Il Governo Conte lacerato dalla permanente conflittualità interna alle forze politiche della maggioranza

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Il Governo Conte 2 è un Governo di coalizione, composto dai 5 Stelle, PD, Italia Viva e Liberi e Uguali. Quindi, le istanze di cui sono portatori possono essere, talvolta, in contraddizione tra loro. Il Presidente del Consiglio che, ai sensi dell’art. 95 della Costituzione, è il responsabile della politica del Governo, svolge anche una onerosa attività di mediazione e di sintesi tra le diverse posizioni e istanze delle forze politiche della coalizione. Questo significa che ciascuna componente della maggioranza deve sapere rinunciare a qualche sua istanza, ma pretendendo il rispetto degli accordi presi nella fase di formazione del Governo. Altrimenti si potrebbe aprire una crisi che vanificherebbe tutti i buoni propositi espressi nell’accordo di Governo.

Da qualche tempo Renzi e i suoi amici di Italia Viva, da pessimi rottamatori, non fanno che minacciare la crisi di Governo se non vengono accolte le loro proposte, alcune delle quali in evidente e netto contrasto con le esigenze degli alleati. Qualcuno ipotizza che Renzi, politico esperto, stia bluffando per conseguire maggiore visibilità sulla scena politica. Tuttavia, pur ammettendo l’ipotesi del bluff, non possiamo ignorare che si tratta di un gioco pericoloso sia per chi lo ha iniziato sia per l’Italia che si trova in una fase difficile per l’economia e per la salute dei cittadini messa in pericolo da un virus apartiticoUn virus che, a sentire gli scienziati, agisce per la salvaguardia della sua specie, cercando asilo negli organismi umani (mors tua vita mea). Quindi, il gioco dei partiti di maggioranza, che fanno opposizione al Governo, può provocare una crisi vera, che si scaricherebbe rovinosamente sul Paese.

Vale la pena continuare con le minacce di crisi?

Comunque, se dovesse verificarsi la crisi, come se ne viene fuori?

Sotto il profilo sanitario ed economico sarebbe molto difficile evitarne gli effetti perniciosi.

Sotto l’aspetto istituzionale le risposte possiamo ricercarle nella Costituzione e nella prassi istituzionale adottata nelle frequenti crisi del passato.

Ai sensi degli artt. 92 e 93 della Costituzione: (a) il Governo è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri; (b) il Presidente della repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i Ministri; (c) Il presidente del Consiglio e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica. Prestato il giuramento entrano in carica. Ma, secondo l’architettura costituzionale, la forma del Governo italiano è parlamentare; di conseguenza occorre che il Governo si presenti, entro dieci giorni, alle Camere (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica), per chiederne la fiducia sulla base di un programma politico. La fiducia viene accordata o negata con mozione motivata e votata per appello nominale.

Un’eventuale crisi successiva alla nomina del Gabinetto può essere provocata o dalle dimissioni del Presidente del Consiglio o da dissensi interni alla compagine governativa o da posizioni diverse tra i partiti di maggioranza che si ripercuotano sul programma o sulle azioni che il Governo intende intraprendere per affrontare problemi ritenuti di fondamentale importanza. La soluzione della crisi può assumere connotati imprevedibili, tali da costringere il Presidente della Repubblica all’adozione di soluzioni traumatiche.

Ovviamente, aperta la crisi, il Presidente della Repubblica può procedere direttamente allo scioglimento delle Camere o, ove lo ritenga utile, iniziare consultazioni che gli consentano di nominare un Governo in grado presumibilmente di ottenere la fiducia delle Camere. Si tratta di una prassi, quella delle consultazioni, non prevista dalla Costituzione da considerare, tuttavia, logica e corretta in funzione dell’esigenza della scelta di un Governo che possa godere della fiducia parlamentare. Va, a questo punto, chiarito che il Presidente della Repubblica è libero, in questa fase, di consultare le personalità che a suo giudizio possano fornirgli elementi utili per una rapida e positiva soluzione della crisi. Normalmente, esaminando quanto è avvenuto in precedenza, le personalità che consulterà saranno quelle che, per le cariche ricoperte nel passato o per l’esperienza acquisita (gli ex Presidenti della Repubblica, i Presidenti delle Camere, i capi dei partiti rappresentati in Parlamento, gli ex Presidenti del Consiglio), possano fornirgli elementi utili per la soluzione della crisi. Ma, almeno in teoria, egli può anche prescindere dalla fase delle consultazioni, ove abbia già una visione chiara della situazione.  Secondo la Costituzione, infatti, il Presidente della Repubblica è obbligato solo a richiedere il parere non vincolante dei Presidenti delle Camere. Nel caso di specie, se IV (Italia Viva) dovesse abbandonare il Governo, il Presidente Conte ha le seguenti scelte: 1) presentare al Presidente della Repubblica le proprie dimissioni; 2) presentarsi davanti alle Camere per richiedere la fiducia. Nel caso sub 1),  il Presidente della Repubblica, secondo il suo prudente apprezzamento, potrebbe o accogliere le dimissioni o invitare il Governo a presentarsi in Parlamento per verificare se gode ancora della fiducia di entrambe le Camere. Ma potrebbe anche ritenere che, per effetto del ritiro della delegazione governativa che fa riferimento a Italia Viva, la composizione del Governo sia politicamente mutata e, quindi, non sia possibile per il Governo, così azzoppato, continuare nella sua attività. In tale ipotesi, ove ritenesse impossibile la formazione di un nuovo Governo in grado di affrontare seriamente le urgenze del Paese, potrebbe procedere direttamente allo scioglimento delle Camere. Quindi, non un Governo raccogliticcio ma un Governo coeso, composto da formazioni politiche in grado di guardare oltre il proprio orticello per privilegiare gli interessi generali. Il rischio è, come osservano molti osservatori politici, nazionali e stranieri, che si finisca per smarrire la ragione e, conseguentemente, si perdano le immense risorse che ci sono giunte dall’Europa grazie anche a Conte che ha saputo svolgere una forte attività di mediazione a livello internazionale.  Nel caso sub 2), invece, ci sono due ipotesi: a) la fiducia viene confermata e, allora, il Governo prosegue nella sua attività; b) la fiducia viene negata e, quindi, il Presidente della Repubblica interviene e, esercitando le sue prerogative, procede nella verifica circa l’esistenza di una maggioranza parlamentare e, in caso negativo, allo scioglimento delle Camere. Infine, ricordo che il Presidente della Repubblica non può sciogliere il Parlamento negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura (art. 88 Costituzione).

Mattarella, che non è un costituzionalista improvvisato né un politico sprovveduto, saprà individuare la soluzione migliore per il Bel Paese messo in difficoltà da chi mira a interessi particolari.

Raffaele Vairo

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