Ellis Island. La porta dell’America

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L’isoletta semi artificiale situata di fronte a New York, alla foce del fiume Hudson, chiamata Ellis Island, è stata dal 1892 alla fine di novembre 1954, il luogo d’ingresso per i tanti che sbarcavano da migranti autorizzati, con documenti in regola, negli Stati Uniti. Fu la porta d’ingresso per l’America, un po’ come lo è adesso per l’Europa, la molto meno organizzata isola di Lampedusa per l’emigrazione sopratutto clandestina. Attraverso quei locali, ricavati da un antico arsenale militare, sono transitati circa 12 milioni di americani in “pectore” e altri 8 milioni erano passati, in precedenza, attraverso gli uffici del Castle Garden Immigration Depot di Manhattan.

La selezione per aspirare a divenire “futuri americani” era severa. Iniziava, prima di tutto, con un’accurata visita medica, per accertare le condizioni di salute di ogni richiedente. Subito dopo il destino degli emigrati si divideva.

Coloro che mostravano problematiche erano indirizzati in altri locali per affrontare controlli più approfonditi, in base a a linee guida che prevedevano la non ammissione dei vecchi, dei deformi, dei ciechi, dei sordi e di quanti presentavano malattie contagiose o mentali, ovvero qualsiasi altra infermità ritenuta invalidante, determinante l’inesorabile esclusione dall’accoglienza sul suolo americano. Per questi c’era l’immediato reimbarco sulla stessa nave che li aveva portati negli Stati Uniti.

Quanti, invece, superavano questo primo “step” passavano al successivo consistente nella registrazione in elenchi riportanti il luogo di nascita di ognuno, lo stato civile, ove s’intendeva dirigersi, la disponibilità di denaro, nonché l’indicazione di parenti o conoscenti già nel Paese. Era anche necessario indicare la professione o mestiere ed eventuali precedenti penali. Se tutto era ok, erano ammessi a sbarcare e rimanere sul suolo americano, grazie ad una autorizzazione che li conduceva sul traghetto per Manhattan. Da lì in poi, il futuro dipendeva dalla fortuna che occorre sempre, e dalle capacità di ogni individuo.

Nel tempo, i flussi migratori furono contingentati sempre più e tra i test d’ingresso apparve anche quello dell’alfabetismo. Ciò ha rappresentato spesso un grave problema per i nostri connazionali; si pensi, infatti, che in Italia nel 1921 il tasso di analfabeti, tra uomini e donne, era pari al 35% ed era ancora del 13% a ridosso delle lezioni televisive condotte dal maestro Manzi, protagonista della fortunata serie educativa “Non è mai troppo tardi”, nel 1960.

In proposito, il regista Emanuele Crialese, nel 2006, ha firmato un bellissimo lungometraggio, “Nuovomondo”, che descrive il caso di una famiglia siciliana, di Petralia Sottana (PA), emigrante negli Stati Uniti d’America e il difficile impatto con la realtà di Ellis Island.

L’isoletta di cui è cenno, prima di diventare quella ben conosciuta dagli emigranti, era un lembo di terra in origine appartenuto alle tribù indigene del luogo e solo nel 1785 prese il nome di Ellis, a seguito dell’acquisto da parte del mercante Samuel Ellis, che costruì sul posto una taverna per pescatori. Il tratto di terra era anche noto per essere destinato all’impiccagione dei pirati che infestavano quelle acque, preziose per i commercianti dediti  alla pesca ostriche.

In seguito l’isola passò di mano. Ne divenne proprietario lo stato di New York che vi costruì un forte nel 1810, armandolo con cannoni e un arsenale militare volto alla difesa della omonima baia. Verso la fine del secolo fu ceduto al servizio federale per l’immigrazione, considerato che, i vecchi uffici sin lì ubicati nell’isola di Manhattan, in un vecchio edificio costruito nel 1855, il Castel Garden, non erano più idonei a far fronte al massiccio fenomeno migratorio. Il forte si trasformò in luogo di prima accoglienza per gli immigrati divenendo nel tempo il simbolo del fenomeno stesso. Nel corso della prima e della seconda guerra mondiale furono anche ospitati i cittadini “nemici” che risiedevano sul suolo USA, quali italiani, giapponesi e tedeschi.

Al termine del conflitto, il servizio d’immigrazione si trasferì di nuovo a Manhattan, cosicché gli edifici, dopo un periodo in cui trovò posto un centro di addestramento della guardia costiera, rimasero vuoti. Cosicché nel novembre del 1954, del transito di migranti sull’isoletta rimase solo un ricordo. Dal 1976 le mura della ”porta per l’America” divennero, in gran parte sede del grande “Ellis Island Immigration Museum”, edificio che celebra la storia dell’immigrazione straniera negli USA.

Giuseppe Rinaldi 

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