Donald Trump, nella sua visita in Polonia dello scorso luglio, ha molto discusso la questione di come assicurare affidabili forniture di energia ai paesi dell’Europa centro-orientale.
Durante il suo incontro con i leader regionali a Varsavia, Trump ha sostenuto che gli Stati uniti potrebbero incrementare le forniture di gas LNG agli Stati Baltici e servire anche i paesi dell’Europa centro-orientale; inoltre, ha aggiunto che le esportazioni statunitensi potrebbero servire da leva politica per ridurre la dipendenza energetica della regione dalla Russia; anche se in realtà, la regione stessa, attraverso una serie di politiche e iniziative strategicamente importanti, si sta già muovendo verso una maggiore sicurezza energetica.

“Quello che stiamo vivendo oggi può essere definita una lotta per la leadership di principale distributore di gas naturale in Europa”, ha dichiarato Andris Sprūds, il direttore dell’Istituto lettone di affari internazionali. Lui inoltre, ha individuato due potenziali scenari per la fornitura di gas naturale: in primo luogo, uno dei principali fornitori degli Stati dell’Europa centrale e orientale potrebbe diventare la Germania, che riceve gran parte del suo gas naturale dalla Russia; nella seconda opzione, la funzione di leadership per la distribuzione regionale del gas potrebbe essere una esclusiva della Polonia, che recentemente ha accolto con favore il primo carico di approvvigionamento di gas naturale liquefatto (LNG) dagli Stati Uniti, nel suo nuovo terminale a Świnoujście.
Storicamente, è la Russia il più grande fornitore di gas naturale per i paesi baltici e i paesi dell’Europa centrale e orientale; ma dopo la crisi del gas russo-ucraina del 2006 e 2009, l’invasione russa della Georgia nel 2008, l’annessione della Crimea e la guerra in corso contro l’Ucraina, iniziata nel 2014, la fiducia dei paesi del Mar Baltico nella Russia, come stabile ed affidabile fornitore, è diminuita notevolmente. Di conseguenza, la regione ha drasticamente aumentato la sua ricerca di forme alternative e più sicure di produzione e di importazioni di energia.

Circa cinque anni fa, Gazprom, il grande fornitore russo, era ancora l’unica opzione valida per gli Stati baltici quando si trattava di acquisti di gas; tuttavia, la decisione del governo lituano di stabilire un terminale di GNL a Klaipėda nel 2014, è diventata una storia di successo, non solo per i tre paesi baltici, ma anche per gli altri paesi della regione del Mar Baltico. Insieme al terminale polacco a Świnoujście, Klaipėda evidenzia come le dinamiche regionali si stiano costantemente muovendo verso la ricerca di una maggiore sicurezza nell’approvvigionamento e per un aumento delle rotte di transito.
Nel 2004, con l’allargamento dell’Unione europea, tutti gli Stati litorali del Mar Baltico (esclusa la Russia) si sono legati al mercato unico europeo. Inoltre, i Baltici fanno parte dell’Unione Energetica, attualmente in formazione, che mira a mantenere un comune sicuro spazio energetico in tutto il continente europeo. Le migliori interconnessioni e una strategia per una efficace diversificazione, che sono state vantaggiose anche per creare un mercato comune dell’UE, hanno già ridotto la dipendenza regionale da qualsiasi singolo fornitore di energia, in particolare la Russia. Per esempio, dal 2015, la Polonia ha la capacità di importare l’85 per cento delle sue importazioni di gas da fonti diverse da quelle dell’est; e grazie agli sforzi diplomatici regionali, i mercati dell’elettricità della Lettonia e degli altri due Stati baltici, sin dall’inizio del 2017 sono stati con successo integrati nell’ambito dello scambio di elettricità “Nord Pool” e collegati alla Polonia.

Per quanto riguarda la solidarietà energetica europea, tuttavia, è nata una contraddizione tra i paesi dell’Europa centro-orientale e alcuni paesi dell’Europa occidentale che considerano la Russia come un affidabile fornitore di energia, vale a dire la Germania e l’Italia. Attualmente un osso duro di contestazioni è rappresentato dal progetto di pipeline Nord Stream II, che porterà altri 55 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo lungo il mar Baltico, fino alla Germania, inibendo interamente la Polonia e gli Stati Baltici. Insieme ai paesi dell’Europa centrale e sudorientale, e sostenuta dall’Unione europea, la Polonia è una delle forze trainanti per creare un corridoio energetico nord-sud atto a superare le attuali barriere esistenti tra i mercati nazionali dell’energia nella regione.

Questi paesi partner, tuttavia, comprendono anche l’importanza di portare la Germania nel gruppo di solidarietà di approvvigionamento del gas con la Polonia. Varsavia ha indicato che, nel caso in cui venisse costruito Nord Stream II, potrebbe astenersi dall’usare le interconnessioni di gas naturale con la Germania: per la Germania, la pipeline progettata è un progetto commerciale, mentre la Polonia e alcuni paesi dell’Europa centrale e settentrionale la considerano un’iniziativa politica, carica di negative e profonde conseguenze per la loro sicurezza energetica. Inoltre, l’espansione di Nord Stream II solleva preoccupazioni nella regione riguardo alla Germania e all’eventuale futura “amicizia” con la Russia, e quale potrebbe essere la risposta di Berlino a qualsiasi possibile crisi, o instabilità che vedesse coinvolta Mosca nella regione del Mar Baltico.

A differenza di Nord Stream II, ci sono in funzione altri due gasdotti regionali che hanno veramente il potenziale di migliorare la situazione della sicurezza energetica degli Stati Baltici. Il primo, il Gas Interconnection Poland-Lithuania (GIPL che sarà totalmente completato nel 2020), che fisicamente collegherà gli Stati baltici con il resto della rete europea di gasdotti; il secondo condotto collega i sistemi di trasmissione di gas finlandesi ed estoni. La Commissione europea s’è impegnata a cofinanziare entrambi i progetti utilizzando il fondo CEF.

Un’altra fonte di energia attualmente in fase di introduzione nei paesi baltici, sono le energie rinnovabili. A differenza del petrolio o del gas, le fonti rinnovabili di energia non sono generalmente soggette a crisi politiche e i loro prezzi non sono di solito influenzati dagli sviluppi internazionali. Inoltre, la tecnologia relativa alle energie rinnovabili sta diventando sempre più economica. In molti luoghi, entro l’anno 2027, le centrali solari e eoliche produrranno energia più a buon mercato rispetto che i tradizionali impianti a combustione fossile. Secondo uno studio pubblicato dall’Istituto Latino di Affari Internazionali, l’energia eolica installata a livello globale ridurrà nel prossimo decennio i costi di produzione energetica del 19%. Allo stesso modo, il costo della tecnologia solare sarà ridotto del 26 per cento.

La capacità di fornire energia quando, e dove è necessaria, è un prerequisito per il successo di qualsiasi rete energetica; e mentre un singolo fornitore non può godere di completa fede, è anche completamente antitetico a tale scopo. I paesi dell’Europa centrale e orientale chiaramente comprendono che, con più grande è la varietà di fonti di energia – non menziono una maggiore fiducia politica ed economica tra i partner – tanto più robusto e sicuro può diventare il sistema di sicurezza energetica.