Il Bari “Re” nella Reggia di Caserta. Ancora una vittoria ma la Reggina non molla

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Quello di oggi era l’ultimo atto del girone di andata del girone C col Bari impegnato al “Pinto” di Caserta dove ci mancava da oltre 36 anni, anno in cui il Bari fu promosso in serie B.

Il pericolo era quello del mancato entusiasmo considerata l’inarrivabile Reggina e l’inutile continuità dei risultati del Bari ma, almeno oggi ai piedi della reggia più famosa d’Italia, non è stato così. Vincere a Caserta avrebbe voluto dire molto, su tutti che il Bari sarebbe stato pronto a giocarsela con tutte le prime dieci in classifica nelle loro tane perché fino adesso – inutile nasconderlo – la squadra di Vivarini ha passeggiato allenandosi in casa delle ultime. Ma anche oggi, tutto sommato, data l’inconsistenza degli avversari, si può parlare di un robusto allenamento nonostante una vittoria convincente sotto tutti i punti di vista, personalità, carattere e grande gestione della gara senza rischiare nulla. È un bel segnale al campionato, alle pretendenti e, chissà, forse anche alla Reggina che deve, comunque, sentire il fiato di qualcuna.

Il Bari prosegue la sua corsa alla ricerca della Reggina perduta che riesce a vincere all’ultimo secondo, conquistando anche Caserta – pur senza la sua bandiera Di Cesare – la cui squadra era ringalluzzita dalla vittoria di Terni, ma come spesso accade, la squadra che vince fuori casa, in genere, cede il passo in casa nella successiva gara. E così è stato. Una vittoria sporca, una di quelle ottenute con piedi mani fangosi, nere di fumo, quasi di miniera con elmetto con faro in testa e corazza, indumenti necessari in questa categoria dove occorre umiltà e personalità, caratteristiche che il Bari, oggi, ha sfoderato senza, stavolta, soffrire più di tanto differentemente da altre gare dove la sofferenza l’ha fatta da padrona.

Vivarini non si è fidato di Esposito, forse troppo giovane, e rischiandolo avrebbe potuto bruciarlo, dunque nel collaudato 4-3-1-2 ha mandato in campo Frattali, Costa, al rientro, Perrotta, Sabbione e Berra, Schiavone, Bianco e Hamlili, Terrani dietro Antenucci e Simeri,

Davanti a 550 tifosi baresi, il primo tempo è stato da zero a zero in tutti i senza, non un tiro in porta, non un’azione degna di nota, giocato su un terreno infame sul quale il Bari non ha mai dato l’accelerata decisiva, facendo fatica sulle giocate senza inventare quel qualcosa in più  che si attendeva, insomma un primo tempo decisamente brutto. Non c’è stato un tiro in porta da entrambe le squadre, con la Casertana che si è limitata a gestire la gara senza la necessità di vincere, pochi i palloni per gli attaccanti baresi e altrettanto pochi i palloni giocabili per i falchi rossoblu casertani.

Il Bari ha giocato troppo di fioretto quando invece avrebbe dovuto usare la sciabola. L’impressione è stata quella che la gara avrebbe potuto prendere una piega diversa con il solito episodio, un calcio di punizione, un rimpallo, un’idea vincente, anche perché nel finale di tempo il Bari ha provato a spingere ma non più di tanto. Più agonismo da parte della Casertana, meno da parte del Bari. Soliti problemi, dunque, difficoltà nel giocare, poca sostanza e molta confusione, come già detto, forse con l’attenuante del terreno di gioco davvero impossibile, ma da una squadra con il Bari è lecito attendersi molto di più.

Nel secondo tempo è venuta fuori la qualità del Bari anche se fino ai primi quindici minuti il canovaccio non è cambiato. Le due squadre hanno stentato, il gioco ne ha risentito anche se qualche incursione in più c’è stata soprattutto da parte della Casertana. E finalmente la partita ha cambiato volto. Alla prima opportunità, Hamili con un tiro da fuori area ha portato in vantaggio il Bari, e dopo una manciata di minuti Simeri su cross di Antenucci ha raddoppiato di testa. I gol sono la dimostrazione di come basti un episodio per rompere un incantesimo.

