando una famiglia debba organizzare la propria vita ed i propri intenti, la prima cosa che fa, penso, sia cercar di capire su quali risorse possa effettivamente contare, per poter raggiungere i propri obiettivi. E’ possibile decidere che le risorse necessarie a pagare le Tasse Universitarie per i propri figli siano ricavate dalle vincite che, siamo certi, saranno conseguite comprando una certa quantità di “Gratta e Vinci”. Ma non è detto che, poi, tutto vada per il verso giusto. E se l’obiettivo è alto, permettere ai propri figli di studiare, laurearsi, costruirsi un futuro degno delle proprie speranze, dei propri sacrifici, della bellezza della gioventù, rigorosa dovrebbe essere la determinazione delle risorse per arrivarci. Altrimenti enunciare importantissimi obiettivi, e intenti, sarebbe solo propaganda. Non governo. Buona per nuove Elezioni. O per cominciare, da subito, a costruire le condizioni affinché, se gli obiettivi non possano esser raggiunti, la colpa sia del barista, che porta sfiga quando tocca i “Gratta e Vinci” che abbiamo deciso di acquistare.

Il capitolo “Unione Europea” è posto alla fine del Contratto. Come se, all’ultima pagina, si scoprisse l’assassino. Quello che ha la colpa di tutto. E che porta una sfiga pazzesca. E’ interessante confrontare le differenze, nel presentare l’assassino, tra la prima stesura del Contratto e quella poi considerata definitiva, redatta a qualche giorno di distanza. Da un giorno all’altro la prospettiva cambia bruscamente. Quei problemi che l’Italia ha avuto negli ultimi anni (in Italia ci sono sempre problemi, e non è necessario specificare quali essi siano, o chi affliggano), dapprima, possono essere risolti solo ridiscutendo integralmente i Trattati Istitutivi dell’Unione Europea, l’Unione Monetaria e tutto il quadro normativo di riferimento; poi, improvvisamente, quegli stessi non meglio specificati problemi, troveranno soluzione solo applicando pienamente i Trattati istitutivi dell’Unione Europea, e il quadro normativo di riferimento. Il cambiamento, repentino, è in realtà solo letterario. L’italiano, talvolta, è una lingua che consente di dire l’esatto opposto di quel che si sta preparando, convincendo tutti che è vero quel che si scrive, anche dopo che la realtà s’è incaricata di scegliere la versione più vera delle cose, quand’anche quest’ultima fosse l’esatto opposto di quel che si è scritto. Perché il punto essenziale resta immutato: “Sotto il profilo del budget, occorre ridiscutere il contributo italiano alla UE in vista della programmazione settennale imminente, con l’obiettivo di renderla coerente con il presente contratto di governo “. E’ tutta la Programmazione Europea che deve divenire coerente con gli obiettivi posti dal Contratto per il Governo del Cambiamento.

Trovano una giusta collocazione, così, alcuni concetti contenuti in altre parti del  Contratto, quali a titolo esemplificativo, ma non esaustivo: lo scorporo delle spesa per investimenti dal Deficit del Bilancio corrente; la riforma dei Trattati dell’Unione; la ratifica degli accordi sull’Agricoltura, che altrimenti non avrebbero validità, da parte dei Parlamenti nazionali; la cancellazione del peso dei Titoli di Stato Italiani, acquistati dalla Banca Centrale Europea, dal rapporto Debito/Prodotto Interno Lordo; superamento del Regolamento di Dublino riguardante i fenomeni migratori, e più in generale la ridiscussione di ogni aspetto riguardante la politica europea in merito ai migranti; il superamento delle Sentenze della Corte Europea, riguardo al divieto a differenziare trattamenti di ogni genere dello Stato Sociale, tra Residenti forniti di regolare permesso di Soggiorno e Cittadini; prevalenza della Costituzione Italiana sul Diritto Comunitario (fermo restando l’articolo 11 della Costituzione, il quale, violando il principio di non-contraddizione con il Contratto per il Governo del Cambiamento, recita che l’Italia “…consente…alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni…); il superamento della regola dell’Equilibrio di Bilancio; lo scomputo dalle spese del Bilancio Nazionale dei fondi utilizzati per l’armamento delle Polizie locali; la cancellazione della Direttiva Bolkestein, che riguarda la liberalizzazione dei servizi tra i Paesi dell’Unione, ma solo quando generi effetti negativi per gli interessi italiani.

In sostanza, l’idea dei due signori, consacrata nel Contratto per il Governo del Cambiamento, è che l’Unione Europea, dovrebbe adeguarsi a quel che loro due pensano sia giusto ed opportuno. E non è previsto che possano esservi discussioni, o magari qualche osservazione, da parte del resto dell’Unione Europea. Probabilmente, anche per l’Unione Europea dovrebbe essere previsto qualche “vincolo di mandato”. Si dà per scontato che tutto quanto scritto sia immediatamente esigibile, ed anzi, già disponibile. Abbiamo conseguito la vincita massima sul “Gratta e Vinci”, ogni giorno, per 400 giorni l’anno. Tutti gli anni a venire. Il problema delle risorse, con le quali far fronte ad intenti e impegni che il Contratto assume, è risolto.

L’Unione Europea, oggi, non è l’orizzonte di speranza costruito sulle macerie generate dalla Seconda Guerra Mondiale, e dall’opera del nazismo e del fascismo. L’Unione Europea, oggi, è posta in profonda crisi di significato da una feroce globalizzazione economica e finanziaria; dalla totale assenza di reciprocità, nei rapporti con Stati governati da regimi dittatoriali, dalla Cina all’Arabia Saudita; da fenomeni migratori figli prevalentemente d’irrisolti problemi nati con la colonizzazione operata dagli Stati Europei, tra il XVIII e il XX Secolo; da una drammatica questione ambientale e climatica, che pone e porrà problemi di sopravvivenza, all’intero genere umano; da squilibri di potere e commerciali presenti all’interno dell’Unione, che alimentano nazionalismi e chiusure. E non vi è nessuno che pensi che questo stato di cose, dell’Italia in Europa – e dell’Italia in Europa e nel Mondo – sia giusto o soddisfacente. E che, perciò, esso non debba essere cambiato. Ma, pensare che il resto d’Europa, e, quindi anche del Mondo, le cui regole e dinamiche condizionano anche l’Europa, debbano uniformarsi, così, solo per averlo scritto nelle parole contenute nel Contratto per il Governo del Cambiamento, senza neanche muovere un muscolo, è aver fede nella Magia.

La seconda parte sarà pubblicata domani

 

 

 

Luigi Fiammata

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