I racconti, tra lacrime e paure, dei profughi ucraini arrivati a Ostia

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Chi è arrivato racconta i timori per chi è rimasto a combattere. E la condanna contro Putin è unanime: “Non si fermerà mai da solo. C’è bisogno che anche i russi facciano qualcosa”.

© Edoardo Izzo, Agi – Ostia, centro accoglienza profughi in fuga dall’Ucraina

AGI – C’è chi è arrivato da pochi giorni e ha negli occhi ancora le lacrime e la paura della guerra. Chi è qui da qualche anno, ma è preoccupato per i propri familiari, bloccati in Ucraina. E, infine, chi cerca di dare una mano: italiani generosi che portano medicine e beni di prima necessità alla parrocchia di Santa Monica, a Ostia, dove si raccolgono scatoloni pronti per essere inviati a chi ne ha più bisogno.

“Sono arrivata in Italia da poco, parlo male la vostra lingua, ma una cosa posso dirla: dove ha messo mano la Russia, nel corso degli anni, è rimasta solo guerra e rovina“, racconta all’AGI Alexandra, 63 anni, mascherina verde intonata con gli occhi stanchi da un lungo viaggio. è qui da sola, la sua famiglia è rimasta in Ucraina.

Non è l’unica in questa situazione. “Tutta la mia famiglia è lì: mio figlio, mio marito e i miei nipoti”, spiega Svetlana, 57enne originaria della Moldavia, ma stabilmente in Ucraina fino a quando, “la Russia non ha deciso di invaderci”, ricorda. Una guerra che per lei non è partita pochi giorni fa. “Voi media vi siete svegliati oggi – dice -. In realtà sono 8 anni che la mia gente vive sotto le bombe”.

“Io sono nata in Moldavia e già ho passata una guerra – ricorda -, poi ci siamo trasferiti in Ucraina ed è successa la stessa cosa: i russi non cambiano mai, Georgia, Cecenia. E ora noi“. Ha gli occhi lucidi e cammina a fatica Dana, 60enne, originaria di Ternopil, una città dell’Ucraina occidentale. è qui da 15 anni, ma la notte non dorme e ripensa alle telefonate con il marito e con i suoi due figli. “Sono sotto le bombe, sono sotto le bombe“, ripete la donna, venuta in Italia per fare la badante.

I parenti stretti della donna sono oggi a Kiev e non riescono ancora a venire in Italia. “I russi hanno sparato anche nei corridoi verdi: colpiscono i bambini, i malati e gli anziani. è tremendo”, dice all’AGI la 60enne. “Putin non si fermerà mai da solo. C’è bisogno che anche i russi facciano qualcosa. Scendano in piazza per le manifestazioni. Io sono incredula: alcuni dei militari che stanno bombardando hanno mogli ucraine, vivono al confine. Siamo fratelli tra di noi”, spiega la donna.

“La prima parola? Arrivati hanno pianto, solo questo”, è così che Anna, 67 anni, descrive all’AGI l’arrivo dei suoi parenti da Leopoli. “Sono arrivati dalla Polonia con l’autobus a Tiburtina alle 2 di notte. Con 4 ore di ritardo”, spiega la donna accanto a suo marito Igor 78enne. Insieme a loro alla parrocchia del Lido di Ostia ci sono la nuora di 30 anni, il nipotino di 6 anni, un’amica in gravidanza e suo figlio di 7 anni.

Uomini non ce ne sono ed è proprio Anna a spiegare il motivo: “Mio figlio è rimasto lì a Leopoli, perché deve rimanere per aiutare. A 40 anni non si può scappare. Poi chi resta lì a combattere?”. “Non vogliono lasciare la loro città. Morirebbero pur di non mollare, ma tutta Europa deve intervenire per difenderci. Chiudere il cielo, l’Ucraina non deve essere lasciata da sola. Bisogna che ci diano una mano”, aggiunge la donna.

“Quando sono arrivata qui in Italia ho guardato il cielo: nessuno bombardava e ho pensato ‘i miei bimbi sono protetti quì. Non c’è niente nella vita più prezioso della pace”, dice all’AGI Iulia, 30 anni e due bambini di 2 e 4 anni, arrivata in Italia da 6 giorni. “Mio marito e mio padre sono scappati da Kiev e si trovano al confine con la Polonia, lì è più tranquillo. Ma sono nelle cantine, perchè hanno paura che i russi arrivino anche lì”, racconta.

“Una persona così ambiziosa che è pronta ad uccidere il popolo, le donne in gravidanza, i bambini. Putin sta distruggendo tutto e i nostri uomini sono lì ancora a combattere”, aggiunge. “Sono molto spaventata”, confessa prima di asciugarsi gli occhi gonfi di lacrime. “Ieri qui in chiesa sono arrivati un bambino di 12 anni e la sorella di 14. Erano soli: i genitori sono rimasti lì a combattere“, ricorda don Petru Anton Strango, per tutti ‘Pietro’, parroco della chiesa non lontana dal lungomare.

“Stiamo cercando di far sentire il nostro popolo unito anche qui. Per fare il bene per Ucraina. Non ci mettiamo mai in ginocchio”, dice una volontaria dell’Associazione Culturale Scuola Ucraina “Prestigio” città di Roma.

“Perchè devono morire gli innocenti? Putin non ama il Signore, altrimenti non farebbe soffrire così il suo popolo”. È il pensiero di Carolina, una donna calabrese da 53 anni a Ostia, che tutti i giorni si reca in parrocchia per portare medicine e altri beni da inviare in Ucraina. Non è la sola. Sono tantissimi, nell’ordine delle centinaia, gli italiani, uomini e donne, che in queste ore stanno portando generi alimentari. “Siamo qui per aiutare”, dice Enrico, 70enne di Acilia. “Basta guerra”, aggiunge sua moglie Rossana di 66 anni.

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