Ecco perché il numero dei lupi in Italia aumenterà ancora

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Il biologo dell’Università di Roma, Luigi Boitani, parla del record di 3.300 esemplari stimati da Ispra e del fatto che sulle Alpi ci sono le condizioni per una maggiore diffusione.

di Fabio Florindi

© CLAUDE BALCAEN / BIOSPHOTO
–  Un esemplare di lupo italiano

 

AGI – Con il declino dell’agricoltura di montagna e lo spopolamento delle zone interne, è scattato il ritorno del lupo. Gli ultimi dati di Ispra, infatti, stimano la presenza in Italia di circa 3.300 esemplari, un record da quando esistono i censimenti. E non è finita qui, perché questo carnivoro ha ancora margini di espansione, in particolare sull’arco alpino.

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Il biologo dell’Università di Roma, Luigi Boitani, intervistato dall’AGI, traccia un quadro della situazione: “I numeri dati da Ispra producono una forchetta tra i 3.000 e i 3500 esemplari, sulle Alpi sono un po’ meno di mille e il resto sono sugli Appennini. I lupi aumentano perché in italia per loro c’è molto da mangiare, con cinghiali, cervi e caprioli che proliferano, qualche animale domestico (ma non tanti) e molti rifiuti. In generale sono aumentati gli animali selvatici nel loro complesso, perché è diminuita l’agricoltura di montagna”. Secondo Boitani “sulle Alpi il lupo non ha terminato la sua espansione: ci sono molte zone dove non c’è ancora, mentre sull’Appennino non credo ci sia margine per un ulteriore aumento”.

Ma non è stata sempre così facile la vita per il lupo, anzi qualche decennio fa ha rischiato addirittura l’estinzione. Considerata una specie nociva, a metà anni ’70 era scomparso dalle Alpi e la sua presenza sugli Appennini si riduceva a un centinaio di esemplari. Per questo il governo corse ai ripari e tolse il lupo dalle specie nocive, vietando la caccia e l’uso di bocconi avvelenati. Pochi anni dopo, fu considerato “specie integralmente protetta”. La popolazione ha iniziato lentamente a crescere negli anni ’80 e poi nel decennio successivo c’è stato un primo boom.

Oggi sembra che una convivenza tra uomo e lupo sia possibile: “Come si sta vedendo, lo è. La maggior parte della gente vive nelle città, quindi il lupo è un fantasma. Poi ci sono quelli più a stretto contatto, che vivono in centri più isolati”, sottolinea Boitani. Il pericolo che questo animale rappresenta per gli allevamenti è spesso sovrastimato: “Che il lupo si mangi le pecore è una realtà, ma da noi sono pochissime ormai le greggi. Certo, localmente ci possono essere momenti di frizione fortissima ma perché molti si sono abituati a lasciare gli animali liberi, sperando di ritrovarli tutti vivi. Invece con il lupo bisogna mettere in atto azioni che costano tempo e lavoro. Come in passato, dove si usciva con cani pastori e greggi più piccoli, e bisognerebbe utilizzare anche reti elettriche e più pastori”. Con questi accorgimenti i problemi verrebbero quasi azzerati.

Il lupo è una specie utile per combattere i danni all’agricoltura provocati dagli ungulati, visto che tra le sue prede ci sono cinghiali e cervi: “Ogni specie – sottolinea Boitani – serve perché ha un suo ruolo nell’ecosistema. Il lupo sicuramente aiuta nel contenere le popolazioni degli  ungulati. In Italia, poi, il lupo è un elemento centrale della nostra cultura, è ovunque, è anche il simbolo di alcune città, tra cui Roma. Farne a meno significherebbe perdere un pezzo della nostra cultura. Tra l’altro hanno anche un ruolo sul piano economico, basta pensare ai 2 milioni di visitatori del Parco nazionale d’Abruzzo che vanno lì per vedere l’orso e il lupo”. Infine, è cambiata la percezione delle persone verso questo carnivoro: “Secondo un recente sondaggio il 95% degli italiani lo considera intoccabile, quasi sacro”, conclude il biologo.

 

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