Fari accesi su Ucraina, Swift e banche centrali

Economia & Finanza

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I temi della settimana economica che comincia. In febbraio Wall Street chiude il mese con un calo del 3%

© JAKUB PORZYCKI / NURPHOTO / NURPHOTO VIA AFP

AGI – Wall Street chiude il mese di febbraio in calo del 3%, nonostante il rimbalzo delle due ultime sessioni, uno strano rimbalzo, che ha visto i mercati sfidare un Putin aggressivo e vincente in Ucraina. “La prossima settimana – commenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Partners – prevedo una Fed che andrà avanti un po’ per i fatti suoi, senza guardare troppo alla guerra, a differenza della Bce, che invece è all’epicentro della crisi, semmai concedendo come unico ‘sconto’ un rialzo di 25 anziché 50 punti base a marzo”.

I principali market mover comunque saranno tre: l’Ucraina, lo Swift – cioè il sistema di messagistica interbancario che regola i pagamenti tra le banche dello stesso paese e di paesi diversi -, e le prossime mosse delle banche centrali, che culmineranno mercoledì pomeriggio, quando, nel giro di poche ore, interverranno il ‘falco’ della Fed, James Bullard, il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell e il capo economista della Bce, Philip Lane.

Lunedì 28 febbraio ci sono da segnalare due appuntamenti importanti: la riunione dell’Opec+, che lascerà invariati gli aumenti di 400 mila barili al mese, anche se la Russia, vista la situazione, potrebbe solo fare finta di aderire a questi aumenti produttivi, anche se poi di fatto non li farà. Sempre lunedì ci sarà l’inflazione preliminare dell’area euro, che a febbraio è attesa salire dal 5,1% al 5,3% annuale. Ovviamente l’Ucraina resterà il principale market mover della prossima settimana. In ballo c’è la sopravvivenza di Kiev, il negoziato di Minsk e un’invasione, che è molto diversa da quelle russe precedenti, in Georgia e in Crimea, perchè Putin, dopo l’Ucraina, minaccia di alzare la posta e il suo prossimo ‘target’ potrebbero essere i Paesi baltici, che sono sotto l’ombrello dell’Alleanza Atlantica. Inoltre al tavolo negoziale Putin ha sollevato la questione dei missili Nato in Romania e in Polonia. Per fermare questa escalation, che tra l’altro rischia di innescare pericolose reazioni a catena, come quella di spingere la Cina ad attaccare Taiwan, occorre andare oltre le sanzioni tutto sommato soft fin qui applicate e isolare la Russia. E per farlo, l’unico vero deterrente è escludere la Russia dallo Swift, il sistema di messaggistica che regola i pagamenti bancari da paese a paese, anche se questo significherebbe attivare “una bomba atomica economica”. I ministri degli Affari Esteri dell’Unione europea si riuniranno sulla crisi ucraina oggi alle 18 in videoconferenza per tornare a discutere delle misure di sostegno al Paese invaso dalla Russia. Sul tavolo, la possibile valutazione di ulteriori sanzioni tra cui l’estromissione della Russia dal sistema bancario Swift, dopo l’apertura del governo tedesco a una soluzione mirata.

