Europea sui migranti l’italia chiede una ‘cellula di crisi’ europea sui migranti

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Cei, no a clima di paura. Ungheria deferita a corte giustizia

Conte scrive all’Ue e propone che la distribuzione dei migranti sia affidata a un comitato di crisi sotto l’egida di Bruxelles. La commissione lavora a un meccanismo per Coordinarsi sugli sbarchi, prima che possa essere istituito un sistema completo per la riforma dell’asilo. I partner europei dovranno valutare la decisione italiana di non accettare piu’ lo sbarco automatico nei porti. La Cei: ‘Basta con il clima di paura e rifiuto, no a soluzioni a buon mercato, non ci si puo’ voltare dall’altra parte’. Salvini: ‘Salveremo quante piu’ vite e’ possibile facendo partire meno gente possibile’ ma senza riaprire i porti. Open Arms: ‘Dell’Italia non ci si puo’ fidare’. La Ue deferisce l’Ungheria alla Corte di Giustizia per i mancati ricollocamenti.

“E’ essenziale dotarsi da subito di un meccanismo Ue di gestione rapida e condivisa dei vari aspetti relativi alle operazioni di Search and Rescue” attraverso “una sorta di cellula di crisi” che abbia il compito di “coordinare le azioni” degli Stati “riguardo all’individuazione del porto di sbarco e dei Paesi disposti ad accogliere le persone soccorse. Il mio suggerimento e’ che tale meccanismo venga coordinato dalla Commissione europea (dalla Dg Home, ad esempio)”. Lo scrive Giuseppe Conte nella lettera inviata il 17 luglio a Juncker e Tusk.

“L’argomento – aggiunge il presidente del Consiglio nella seconda lettera inviata ai vertici delle istituzioni Ue dopo la prima del 14 luglio – e’ stato oggetto di un primo scambio di idee in occasione degli incontri che la Direttrice Generale della DG Home, Paraskevi Michou, ha avuto il 16 luglio qui a Roma con le Amministrazioni competenti. Anche sulla base di tali preliminari contatti, l’Italia trasmettera’ un contributo tecnico”. Per Conte, infatti, “la vicenda dell’imbarcazione proveniente dalla Libia con circa 450 persone a bordo alla cui presa in carico stanno contribuendo diversi Stati membri dell’Ue ha fornito due importanti conferme: la fattibilita’ di azioni condivise degli Stati membri per gestire la sfida migratoria” e “la particolare urgenza di attuare le conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno sulla migrazione”.

“Avvertiamo in maniera inequivocabile che la via per salvare la nostra stessa umanita’ dalla volgarita’ e dall’imbarbarimento passa dall’impegno a custodire la vita. Ogni vita. A partire da quella piu’ esposta, umiliata e calpestata”. Lo scrivono i vescovi italiani in una nota ufficiale sulla questione dei migranti in cui chiedono di passare “dalla paura all’accoglienza”. La Presidenza della Cei assicura: “Rispetto a quanto accade non intendiamo ne’ volgere lo sguardo altrove, ne’ far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto”. Richiamano l’immagine della profuga salvata in mare: “Gli occhi sbarrati e lo sguardo vitreo di chi si vede sottratto in extremis all’abisso che ha inghiottito altre vite umane sono solo l’ultima immagine di una tragedia alla quale non ci e’ dato di assuefarci. Ci sentiamo responsabili di questo esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture. E’ la storia sofferta di uomini e donne e bambini che, mentre impedisce di chiudere frontiere e alzare barriere, ci chiede di osare la solidarieta’, la giustizia e la pace”. “Come Pastori della Chiesa non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato. Rispetto a quanto accade non intendiamo, pero’, ne’ volgere lo sguardo altrove, ne’ far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi”, sottolineano i vescovi.

La Comunita’ di Sant’Egidio si unisce all’appello sui migranti, per passare “dalla paura all’accoglienza”, lanciato oggi in una nota dalla Conferenza Episcopale Italiana. E’ doveroso sentirsi “responsabili” di quello che la Cei definisce “un esercito di poveri, vittime di guerre e di fame, di deserti e torture”. È cio’ che ci ha invitato a vivere Papa Francesco sin dall’inizio del suo pontificato che, non a caso, ha avuto a Lampedusa il suo primo viaggio pastorale. Da allora tante realta’ cristiane in Italia non solo hanno parlato ma hanno anche cercato di mettere in pratica quella “cultura incisiva e capace di proteggere” di cui parlano i vescovi italiani nella nota. I corridoi umanitari, che Sant’Egidio sta portando avanti dall’Etiopia con la stessa Cei e dal Libano con le Chiese protestanti, sono un esempio di come si puo’ accogliere e integrare con il coinvolgimento di una parte significativa della societa’ italiana e la generosita’ di tanti.

“Salveremo quante piu’ vite e’ possibile facendo partire meno gente possibile”. Cosi’ risponde il vicepremier Matteo Salvini a chi gli chiede dell’intervento dei vescovi italiani sull’immigrazione. Ma riaprirete i porti alle Ong? “No”, risponde il ministro. Riaprire i porti alle ong “significa invogliare i trafficanti a mettere questi disperati sui gommoni pronti ad affondare perche’ si sa che c’e’ qualcuno, forse, pronto a raccattarli. Meno amici degli scafisti si sa che ci sono in mare, meno persone saremo costretti a piangere”, aggiunge Matteo Salvini.

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