Il governo dei talebani non è come avevano promesso, ma come tutti si aspettavano

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I ministeri più importanti sono andati ad appannaggio di jihadisti e terroristi, alcuni di questi ricercati dall’Fbi, e nessun posto è stato assegnato alle donne. L’annuncio dell’esecutivo è arrivato in una giornata in cui si sono registrate nuove proteste per le strade di Herat e Kabul 

© Sayed Khodaiberdi Sadat / ANADOLU AGENCY / Anadolu Agency via AFP
 
– La conferenza stampa durante la quale è stato annunciato il nuovo governo dei talebani in Afghanistan

AGI – Alla fine, dopo tanti annunci e altrettanti rinvii, un primo governo talebano ‘ad interim’ è stato annunciato a Kabul. A scorrere i nomi di ministri e vice-ministri, però, quel cambiamento e quell’inclusività così tanto sbandierati nelle ultime settimane sembrano ancora essere assenti.

Nella capitale afghana gli estremisti islamici hanno dovuto sparare diversi colpi in aria per disperdere una manifestazione che denunciava la violenta repressione dei talebani nel Panshir e le ingerenze del Pakistan; i manifestanti invocavano anche maggiori diritti per le donne e più libertà di movimento. Nella terza città per grandezza del Paese, invece, il bilancio degli scontri registra 2 morti e 8 feriti.

L’Afghanistan, inoltre, è sull’orlo di una crisi umanitaria a causa della dipendenza dagli aiuti provenienti dall’estero e di un’economia al tracollo. La zona del Panshir, ultima sacca di resistenza contro il nuovo regime, è in ginocchio dalle settimane di blocco economico e dal blackout di elettricità e telecomunicazioni messi in atto dai talebani.

Chi può fugge cercando maggiore sicurezza altrove. A tutto ciò si aggiungono i problemi relativi alla circolazione di denaro nelle grandi città: da giorni i cittadini hanno problemi a ritirare i propri risparmi dalle banche, assaltate da lunghe code; e il timore di rappresaglie o gli abusi perpetrati nei luoghi di lavoro hanno lasciato molte famiglie senza sostentamento diretto.

Nelle ore successive alla formazione del nuovo governo afghano gli Stati Uniti hanno mantenuto un atteggiamento attendista. “Non c’è fretta per il riconoscimento” del governo dei talebani ha affermato la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. A bordo dell’Air Force One ha spiegato che tutto “dipenderà davvero dai passi che i talebani faranno”, ed ha concluso avvertendo che “il mondo sta guardando” verso Kabul.

Tra le figure di spicco dell’esecutivo spuntano il mullah Haibatullah Akhundzada e il mullah Mohammad Hassan Akhund. Il primo rivestira il ruolo di ’emiro’, in sostanza la Guida Suprema, del nuovo Afghanistan, mentre il secondo, già capo del consiglio direttivo dei talebani, è diventato il primo ministro afghano.

Erudito, massimo esperto di questioni giuridiche e religiose, meno di strategia militare, Akhundzada è riuscito a ottenere in tempi rapidi una promessa di lealtà da Ayman al-Zawahiri, il capo di Al Qaeda, che lo aveva sopranominato “l’emiro dei credenti”, consentendogli di affermare la sua credibilità nella galassia jihadista.

Figlio di un teologo, nativo di Kandahar, culla dell’etnia pashtun e dei talebani, nel Sud dell’Afghanistan, nel corso degli ultimi anni è riuscito a mantenere la coesione del gruppo, pur rimanendo molto discreto, limitandosi a diffondere messaggi in occasione delle principali feste islamiche.

Il ‘curriculum’ di Mohammad Hassan Akhund rende assai pericolosa agli occhi dell’occidente la sua nomina. Dal 2001 è infatti considerato un terrorista dall’Onu che lo giudica tra i “più pericolosi” in assoluto. La stessa etichetta è utilizzata anche da Ue e dal Regno Unito. Ultimo, ma non meno importante, la sanzione comminata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei suoi confronti.

Tra le file del gruppo estremista islamico, Hassan Akhund si è fatto le ossa ricoprendo i ruoli di ministro degli Esteri tra il 1996 e il 2001, quello di governatore della regione di Kandahar e, infine, quello di consigliere politico del mullah Omar, di cui era uno stretto collaboratore.

Altra figura preminente è senza dubbio quella di Abdul Ghani Baradar, co-fondatore dei talebani, che nell’esecutivo sarà il nuovo vicepremier. Figura storica e ammirata, Baradar ha combattuto contro i sovietici negli anni ’80 e, molto più recentemente, è stato lui a firmare gli accordi di Doha. Rappresenta insomma una continuita’ nella gestione del potere talebano in Afghanistan e, insieme, la memoria storica del gruppo combattente.

Nei cinque anni di regime talebano, fino al 2001, ha ricoperto una serie di ruoli militari e amministrativi e quando l’Emirato cadde, vent’anni fa, occupava il posto di vice-ministro della difesa. Le questioni ‘interne’ saranno gestite da Sirajuddin Haqqani, capo della rete Haqqani, ministro dell’Interno, mentre Mohammad Yaqoob, figlio maggiore del mullah Omar, sarà il nuovo ministro della Difesa.

Si tratta di altre due figure estremamente controverse e invise se osservate sotto la lente e lo sguardo delle potenze occidentali. La rete Haqqani, infatti, è ritenuta terroristica da Washington, che l’ha sempre considerata una delle fazioni piu’ pericolose per le truppe Usa e Nato durante gli ultimi due decenni. Nelle mani di Yaqoob, invece, si concentrano le operazioni militari talebane ed è considerato tra i maggiori e più capaci strateghi odierni, uno dei più importanti collaboratori e suggeritori di Hibatullah Akhundzada.

Spetterà invece ad Amir Khan Muttaqi, nuovo ministro degli Esteri, il compito di rapportarsi con le potenze straniere e costruire quei rapporti internazionali che, a oggi, sembrano fondamentali per evitare che l’Afghanistan sprofondi in una crisi umanitaria che sarebbe gravissima per il suo popolo. 

AFGHANISTAN TALEBANI

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