Entro un mese resteremo senza olio di girasole

Economia & Finanza

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La chiusura dei porti sul Mar Nero ha bloccato gli scambi dei due maggiori produttori mondiali, l’Ucraina e la Russia, che riforniscono l’industria europea, Italia compresa, esclusivamente via mare.

Le navi che trasportano olio o semi di girasole sono tutte ferme, in particolare presso Mariupol e Odessa, centri nevralgici del commercio via mare.

© Andreas Korner / Agf – Un campo di girasoli

AGI – La crisi ucraina colpisce duramente anche l’industria degli oli da semi, in particolare nel segmento del girasole. Entro un mese, con l’attuale andamento dei consumi, le scorte sono destinate a finire. L’allarme arriva da Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia, aderente a Federalimentare e Confindustria.

“Questo conflitto – avverte Carlo Tampieri, presidente del gruppo Oli da semi dell’Associazione – sta facendo molto male al nostro settore, oltre che ai consumatori, perché rende difficile l’approvvigionamento di materia prima e, di conseguenza, l’attività delle singole imprese”.

La chiusura dei porti sul Mar Nero ha bloccato gli scambi dei due maggiori produttori mondiali di girasole, l’Ucraina e la Russia, che riforniscono l’industria europea, Italia compresa, esclusivamente via mare. Le navi che trasportano olio o semi di girasole sono tutte ferme, in particolare presso Mariupol e Odessa, centri nevralgici del commercio via mare.

Il girasole è la base essenziale di numerosi filoni produttivi, alimentari e non, dell’economia italiana. Si va dall’olio, apprezzato dall’industria alimentare e in ambito bakery, alle farine per uso zootecnico e alle oleine, fondamentali per l’industria oleochimica ed energetica, ad esempio per il biodiesel, il comparto industriale incrocia settori diversi, ma ugualmente importanti per la nostra economia. In particolare il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle 770.000 tonnellate.

A cosa serve l’olio di giirasole

È impiegato nella produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili, tutti prodotti destinati alla grande distribuzione alimentare. Inoltre, il mondo della ristorazione lo predilige per le fritture.

L’industria italiana di spremitura produce solo 250,000 tonnellate di olio grezzo: ecco perché il comparto si rivolge soprattutto all’Ucraina, che insieme alla Russia rappresenta il 60% della produzione mondiale di olio di girasole e circa il 75% dell’export mondiale di questo prodotto, per reperire i quantitativi mancanti.

Secondo dati elaborati da Assitol, a partire dal 2015, grazie all’aumento dei consumi, la quota di import di olio grezzo dall’Ucraina è cresciuta, passando dal 54% al 63%. “Questi dati fotografano il peso delle importazioni di girasole – sottolinea Tampieri – e la difficoltà, per il comparto, di muoversi in un contesto di guerra, che vede bloccati i trasporti non soltanto da e per l’Ucraina, ma da tutto l’Est Europa”.

Dall’inizio del conflitto a oggi, sono almeno 50.000 le tonnellate di olio grezzo di girasole ferme nei porti ucraini e mai arrivate in Italia. “Se la guerra cessasse nei prossimi giorni – osserva ancora Tampieri – tornare alla normalità sarebbe comunque complesso. Tuttavia, la situazione potrebbe complicarsi ulteriormente, se il conflitto dovesse proseguire, perché salterebbe la semina, prevista in primavera”.

Dalla grande distribuzione commerciale, dove l’olio di girasole ha uno spazio importante, alla lecitina, impiegata nel settore dolciario e in panificazione, fino ai mangimi per la zootecnia, sono tanti i settori coinvolti direttamente dalle difficoltà di approvvigionamento.

Per riuscire a diversificare, almeno in parte, le forniture, le aziende chiedono tempo e, soprattutto, di evitare misure che possano colpire le imprese olearie, già in notevole difficoltà.

“Invitiamo le istituzioni ad agire con ragionevolezza. Eventuali sanzioni, come i dazi o, peggio, i divieti sull’import, risulterebbero dannose non soltanto per il nostro settore, ma per tutta la filiera agroalimentare italiana, provocando al tempo stesso un forte contraccolpo negativo sull’Ucraina”, conclude Tampieri.

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