Swift, cosa è e perché togliere la Russia spaventa l’Occidente

Ma cosa è lo Swift e perché l’esclusione della Russia dal circuito globale dei pagamenti spaventa tanto l’Occidente? “Diciamo pure che l’esclusione dallo swift potrebbe comportare ripercussioni non solo per la Russia ma anche per l’Europa” dice Cesarano. Lo Swift è un acronimo, che sta per Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, Società per le telecomunicazioni finanziarie mondiali, di cui sono proprietarie 3.500 banche. La società ha sede a Bruxelles ed è stata creata nel 1973, per cui è una roba vecchia ma importante, perché è l’infrastruttura tecnologica indispensabile attualmente per i pagamenti di beni, servizi, materie prime e – soprattutto – prodotti energetici, inclusi il gas e il petrolio, che costituiscono la principale ricchezza della Russia. Lo Swift è lo standard che si usa per concludere ordini, scambi di valuta, vendite e acquisti.
Tagliare fuori Mosca da questa autostrada internazionale dei pagamenti bancari è una mossa molto pericolosa, perché significa isolarla, non permetterle di fare pagamenti ma anche di riceverli. La Russia si impoverisce perché non può incassare soldi, ma anche gli altri non possono pagarla e dunque non possono più acquistare gas e petrolio. Tante aziende occidentali, non potendo più ricevere pagamenti dalla Russia potrebbero andare morose. La minore offerta di gas e petrolio russo a sua volta potrebbe innescare forti rialzi dei prezzi riducendo fortemente il potere di acquisto delle famiglie e mettendo in difficoltà le aziende. Di conseguenza potrebbero aumentare le sofferenze bancarie. Estromessa dallo Swift la Russia potrebbe smettere di fornire materie prime e questo rischierebbe di metterebbe in difficoltà Paesi come l’Italia, che dipende per il 40% dal gas russo e non potrebbe certamente sostituirlo in breve tempo con altre risorse energetiche. Insomma, lo Swift è un’arma a doppio taglio, ma sicuramente consentirebbe di isolare Mosca. Per questo l’Ue dice che l’ipotesi è sul tavolo e non è stata ancora esclusa. Oggi si riuniscono in videoconferenza i ministri degli Esteri europei e diventa sempre più concreta l’idea di escludere la Russia dallo Swift. Dopo il sostanziale via libera di Italia e Ungheria, la proposta ha raccolto anche l’appoggio della Germania, seppure con riserva. Per convincere il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è mosso il premier polacco Morawiecki, che si è recato apposta a Berlino. Alla fine è emerso che la Germania sta lavorando per un’esclusione “limitata e mirata” degli istituti finanziari russi dallo Swift per evitare al massimo i “danni collaterali” soprattutto a Italia e Germania”.

Cosa faranno Bce e Fed per disinnescare l’effetto guerra?

La settimana scorsa sono uscite le stime sui costi economici della guerra in Ucraina. La Bce ha stimato che quest’anno il conflitto potrebbe compromettere la crescita dell’Eurozona dello 0,3%-0,4% del Pil. Questo sarebbe lo scenario medio mentre in quello grave il Pil si ridurrebbe di quasi l’1%. Invece, nello scenario più ‘leggero’ non ci sarebbero impatti ma ciò viene ritenuto assai improbabile. La Fed non ha rilasciato previsioni, ma Gregory Daco, capo economista della società di consulenza EY-Parthenon, ha stimato che il rialzo del prezzo del petrolio, che è una diretta conseguenza della guerra, ridurrà la crescita del Pil Usa di circa 0,3 punti percentuali nel 2022. Inoltre venerdì scorso Christine Lagarde ha detto che la Bce farà “di tutto per salvaguardare la stabilità del sistema”, di fatto, secondo Cesarano, la Bce “apre a un’ipotesi, che è ancora da definire, di fare qualcosa di straordinario in nome dell’emergenza. In altre parole, la Bce, a causa della crisi ucraina, ammorbidirà il processo di normalizzazione monetaria”. Come ancora non si sa, lo sapremo alla riunione del prossimo 10 marzo.  I mercati comunque danno per scontato che la Bce continuerà a comprare titoli del debito pubblico e non stabilirà una scadenza precisa agli acquisti. Lo dimostra la discesa dello spread, che venerdì scorso ha chiuso in calo a 161 punti. Anche la Fed in qualche modo dovrà tener conto della guerra in Ucraina, ma sicuramente con meno urgenza della Bce. Il 16 marzo la Fed rialzerà i tassi e lo farà di 25 punti base e non di mezzo punto percentuale. Nel 2022 rialzerà i tassi almeno sei volte. Sui tagli del bilancio Fed invece, che attualmente pesano circa il 40% del Pil Usa, c’è meno chiarezza. Mercoledì e giovedì prossimo, nelle sue due audizioni davanti al Congresso, Powell qualcosa in proposito dovrà dirla. E qualcosa dovrà dirla anche sulla guerra, anche se per la Fed non rappresenta un problema grave come quello dell’inflazione, il quale resta il ‘nemico pubblico uno’.

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