Fitch declassa l’Italia

Economia & Finanza

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Fitch ritiene che l’Italia sia sempre meno affidabile e quindi taglia il rating del nostro paese. Si tratta di una valutazione sull’intero sistema paese e cioè non solo sulla parte pubblica o privata ma sull’andamento generale. In una parte della relazione si fa cenno alla futura probabile instabilità costituita dalla possibilità che partiti populisti o euroscettici possano avere la meglio su quelli “vecchi”. Instabilità che secondo la valutazione della società di rating metterebbe in sospetto i finanzieri internazionali che quindi potrebbero vendere i titoli italiani. In realtà non  dice perché potrebbero esserci queste instabilità, ma si mantiene sul generico dimostrando di temere il futuro “diverso” ma solo perché diverso e cioè non lo conosce e non lo immagina. Invece l’agenzia è assolutamente molto ben documentata su quello che è già avvenuto e lo dice chiaramente: tutti i governi passati hanno fallito nel loro tentativo di diminuire il debito e di rilanciare l’economia italiana; cosa che noi sappiamo benissimo e che subiamo pazientemente in attesa che venga qualcuno con le idee un po’ più chiare di quelle degli attuali partiti.

La sentenza di condanna per i “vecchi” partiti è totale e non dà adito a dubbi: è gente incapace. Detto da quel pulpito significa che certamente la comunità finanziaria internazionale è avvisata con una frase simile a questa: “se i “nuovi” partiti non dovessero avere la meglio sappiate che i vecchi non hanno la ricetta per risolvere i guai italiani”.  Quindi  se vincono i vecchi partiti il debito non sarà onorato (certezza confermata dall’esperienza) mentre se vincono i nuovi esiste un grave dubbio (probabilità) su quello che faranno.

Ovviamente questa sentenza unita alla riduzione del rating ha un significato concreto immediato: il “rischio Italia” è più alto di qualche mese fa e quindi i tassi da pagare per il debitore sovrano nostrano sale; inoltre il prossimo passo se  non si pone rimedio sarà certamente la dichiarazione di insolvenza certa del nostro  stato.

Infine Fitch mette la lente di ingrandimento sullo sviluppo del Pil e sulle banche con le loro sofferenze; rilevando come la mancanza del primo produce il collasso delle seconde. E se non si riducono tasse e burocrazia non vi sarà crescita e quindi l’intera impalcatura crolla.

Questa è la situazione! gli investitori sono avvisati. Nel concreto le banche italiane oltre ai crediti sofferenti sono piene di titoli pubblici che continuano a credere e a far credere come fossero solidi laddove Fitch si è incaricata di avvertire l’intero mondo che il rischio è alto, anzi è quasi certo che il futuro porterà il default.

Sembra che dopo decenni tutti, proprio tutti, abbiano capito quello che sosteniamo da sempre e cioè che tutto dipende dalla ripartenza dello sviluppo; adesso però va fatta chiarezza su di un altro fatto: se si attende che lo sviluppo venga dalle esportazioni realizzate dalle grandi imprese quasi tutte ormai di proprietà estera attenderemo invano per altri decenni come già accade per il resto dell’Europa violentata dall’euro. Lo sviluppo solido è quello realizzato con la crescita delle piccole e micro imprese liberate dalle pastoie burocratiche giustificate da generici “interessi generali” che invece non vengono affatto rispettati mentre altro non sono che fiscalità occulte ed incostituzionali.

Ai futuri reggitori dell’economia italiana e per il bene anche delle grandi imprese e dei nostri partner europei ed extraeuropei diciamo a gran voce di liberare le piccole e microimprese da ogni peso burocratico; avremo un sviluppo progressivamente crescente ed impetuoso come lo era nei decenni del dopo guerra quando la burocrazia era rispettosa del lavoro del piccolo imprenditore e nessuno si permetteva di chiudere una attività per uno scivolo o un estintore mancanti. Lo sviluppo si fa con la libertà di intraprendere per le piccole imprese non certo per le grandi, altro non c’è.

Canio Trione

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