Il Bari ha avuto sempre la partita in pugno gestendola bene,m prendendo sempre più coscienza di ciò che c’era da fare in campo, lasciando davvero briciole alla Casertana per la quale non segneremo nemmeno un tiro in porta a fine gara.

Vivarini ha cominciato con i cambi nella speranza, almeno stavolta, di risultare efficaci. Dunque fuori uno spaesato Terrani e dentro la fisicità di Folorunsho così da proporre un 4-4-2.

Bisognava tenere botta, soffrire, sacrificarsi così sì come han fatto un po’ tutti (Costa, Bianco ed Antenucci su tutti). E Simeri in contropiede ha sbagliato il tre a zero. La Casertana non ha saputo reagire dimostrando parecchi limiti grazie anche all’attenzione barese in difesa dove non si è mai abbassato la guardia. Frattali non ha fatto una parata, perché questo occorre dirlo. Insomma l’assenza di capitan Di Cesare non si è fatta sentire.

Ed il Bari ha chiuso la partita con una autorete di Rainone su un cross di Antenucci per il rotondo tre a zero. Il resto è stata solo accademia, il Bari ha giocato in scioltezza consapevole di averla fatta franca, tra l’altro il compito è stato ancora più facile a causa di un’espulsione di un giocatore rossoblu.

Solita girandola di sostituzioni per rallentare il corso della gara che è finita con la vittoria del Bari meritatissima, mentre la Reggina ha vinto al 96’ a Lentini.

Entusiasmo, sì, ci mancherebbe, anche se smorzato dalla vittoria della Reggina, del resto si è acciuffato il secondo posto, prova di maturità superata perché la gara era difficilissima, ma niente proclami, né sentenze affrettate. Ancora troppo poco il gioco, insomma, ma per il Bari, ormai, si sa che non c’è spazio per l’estetica. Anche a Vibo Valentia col Rende, del resto, e nelle altre trasferte dove ha vinto, non è che si sia visto un Bari brillante, solo cinico e pragmatico tenuto conto anche della mediocrità degli avversari. Occorre vedere il Bari all’opera nel girone di ritorno allorquando andrà a far visita a tutte le prime dieci in classifica, escluso il Catania. E solo allora si potrà fare una valutazione più obiettiva. Si è visto un Bari più alto rispetto al periodo di Cornacchini, votato al pressing e capace di valorizzare gli attaccanti anche se, a tratti, nel corso di queste quattordici gare, si è intravista la stessa squadra di inizio campionato.

Restano i tre punti in classifica che, purtroppo, non accorciano le distanze dalla Reggina, restano le sensazioni di una squadra che deve ancora terminare il percorso di crescita di cui ha parlato Vivarini, perché cinismo e concretezza sono caratteristiche essenziali e vanno bene, ma occorre imprimere il “dominio” ovunque e con chiunque, crescendo sotto tutti i punti di vista. Bisogna incrementare il tasso di personalità ed elevare il livello di aggressività in tutte le zone del campo. La squadra ha giocatori forti, alcuni di prima scelta (altri meno) ma non dimostra di essere ancora “squadra”. I risultati con Vivarini stanno arrivando (oggi siamo a quattordici turni senza sconfitte), essi rappresentano qualcosa di innegabilmente positivo ma non si devono dimenticare i limiti che, si spera, potranno essere sopperiti in sede mercato di gennaio. Nel frattempo bisogna complimentarsi con l’allenatore abruzzese e lasciarlo lavorare tranquillamente perché lui non ha conigli da estrarre dal cilindro ma ha tanta voglia di lavorare e di lasciare una precisa impronta in un torneo costruito per vincere, e nel Bari si intravede questa voglia di iniziare a volare ma sottovoce. Ora si può guardare in faccia la Reggina dopo un lungo inseguimento al secondo posto e, come si dice in questi casi, “da mo’ vale”. Almeno si spera.

 

Massimo Longo

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