I depistaggi di apparati dello Stato nell’omicidio di Nino Agostino e sua moglie

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Sono quelli descritti da l’avvocato Fabio Repici nel corso della lunga arringa di parte civile al processo col rito abbreviato nei confronti di Nino Madonia, accusato del duplice omicidio aggravato del poliziotto e di Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1998. “Il collaboratore di giustizia Pietro Riggio, ex agente della penitenziaria, è peggio di Vincenzo Scarantino, peggio di Massimo Ciancimino”

© AGF – Il Tribunale di Palermo

Nino Agostino e Ida Castelluccio sono andati consapevolmente incontro alla morte, perché avevano capito di essere diventati preda di quella ‘profanissima trinità’ della quale Nino Madonia e Gaetano Scotto erano espressione diretta: la stabile alleanza, risalente all’inizio degli anni Settanta, fra Cosa Nostra, eversione neofascista ed esponenti della polizia e del Sisde”. Lo ha detto oggi a Palermo l’avvocato Fabio Repici, nel corso della lunga arringa di parte civile al processo col rito abbreviato nei confronti di Nino Madonia, accusato del duplice omicidio aggravato del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1998.

Dello stesso reato è accusato anche il boss Gaetano Scotto, per il quale si sta ancora svolgendo l’udienza preliminare assieme a Francesco Paolo Rizzuto che è invece accusato di favoreggiamento. 

Parlando per oltre tre ore, l’avvocato Repici, che rappresenta il papà e la sorella del poliziotto (la mamma Augusta è deceduta), ha proseguito: “Nino Madonia, della “profanissima trinità” è stato esponente apicale, fin dalle bombe da lui collocate contro sedi istituzionali su richiesta dei servizi segreti nel capodanno 1971, proseguendo con l’omicidio da lui eseguito di Piersanti Mattarella, come come attestato da una sentenza della corte di assise di appello di Palermo sui delitti politici; e del professore Bosio, del giudice Rocco Chinnici, nella strage di via Pipitone Federico, di Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, nella strage di Pizzolungo e nell’attentato all’Addaura. Non a caso, fu proprio Giovanni Falcone, col quale il poliziotto Agostino aveva riservati contatti – ha aggiunto – nei mesi precedenti al delitto, fu il primo a capire cosa ci fosse dietro l’uccisione del poliziotto e della sua giovanissima moglie”.

Secondo il legale di parte civile, “c’è la prova che l’omicidio di Nino Agostino e Ida Castelluccio è stato ideato ed eseguito in sintonia dal ristretto direttorio di Cosa Nostra e da apparati istituzionali. Nino Madonia, il vero ministro della guerra e ministro di polizia di Cosa Nostra, il più pericoloso esponente della storia della mafia siciliana – ha spiegato – secondo le parole di Totò Riina intercettate nel 2013, è responsabile sia come ideatore del delitto sia come esecutore materiale. Si trattava infatti di un delitto che per la sua delicatezza imponeva il suo intervento, perché il poliziotto Agostino era un pericolo sia per i latitanti di Cosa Nostra nella sua attività di ricerca sia per le relazioni fra il mandamento mafioso di Resuttana e esponenti della polizia di Stato e del Sisde, che Agostino intendeva denunciare”. 

“Purtroppo i depistaggi compiuti fin da subito sono stati determinati proprio dalla necessità di far scomparire dallo scenario l’intervento di uomini della Polizia e del Sisde, come Giovanni Aiello, e degli uomini d’onore più legati agli apparati, come Nino Madonia e Gaetano Scotto”, ha detto Repici. 

Secondo il legale di parte civile, “c’è la prova che l’omicidio di Nino Agostino e Ida Castelluccio è stato ideato ed eseguito in sintonia dal ristretto direttorio di Cosa Nostra e da apparati istituzionali. Nino Madonia, il vero ministro della guerra e ministro di polizia di Cosa Nostra, il più pericoloso esponente della storia della mafia siciliana – ha spiegato – secondo le parole di Totò Riina intercettate nel 2013, è responsabile sia come ideatore del delitto sia come esecutore materiale. Si trattava infatti di un delitto che per la sua delicatezza imponeva il suo intervento, perché il poliziotto Agostino era un pericolo sia per i latitanti di Cosa Nostra nella sua attivita’ di ricerca sia per le relazioni fra il mandamento mafioso di Resuttana e esponenti della polizia di Stato e del Sisde, che Agostino intendeva denunciare”.

Nel corso del suo intervento davanti al gup Alfredo Montalto, Repici ha lungamente affrontato il capitolo dei depistaggi alle indagini e alle figure in campo: “È certo che Giovanni Aiello (faccia da mostro, ndr) ha operato per anni in connubio con organizzazioni mafiose e in primis con il mandamento di Resuttana. Allo stesso tempo è stato provato che Aiello era stato legato a Bruno Contrada, fin dai tempi in cui prestava servizio alla Squadra mobile di Palermo negli anni Settanta. Da una intercettazione di un altro poliziotto in rapporti fiduciari con Bruno Contrada, Francesco Belcamino, si è appreso che la morte di Aiello nell’estate 2017 fu considerata un’evenienza positiva e pure che se costretto avrebbe parlato coi magistrati “scoperchiando il calderone”, sui fatti dei decenni passati”.

Ha detto ancora Repici: “Il collaboratore di giustizia Pietro Riggio, ex agente della penitenziaria, è peggio di Vincenzo Scarantino, peggio di Massimo Ciancimino. Altro che nuovo Buscetta, caso mai il nuovo Elio Ciolini, il noto depistatore”. Il legale si è concentrato sui contributi resi dai collaboratori di giustizia e segnalandone l’attendibilità, eccetto uno, appunto Pietro Riggio. 

Infine l’avvocato Repici ha sottolineato come “Vincenzo Agostino e Augusta Schiera, genitori del poliziotto assassinato, siano stati costretti dalle inerzie dello Stato a farsi monumento nella ricerca di verità e di giustizia, divenendo un punto di riferimento per l’intera Nazione. La condanna di Antonino Madonia rappresenterà anche l’esito di una lotta lunga quasi trentadue anni, ricordata dalle parole iscritte sulla tomba di Augusta Schiera, morta il 28 febbraio 2019″.

In chiusura il legale di parte civile ha chiesto la trasmissione alla procura degli atti relativi alla posizione di Cosimo Rizzuto, padre dell’imputato (nel processo ordinario) Francesco Paolo Rizzuto, per concorso nel favoreggiamento compiuto dal figlio su sua istigazione, come risulta dalle intercettazioni effettuate nel 2018 dalla Dia di Palermo. Il processo è stato rinviato al 26 febbraio per l’arringa dei legali di Nino Madonia che proseguiranno anche il 5 marzo.

MAFIA PALERMO NINO MADONIA

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