Gli alleati di governo sono sicuri che Di Maio tornerà

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Per Pd, Italia viva e Leu quella del Ministro degli Esteri era una mossa largamente attesa. E sono in molti quelli che scommettono sul fatto che si ripresenterà tra un paio di mesi

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Pierpaolo Scavuzzo / AGF 
Nella foto Roberto Speranza, Massimiliano Smeriglio, Nicola Zingaretti 

Il governo non subirà scossoni dalle dimissioni di Luigi Di Maio. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scrive nero su bianco a pochi minuti dall’addio dell’ormai ex capo politico del M5s. Una certezza che il premier sembra condividere con gli alleati di governo. Quella di Di Maio è una mossa largamente attesa, viene detto quasi in coro da esponenti di PdItalia viva e Leu. E anche il tema della successione e, quindi, del futuro interlocutore nell’esecutivo non sembra destare preoccupazioni.

Vito Crimi rappresenta la continuità, poi ci saranno gli Stati Generali dei pentastellati dopo i quali, come dice Di Maio, “si sceglierà il chi”. E per gli azionisti della maggioranza quel “chi” riporta allo stesso Di Maio. “Se ne starà buono per un paio di mesi, affilerà le armi e poi si ripresenterà, magari ‘forte’ della sconfitta alle regionali, dove lui non voleva presentare candidati”. A parlare è un peso massimo di Italia viva: “Di Maio si è tirato indietro a pochi giorni dalle elezioni regionali per lasciare la nave prima che affondi e per poter tornare dicendo: ero contrario alle candidature in Emilia Romagna e in Calabria, guardate cosa è successo”.

Nel partito di Renzi è consolidata l’idea che “non saranno le dimissioni di Di Maio ad avere ripercussioni sul governo, quanto il voto delle regionali”. Perché, è il ragionamento, se l’esecutivo può andare avanti senza traumi dopo le dimissioni di un capo politico, qualcosa potrebbe succedere se a dimettersi dovessero essere un capo politico e un segretario.

Il riferimento è a Nicola Zingaretti e alla possibilità che il Partito democratico possa lasciare il fortino dell’Emilia Romagna alla Lega di Salvini. In quel caso, ragionano ancora i renziani, il segretario difficilmente potrebbe rimanere in sella al partito e, questo sì, avrebbe delle conseguenze: “Magari non cadrà il governo, ma qualcosa succederà”.

Zingaretti ha già fatto sapere che, a suo avviso, le dimissioni di Di Maio non porteranno novità nel governo così come non ci saranno ripercussioni da una eventuale sconfitta in Emilia Romagna e Calabria. E non vuole entrare nel merito delle scelte di un Movimento che attraversa una delicata fase di rinnovamento.

Fonti dem, tuttavia, rimarcano che “sta avvenendo quello che ci aspettavamo e che, in qualche modo, auspicavamo”: ovvero, la definizione di una identità spiccatamente progressista e riformista del Movimento 5 Stelle che possa semplificare il lavoro per la costruzione di quel campo largo di centro sinistra più volte evocato da Zingaretti. E le stesse fonti ricordano come proprio un esponente di primo piano del Movimento, il ministro Stefano Patuanelli, abbia di recente espresso la volontà di portare i Cinque stelle in un perimetro riformista.

Ora, l’auspicio dei dem è che possa “essere messa la parola fine all’equivoco del partito post ideologico e al “mai alleati con nessuno”. Anche i dem, tuttavia, sono convinti che con Di Maio occorrerà tornare a fare i conti: “Dopo gli stati generali si ripresenterà, e cercherà di farsi ri-legittimare dal voto della base”. Una impresa per niente scontata, ragionano ancora i parlamentari Pd: “Il Movimento è esploso anche a casa sua, a Napoli”, chiosano.

Il “chi”, si diceva, si deciderà in ogni caso dopo gli stati generali, Nel frattempo gli azionisti del governo si interrogano su chi sarà il punto di riferimento della delegazione M5s. Patuanelli è il ministro più apprezzato nel Pd così come in Italia Viva e Leu. Ma i nomi forti dentro l’esecutivo rimangono i fedelissimi del ministro degli Esteri, Riccardo Fraccaro e Vincenzo Spadafora. Anche da questi rapporti passerà la tenuta e l’efficacia dell’azione del’esecutivo nelle prossime settimane.

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