Eccessiva durata dei processi: il fallimento dell’introduzione dell’indennizzo e l’amplificazione del problema a causa del covid-19

Ora Legale & Diritti Umani

Di

Avv. Tommaso  Gioia

L’eccessiva durata dei processi costituisce un problema di importanza primaria nel sistema giudiziario nazionale. È un problema che ci portiamo avanti dall’inizio della Repubblica e ripercuote i suoi effetti negativi sull’intero tessuto economico nazionale.
Lo Stato ha provato a porre dei rimedi che si sono rivelati del tutto inefficaci: uno di questi è la c.d. legge Pinto che, nonostante preveda il riconoscimento di un indennizzo nei confronti del cittadino, non ha svoltato positivamente il trend della durata media di un processo.

Risale all’anno 2001 il primo tentativo di intervento posto in essere dallo stato per cercare di ridurre i tempi delle giustizia italiana, con l’introduzione, appunto, della c.d. legge Pinto, intestata al suo promotore Michele Pinto. La predetta legge indica una forma di risarcimento che può essere sintetizzata nella misura che segue:

UFFICIO GIUDIZIARIO

ANNI DI DURATA MASSIMA

INDENNIZZO PER OGNI ANNO SUCCESSIVO ALLA DURATA MASSIMA

I° GRADO

3 ANNI

Somma compresa fra € 400 ed € 800 con eventuali incrementi fino al 40%

II° GRADO

2 ANNI

CASSAZIONE

1 ANNO

La legge è stata introdotta con il fine di ossequiare quanto già indicato nel 1948 dai nostri padri costituenti all’art. 111 Cost., ovvero che “..la legge ne assicura la ragionevole durata” ma in realtà, dai numeri diffusi dagli osservatori e dal ministero della giustizia, ci si rende conto di come la legge Pinto non abbia raggiunto il proprio scopo. Già nel 2019 Luigi Pasini, segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense, aveva lanciato l’allarme asserendo che in Italia rientrerebbero nel “calderone” degli indennizzi almeno 550.000 procedimenti giudiziari. Il trend negli anni continua ad essere preoccupante; basti pensare che, a seguito dell’elevata mole di condanne risarcitorie il Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di liquidare celermente i risarcimenti in favore degli aventi diritto, ha predisposto una apposita sezione web per agevolare la presentazione delle istanze di liquidazione da parte degli avvocati.

Con l’avvento della pandemia, questa condizione già di per sé molto grave, è sprofondata in uno stallo che per forza di cose perdurerà per diversi anni. Gran parte dei giudizi pendenti hanno subito un arresto di circa un anno (in questo caso giustamente) e per questo ulteriore arresto non sarà previsto alcun indennizzo.

Come detto in precedenza, il fine della legge è stato quello di rafforzare il concetto della ragionevole durata del processo, fin li completamente ignorato dall’intero sistema giudiziario. Altro fine che il legislatore sperava raggiungesse è che la macchina giudiziaria, per osservare quanto disposto dalla nuova legge, avrebbe agito in maniera più celere per snellire il carico di giudizi pendenti. Chiaramente, all’esito dei numeri fin qui spiegati, alcun effetto è stato prodotto in tal senso.

Incassato il “fallimento” della legge Pinto, si è continuato (e si continua) a parlare per anni di una sostanziale riforma della giustizia per risolvere definitivamente il problema. L’ipotesi più gettonata in questa fase è una revisione del codice di procedura civile, additando quindi come problema portante l’eccessiva abbondanza dei termini concessi alle parti per poter spiegare le proprie difese.

In verità ci si ritrova dinanzi ad una verità che non si vuol vedere o che si fa finta di non vedere. Per gli assidui frequentatori (a vario titolo) degli uffici giudiziari, quel che emerge con chiarezza non è questione legata all’introduzione di un indennizzo o all’attuale procedura prevista per l’espletamento di un giudizio, bensì il carente numero di magistrati. Considerando l’anno prepandemico, nel 2019 in Italia si contavano 9400 magistrati a fronte di oltre 1.800.000 cause pendenti dinanzi ai vari uffici giudiziari (dato riportato dal Consiglio nazionale forense). Da un calcolo di mera divisione aritmetica emerge che per ogni giudice vi sono 191 cause da gestire.

Un numero davvero troppo elevato, per colpa del quale, magari, qualche giudizio non viene nemmeno condotto e concluso con la necessaria tranquillità.

Anche se ci si vuole girare intorno, La soluzione del problema è una soltanto, avere il coraggio di ampliare in maniera significativa l’organico dei magistrati. Sarebbe necessario almeno raddoppiarne il numero per giungere ad una certa “serenità giudiziaria”. In un articolo del sole 24 ore del 2018 veniva riportata come un trionfo la notizia che gli indennizzi derivanti dalla legge Pinto fossero scesi da 456 a 336 milioni di euro. In realtà, a pensare al numero di magistrati che si potrebbero pagare con la stessa somma, non vi è tanto da pensare positivo sul punto. Magistrati che andrebbero anche a generare l’effetto del gettito fiscale.

Se poi alle somme spese annualmente per l’irragionevole durata del processo si associano anche i danni che generalmente provoca la lentezza giudiziaria sul sistema economico nazionale, il numero assumerebbe una portata che ben permetterebbe un significativo ampliamento dell’organico dei magistrati che condurrebbe a quello che realmente i cittadini vogliono, ovvero giustizia rapida e non irrisori indennizzi.

Redazione Corriere Nazionale

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