Evasione fiscale se non si dichiara la caparra

Compravendita. Evasione fiscale per chi non dichiara la caparra confirmatoria

Noi e il Condominio

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Evasione fiscale per chi non dichiara la caparra percepita nell’ambito di una compravendita. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23837 del 21 giugno 2022. Respinto il ricorso del venditore di un complesso immobiliare, che aveva incassato 800 mila euro a titolo di caparra, senza denunciarli in dichiarazione dei redditi. Per la Corte la caparra rientra nell’imponibile. Se viene omessa ai fini IRPEF si rischia la condanna per dichiarazione infedele ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000.

Il fatto

La vicenda riguardava un contratto preliminare di vendita di un complesso immobiliare concluso dall’imputato, quale promittente venditore. Il contratto prevedeva il pagamento, da parte del promissario acquirente, di 800mila euro quale acconto sul prezzo. Somma che, in caso di inadempimento, quale somma che il promittente venditore avrebbe incamerato “a titolo di penale”.

La predetta somma di 800mila euro – effettivamente trattenuta dall’imputato a seguito della mancata stipula del contratto definitivo – costituiva reddito imponibile ai fini IRPEF. Come tale, avrebbe dovuto essere oggetto della relativa dichiarazione nell’anno 2010. Da qui la condanna del venditore per il reato di dichiarazione infedele.

Caparra confirmatoria

La caparra “incita le parti a darvi esecuzione, considerato che colui che l’ha versata potrà perdere la relativa somma e la controparte potrà essere, eventualmente, tenuta a restituire il doppio di quanto ricevuto in caso di inadempimento ad essa imputabile”.

Anticipazione del prezzo

La caparra può svolgere, inoltre, funzione di anticipazione del prezzo, nel caso di regolare esecuzione del contratto preliminare. Costituisce invece un risarcimento forfetario in caso d’inadempimento, poiché – si legge nella sentenza – “il suo versamento dispensa dalla prova del quantum del danno subito in caso di inadempimento della controparte, salva la facoltà di richiedere il risarcimento del maggior danno; mentre nell’ipotesi di regolare adempimento del contratto preliminare, la caparra è imputata sul prezzo dei beni oggetto dei definitivi, assoggettabili ad iva, andando a incidere sulla relativa base imponibile e, prima ancora, ad integrare il presupposto impositivo dell’imposta, in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4, l’inadempimento ne propizia il trattenimento, che serve a risarcire il promittente venditore”.

Redditi e risarcimento danni

Secondo i giudici, la clausola penale rientra pienamente nel disposto dell’art. 6, coma 2, del TUIR, secondo il quale sono considerati redditi della stessa categoria di quelli perduti le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di diritti. In caso di inadempimento dell’obbligazione principale, la rilevanza dell’imposizione diretta della corresponsione della penale ha per base la visione civilistica della fattispecie come essenzialmente risarcitoria.

In seno all’incremento patrimoniale che si verifica a vantaggio della parte non inadempiente, con l’introito della penale – prosegue la Corte  – “sono state individuate, ai fini tributari, una componente risarcitoria della perdita subita ed una componente risarcitoria del mancato guadagno; quest’ultima è assimilata a reddito, e quindi assoggettata ad imposizione diretta, in quanto surrogatoria del mancato reddito a causa dell’inadempimento dell’altro contraente”.

Evasione fiscale per chi non dichiara la caparra della  compravendita

Per la cassazione, dunque, la penale è assoggettabile ad imposizione diretta, in quanto la prestazione principale rimasta ineseguita (cessione dell’immobile) avrebbe costituito reddito ai sensi dell’art. 67, comma 1, tuir.

Giuseppe Donato Nuzzo

corrierenazionale.net 

 

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